In questi giorni è tornata in auge una bufala ormai datata secondo la quale ci sarebbe una possibile correlazione tra carcinoma mammario e uso del reggiseno, soprattutto quello con il ferretto. Ma da dove deriva questa credenza? E cosa c’è di vero?

A spiegare quella che è definita una vera e propria ‘bufala’ è www.dottoremaeveroche.it, il sito antifake-news della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici chirurghi e Odontoiatri (Fnomceo. Una credenza cominciata a circolare quando una coppia di antropologi, Sydney Ross Singer e Soma Grismaijer, hanno sollevato dubbi in un libro del 1995 dal titolo 'Dressed to kill' (Vestiti per uccidere). I due ricercatori, che non erano medici, basavano questa teoria sull'osservazione che nella popolazione maori australiana e in altre culture, come quella giapponese – dove le donne per tradizione stavano a seno scoperto oppure non indossavano questo indumento – l’incidenza della malattia era in origine molto bassa, per poi avvicinarsi o uniformarsi rapidamente a quella delle etnie di origine europea quando, con l’integrazione, si diffondeva anche tra loro l’uso del reggiseno.

Pur non essendo stata pubblicata su una rivista scientifica soggetta a verifica da parte di oncologi, ma solo su un libro pubblicato a spese degli autori, il sospetto si diffuse rapidamente tramite passaparola e poi, in maniera sempre più estesa, attraverso la rete.

Più recentemente l’allarme è stato rilanciato da un lungo articolo pubblicato su Goop.com, il sito dell'attrice Gwyneth Paltrow che dà largo spazio alla propaganda e al commercio di prodotti e pratiche 'alternative'. Qui un osteopata riprende la teoria dei due antropologi statunitensi, arricchendola di nuove interpretazioni: che la formazione dei tumori sia favorita dall’aumento di temperatura provocato dal fatto di coprire il seno – di per sé un 'organo esterno' – o che, oltre a bloccare la circolazione della linfa, il ferretto metallico possa amplificare le onde elettromagnetiche emesse dai tanti dispositivi che ci circondano, primi fra tutti i cellulari. Infine, per la sua posizione, il ferretto potrebbe interferire con punti energetici dell’agopuntura legati a stomaco e cistifellea.

I dati epidemiologici – si ricorda sul sito Fnomceo – confermano che la frequenza di tumori al seno, così come di molte altre malattie tipiche delle società opulente, aumentano nelle popolazioni che passano ad adottare uno stile di vita per così dire 'occidentale'. Ma questi cambiamenti coinvolgono moltissimi fattori che vanno ben al di là dell’uso del reggiseno, e che comprendono dall’alimentazione alla sedentarietà, dal numero di figli alle modalità di allattamento.

In parte per effetto di questi cambiamenti, fondamentale è l’aumento di incidenza dell’obesità, che rappresenta un’importante condizione predisponente per il tumore al seno. È vero quindi che le popolazioni maori, giapponesi o delle isole Figi hanno incrementato il loro rischio di tumori al seno a contatto con la civiltà 'occidentale', ma il fenomeno si spiega già con l’aumento di obesità e il minor numero di figli, avuti più tardi e allattati di meno, senza dover ricorrere a fantasiose ipotesi alternative.

D’altronde il sovrappeso stesso potrebbe mediare la correlazione tra il numero di ore in cui le donne portano il reggiseno e un aumento del rischio di tumore, dal momento che, quando al tessuto mammario si somma una grande quantità di tessuto adiposo, il seno è più pesante e si può tendere più facilmente, per comodità, a portare il reggiseno più a lungo, anche durante la notte.

Che poi sia meglio indossare un reggiseno di una forma e di una misura adatta, che non strizzi e non lasci i segni, e in cui il ferretto, se si desidera averlo, non punga e non faccia male, è abbastanza ovvio, ma solo per il proprio comfort personale, certo non per il rischio di provocare il cancro.