Paura di invecchiare: come reagire?
Il timore di
invecchiare è uno dei grandi tormenti della nostra società, che sembra cucita su misura per
individui eternamente giovani e performanti, sorridenti e in salute. L’ansia delle primavere in più è stato il tema portante di alcune esilaranti e fortunate pellicole hollywoodiane, tra le quali “La morte ti fa bella” interpretato dalle magnifiche (e perfettamente a loro agio con l’età) Meryl Streep e Goldie Hawn e il più recente “Biancaneve”, con una strepitosa Julia Roberts nei panni della matrigna ossessionata dall’immagine riflessa nello specchio, disposta a sottoporsi a qualsiasi
tortura pur di apparire più
giovane e bella della figliastra.
Secondo i dati di Unioncamere gli
italiani sono sempre più attenti all’aspetto e, nonostante la crisi, le imprese del settore benessere sono cresciute del 4% negli ultimi cinque anni, grazie soprattutto all’aumento consistente di
palestre e spa (quasi il 12% in più in entrambi i casi), centri estetici (+15%) e servizi di manicure e pedicure, passati da 1.206 a 1.747 (+46%).
Se da una parte è auspicabile mantenere negli anni un corpo e un organismo tonico e in salute, non lo è altrettanto inseguire un irraggiungibile modello di bellezza senza tempo. Prima di dar fondo a risorse economiche e psicofisiche, sarebbe forse più opportuno chiedersi cosa c’è dietro al mito dell’eterna giovinezza: “Il fenomeno dell’invecchiamento era, fino a pochi anni addietro, associato più al mondo femminile che maschile e decisamente più visibile nelle aree urbane che contadine, dove il passare degli anni conviveva con il supposto e attribuito aumento di saggezza negli anziani.
Il processo di urbanizzazione e globalizzazione, per contro, ha implementato consumi , desideri e impiego “attivo” del tempo libero. La vecchiaia, che coincide per lo più con una ridotta produzione di guadagno, riduzione dei consumi e delle capacità fisiche e progettualità emotive, non rientra nei target che interessano il “mercato”, se non per marginali sezioni, è perciò “esiliato”. commenta la dott.ssa Maria Paola Graziani, psicologa clinica, esperta di psicologia dei consumi e ricercatrice del CNR.
“In questo quadro, la corsa a mantenere uno standard giovane e vincente attanaglia entrambi i sessi con una presenza ormai consistente del genere maschile che fa da cornice ad una leggera prevalenza delle donne, che si impegnano precocemente a non vincere il primato della vecchiaia, contrastando non solo la loro stessa biologia, che invecchia prima dell’uomo, ma anche sostenendo una costante competizione e identificazione con le immagini patinate condivise socialmente e collettivamente (modelle e attrici giovanissime)”.
Nasce e si propaga così un generale disagio che trascina con sé il
timore dell’espulsione dal “gruppo sociale che conta” e che, per allontanare il calice amaro delle conseguenze dell’invecchiamento (ridotta tensione della pelle, opacità dello sguardo, calo dell’armonia delle forme e dell’incedere, ecc.) ricorre freneticamente alle nuove e nuovissime tecniche d’avanguardia della
chirurgia e medicina estetica in supporto a saune, palestre e consimili.
Come i disturbi dell’umore, alimentari e di dipendenza da sostanze stupefacenti, anche questa esasperata e collettiva ricerca di fermare il processo naturale di invecchiamento ha un nome: “paura di invecchiare”, ossia paura della perdita di molti spazi relazionali, sociali, collettivi, privati, di ruolo, potere, fascino ecc.
“Le cause di questa paura dipendono da insoddisfazione personale, immaturità emozionale, bassa autostima e dall’affidare la costruzione della propria felicità a fattori esteriori nelle loro varie declinazioni. Di conseguenza la vecchiaia viene vista come una diminuzione dei propri orizzonti e temuta nonostante prevedibile e ineluttabile”.
Prosegue la Graziani: “Questo sentimento tormentato, come scrive lo storico saggista francese Jean Delumeau, può affacciarsi con una tale violenza da “scompaginare” l’integrità psichica dell’individuo. Se, oltre che pensare con prevalenza aggressiva all’aspetto fisico, ci si affidasse a quell’unicità di cui ciascuno di noi è portatore, si potrebbero coltivare precocemente anche i sogni, i progetti, l’affettività e soprattutto le relazioni e si potrebbe fare spazio al trascorrere del tempo con minori ansie di perdita”.
Mettere in risalto ciò che dura di noi, ovvero i tratti della nostra personalità, le azioni, le nostre riflessioni e le nostre narrazioni, senza sconti alle perdite e senza esaltazioni delle conquiste, può funzionare come e meglio di un elisir di lunga vita.
“Tanto più cureremo questo aspetto interno tanto più la scontata paura del naturale invecchiamento potrà essere armoniosamente rallentata o almeno resa compagna anziché nemica” conclude la Graziani “
e potremo godere della nostra vita a qualsiasi età come per un viaggio o una vacanza o un film che, alla fine, però, si deve concludere”.