L’orologio biologico esiste, anche per gli uomini. Insomma, il tempo passa, anche dal punto di vista sessuale e non solo per le donne. A dirlo è uno studio, condotto negli Usa, dal quale emerge che anche l’età di “lui” può influire sulla riuscita di una gravidanza. Andrebbe sfatato, quindi, il “mito” secondo cui l’uomo è fertile fino a tarda età. I casi di Mick Jagger (padre a 73 anni), Robert De Niro (a 79) e Al Pacino (a 83) sono dunque delle eccezioni.

La fertilità invecchia anche negli uomini

L’urologo Albert S.Ha, di Palo Alto in California, ha infatti preso in esame oltre 46 milioni di nascite avvenute negli Stati Uniti tra il 2011 e il 2022. Incrociando i dati anagrafici dei padri, hanno visto come, all’aumentare della loro età cresceva anche il rischio di complicanze nella gravidanza portata avanti dalle madri. In particolare, le possibilità di un parto prematuro sono maggiori del 16% se il padre è over 50 rispetto a quelle in cui ha un’età compresa tra i 30 e i 39 anni. Cresce anche la probabilità di un basso peso alla nascita del neonato (+14%) e di diabete gestazionale (+13%).

Gli uomini hanno l’orologio biologico? Sì

Che l’orologio maschile esiste anche per gli uomini ce lo confermano altri dati: per le coppie nelle quali lui ha più di 45 anni ci può essere il 20% in più di difficoltà nel concepimento entro un anno dal primo tentativo. Le ricerche in questo ambito stanno aumentando: emerge che più sale l’età del partner, più anche le donne possono avere maggiori rischi di portare avanti la gravidanza. «Non è facile indicare quando scatta l’orologio biologico nell’uomo. Nella donna coincide con la menopausa, quando terminano gli ovociti, che sono in un numero massimo definito. Negli uomini, invece, la produzione di spermatozoi è continua, anche se ci sono cambiamenti nel tempo», spiega Emmanuele A. Jannini, ordinario di Endocrinologia e Sessuologia Medica Università di Roma Tor Vergata, presidente Accademia Italiana della Salute della Coppia (AISC) e della Società italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità (SIAMS).

Come cambia la fertilità maschile

«La fertilità maschile può essere descritta come una collina, con un declivio. Questo può essere molto ripido, dunque veloce e precoce, oppure più dolce e quasi impercettibile. Molto dipende dallo stile di vita, se è stato salutare o meno, ma influisce anche una componente genetica – spiega Jannini – Ci sono studi che hanno mostrato la presenza di microplastiche negli spermatozoi, che può portare a un declino anche precoce, ma anche uomini che diventano padri in tarda età».

Padri più vecchi, fertilità in calo

Sicuramente il tema della fertilità maschile è destinato a tenere banco, anche a causa del crescere dell’età in cui si decide di avere figli. Secondo i dati Istat i neo-papà italiani hanno mediamente 35,8 anni, ma aumenta il numero di coloro che diventano genitori per la prima volta anche a 45-50 anni. In Europa, quindi, risultano i più vecchi: in Francia la media è di 33,9 anni, all’incirca come in Germania (33,2 anni). Il problema è che posticipare sempre di più la decisione di diventare padri influisce anche sulla qualità dello sperma, che cala dopo i 40 anni.

I tempi dell’orologio biologico maschile

Generalizzare è difficile e non sarebbe corretto, ma come spiega Jannini, «anche gli uomini perdono anno dopo anno la capacità fertile, per numero e motilità di spermatozoi, e per la qualità dello sperma in generale. Alcune condizioni patologiche, come il diabete, possono influire e portare a una rapida perdita di fertilità. Ma in molti casi il declino è lento, inizia intorno ai 50/60 anni e non arriva mai a zero: la maggior parte degli uomini muore con una potenziale capacità fertile. La potentia generandi, però, non va confusa con quella copulandi, cioè di avere un’erezione. Facendo un esempio famoso, sappiamo della paternità tardiva di De Niro, ma non se assuma farmaci per garantire l’erezione».

Boom di farmaci contro la disfunzione erettile

Un’altra conferma dei cambiamenti che riguardano la sessualità maschile, infatti, arriva da alcuni dati di Adnkronos Demografica secondo i quali entro il 2025 si prevede che circa 322 milioni di uomini nel mondo soffriranno di disfunzione erettile. In presenza di questa condizione, però, gli uomini tendono a ricorrere a soluzioni il fai-da-te. Secondo l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) nel 2023 si sono venduti farmaci per specifici per 200 milioni di euro: il Paese col maggior consumo è stato il Regno Unito, seguito, però, dall’Italia. «Il picco di consumi si aggira intorno ai 40/50 anni, il che può stupire visto è un’età nella quale non ce ne sarebbe bisogno», spiega Jannini.

Il tabù delle visite di controllo

Una ricerca, condotta dall’Osservatorio “Occupiamoci di Uomini – La salute sessuale maschile fra tabù e disinformazione”, realizzata alla vigilia del Giornata Mondiale dedicata al Benessere sessuale (il 4 ottobre) indica anche come gli uomini abbiano una certa reticenza a rivolgersi all’andrologo. A condurla sono gli esperti dell’Università di Pavia, con il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, e SIAMS, Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità, con il supporto di Cooper Consumer Health. Resiste, quindi, il tabù nell’ammettere un problema o anche solo nel sottoporsi a controlli regolari.

Giovani (e non) restii a farsi visitare

Questo accade anche quando sorge la necessità di cure mediche. «I motivi sono diversi. Intanto c’è una certa difficoltà a riconoscere lo specialista a cui rivolgersi: le donne hanno il ginecologo, mentre per gli uomini l’andrologo è una figura che sta scomparendo, a causa di alcune norme europee che di fatto hanno portato a chiudere le scuole di specializzazione in andrologia. Oggi, quindi, occorre andare da un endocrinologo – spiega Jannini – In più pesa il fattore culturale: il maschio ha timore che il solo fatto di rivolgersi a uno specialista comporti una perdita della sua virilità. Mentre le donne possono anche discutere al bar di ginecologi, confrontandosi sulle proprie esperienze, questo non accade per gli uomini».

L’età giusta per andare dallo specialista

La resistenza riguarda soprattutto i giovani: «Come per le ragazze la prima visita ginecologica avviene mediamente in adolescenza, lo stesso dovrebbe avvenire per i ragazzi. Accade, invece, che i genitori siano solleciti con le figlie, come se i figli – per statuto – fossero esenti da malattie sessuali o riproduttive», osserva l’esperto. I dati dell’Osservatorio, invece, indicano che alcune problematiche sono in crescita anche tra i più giovani, comprese quelle che riguardano la fertilità e la disfunzione erettile.

Problematiche sessuali in crescita?

«I motivi sono multifattoriali: l’impatto maggiore è dato dallo stile di vita. il fumo è la causa principale, insieme a una vita sedentaria e a un’alimentazione non equilibrata, a cui si accompagna un consumo eccessivo di alcol. Ma anche l’inquinamento ambientale può influire, in particolare con l’effetto delle microplastiche e degli interferenti endocrini. Va detto, comunque, che oggi c’è maggiore attenzione a queste problematiche. Andrebbe forse sdoganato il ricorso, in alcuni casi, a farmaci specifici, come quelli per la disfunzione erettile, che sotto indicazione medica possono aiutare a mantenere vivo il dialogo sessuale», conclude Jannini.