L’obesità non è solo un problema di salute, ma anche psicologico e sociale per chi vive in questa condizione.
Il film da Oscar The Whale
A sottolinearlo, con molto realismo, è stato il film “The Whale”, fresco vincitore di due Oscar per il miglior attore protagonista (Brendan Fraser) e miglior trucco (Adrien Morot, Judie Chin, Anne-Marie Bradley).
Sull’obesità pesa ancora lo stigma
È uno spaccato, a tratti crudo, che mostra il disagio e la frustrazione di chi soffre di obesità e grande obesità, donne e uomini. Non si tratta solo della difficoltà nei movimenti, ma di piccoli e grandi ostacoli che si incontrano tutti i giorni fino ad arrivare ai rischi di isolamento sociale a causa della dello stigma che ancora è molto radicato: dall’allacciarsi le scarpe al poter fare una passeggiata, che diventa un sogno impossibile, fino al non uscire più di casa, una prigione in cui nascondersi per la vergogna. Secondo molti esperti il film premio Oscar riesce a raccontare molto bene quello che vivono migliaia di pazienti anche in Italia.
Perché se ne parla poco sui social
Il film, dunque, ha riportato le attenzioni sull’obesità, che però sui social trova poco spazio. L’effetto di “The Whale”, è che soprattutto negli Usa ora si parla di “fatphobia” (o “grassofobia”). Sul tema occorre maggiore sensibilizzazione, come dimostra anche il risultato di un sondaggio, condotto alla vigilia della giornata che la World Obesity Federation ha voluto dedicare alla prevenzione del sovrappeso e dell’obesità, il 4 marzo scorso. Promosso dall’americana Allurion e condotto da YouGov, ne è emerso che per gli italiani è Instagram il social più rilevante nel divulgare informazioni su come affrontare obesità e sovrappeso, segue Facebook e quindi solo per i più giovani Tiktok. Secondo il 35% del campione almeno uno tra i tre social ha un ruolo molto rilevante in questa divulgazione. Una percentuale che però già durante la pandemia è cresciuta ed è destinata ad aumentare ulteriormente, in particolare su Instagram, seguito da Tiktok.
Il 49% degli italiani ritiene che media e social media poco rappresentino persone sovrappeso e obese, spesso in modo negativo o addirittura comico. Da questo punto di vista oltre la metà degli italiani (51%) ritiene che l’immagine peggiore sia fornita da TikTok. Solo il 19% degli intervistati ritiene invece che abbia un ruolo importante di sensibilizzazione e divulgazione. Eppure gli effetti di obesità e grande obesità non solo in termini di salute fisica, ma anche mentale, sotto forma di senso di vergogna e spesso di isolamento sociale.
Gli effetti psicologici dell’obesità
Dei problemi di salute dell’obesità si sa già molto: dalle complicazioni cardiovascolari alle malattie metaboliche, ma forse sono gli aspetti psicologici quelli meno noti a chi non vive in questa condizione. I disturbi più comuni sono quelli che gli esperti definiscono dello “spettro ansioso”, come la scarsa autostima, l’ansia generalizzata, la difficoltà a gestire emozioni e il disturbo ossessivo-compulsivo fino alla depressione. «Uno dei problemi centrali dei grandi obesi è la mancanza di consapevolezza della propria patologia. Tra i fattori che generano l’obesità ci sono quelli psichici che condizionano l’insorgenza di comportamenti alimentari scorretti. L’obesità, che è una malattia cronica e invalidante, può condurre a disturbi come quelli relativi all’immagine corporea: il paziente obeso o grande obeso non si rende tanto conto della patologia in quanto tale, quanto piuttosto nelle delle limitazioni che questa gli dà, come per esempio non riuscire ad allacciarsi le scarpe o non poter giocare coi figli. Questi problemi sono poi associati a quelli di carattere sociale», spiega Fausta Micanti, psichiatra della Sicob, Società italiana di chirurgia dell’Obesità e delle malattie metaboliche, e docente presso l’Università Federico II di Napoli.
Reietti e isolati dalla società
Nel film “The Whale” il protagonista è un insegnante di letteratura inglese, affetto da obesità, che di fatto vive recluso nella sua casa, dalla quale tiene lezioni agli studenti da remoto, collegandosi ma tenendo la telecamera spenta per non esporsi a giudizi o critiche. Anche nella realtà chi soffre di questa patologia vive spesso in isolamento: ma si viene esclusi o ci si esclude? «Per entrambi i motivi: da un lato gli obesi e gravemente obesi hanno difficoltà a muoversi e hanno complicanze di salute, per esempio diventano diabetici e ipertesi, quindi tendono al ritiro sociale, anche per non provare vergogna nella non aderenza a un modello sociale che propone corpi magri e in forma. Ma esiste anche una componente di esclusione non volontaria, perché spesso queste persone sono additate come modelli di cattiva condotta, di uomini e donne che non sanno risolvere il loro problema per mancanza di volontà. Il risultato – spiega Micanti – è che loro si sentono inadeguati, ma anche la società li mette in qualche modo al bando».
Quando a obesità si aggiungono altri disturbi alimentari
L’importanza del fattore psicologico, in chi soffre di obesità, è testimoniata dal fatto che fin dagli ’60 si indaga anche su questa sfera. A questa condizione, infatti, è spesso associato un disturbo del comportamento alimentare quale il Binge Eating Disorder (BED o disturbo da alimentazione incontrollata), che interessa tra il 7 e il 39% di persone seguite per obesità. «Spesso l’obesità è legata a questo tipo di disordini alimentari, ma va fatta chiarezza: l’overeating o iperfagia è un comportamento alimentare scorretto, legato all’assunzione eccessiva di cibo. A volte è legato ad abitudini o stili di vita errati. In altri casi l’obesità è in parte conseguenza di disturbi del comportamento alimentare quali il BED e la Night Eating Syndrome (NES), quindi a problematiche patologiche che portano appunto alle “abbuffate” periodiche. Tutto ciò può portare a sua volta all’obesità, che però è una vera e propria patologia», chiarisce l’esperta.
Come si aiuta chi soffre di obesità
Generalmente un paziente con obesità o grande obesità viene preso in carico non da un solo specialista, ma da un’èquipe che comprende il nutrizionista e il medico, lo psicologo/psichiatra o LO psicoterapeuta. «Esistono percorsi specifici per chi soffre di obesità e grande obesità. Molto spesso i pazienti si limitano a rivolgersi al nutrizionista, ma nella maggior parte dei casi non basta. Se parliamo di patologie come l’obesità grave, con più fallimenti dietetici, la chirurgia dell’obesità è la terapia gold standard. Per i pazienti che richiedono un intervento chirurgico, sono previsti dei programmi per la valutazione di accesso – prima dell’operazione di chirurgia bariatrica – e poi di follow up psicologico-nutrizionale per raggiungere il dimagrimento e poi per mantenere il peso, soprattutto per chi ha comportamenti disfunzionali. L’obiettivo, quindi, è non tornare alla condizione precedente. Per questo vanno indagate le motivazioni che hanno portato all’obesità, anche perché chi si rivolge alla chirurgia è perché ha già tentato molte diete, fallendo», spiega la psichiatra della Sicob.