Oli essenziali antimicrobici da scarti verdura

Dal bidone dell'umido all'armadietto dei farmaci. A confermare il detto che 'non si butta via niente' è uno studio italo-tunisino pubblicato su 'Chemistry and Biodiversity' da un gruppo di scienziati delle università di Pisa e Monastir: "Gli scarti agricoli delle coltivazioni – hanno scoperto i ricercatori – possono diventare fonti di preziosi oli essenziali dalle elevate proprietà antimicrobiche". Prodotti ritenuti potenzialmente "anche più efficaci dei farmaci".

Il lavoro si è concentrato sulle cosiddette "parti non convenzionali" delle carote gialle e arancioni e di alcune varietà di finocchio. In particolare, dalle foglie e dai fusti senza fiori – riferiscono dall'ateneo pisano – biotecnologi, farmacologi e fitochimici delle due università hanno estratto e caratterizzato oli essenziali che si sono rivelati

particolarmente efficaci contro vari microorganismi patogeni, fra cui lo stafilococco aureo, il bacillo del fieno, la salmonella enterica, l'Escherichia coli e la Candida albicans

Il risultato "più rilevante" si è avuto con l'olio essenziale di finocchio della varietà 'azoricum', che contro la candida si è dimostrato "anche più efficace del farmaco antifungino di sintesi di riferimento (amfotericina B)".

Le materie prime 'verdi' usate per la ricerca sono state prodotte in Tunisia, Paese con cui il Dipartimento di farmacia dell'ateneo toscano ha "da anni rapporti di collaborazione con vari Istituti – si legge nella nota – per studiare le piante medicinali, quelle alimentari e i prodotti derivati".

I ricercatori di Pisa hanno eseguito la caratterizzazione chimica di tutti gli oli essenziali ottenuti dagli scarti agricoli, tramite analisi gas-cromatografica abbinata alla spettrometria di massa. I test hanno permesso di individuare

60 differenti composti: 28 dalle carote a radice arancione, 22 da quelle a radice rossa e 28 dal finocchio, con una caratterizzazione globale della composizione degli oli essenziali pari al 93%

"Nell'ottica di un'economia circolare – afferma Guido Flamini del Dipartimento di farmacia dell'università di Pisa, che ha condotto lo studio con Roberta Ascrizziabbiamo utilizzato residui di lavorazione per realizzare un prodotto con un alto valore aggiunto come gli oli essenziali, contribuendo così alla riduzione dei rifiuti e ai costi di smaltimento a carico degli agricoltori".

"I risultati sono stati incoraggianti – prosegue FlaminiL'idea è quindi di proseguire la ricerca usando come materiale di partenza anche scarti di altre specie coltivate. Nulla osta in futuro che un'azienda agricola interessata possa utilizzare i suoi scarti per autoprodursi l'olio essenziale. Oppure, visti i costi da intraprendere per l'acquisto di un distillatore di dimensioni per lo meno artigianali, che si possa creare un consorzio di più imprese".