Che cos’è la resilienza e qual è il suo significato in psicologia
Il termine “resilienza” arriva dalla fisica. Secondo la fisica infatti la resilienza è la proprietà che hanno i metalli di assorbire gli urti e tornare alla loro forma iniziale. Nietzsche aveva reso il concetto in un celebre aforisma: “tutto ciò che non mi fa morire mi rende più forte”.
Persino nel linguaggio comune, la resilienza ha acquistato una notevole rilevanza, tanto che se ne fa un grande uso in tanti ambiti: in ingegneria si riferisce ad una materia che ha la capacità di non spezzarsi, in informatica indica la capacità di resistere all’usura dei servizi che sono erogati, in biologia si riferisce al tessuto che ha la capacità di auto-ripararsi, nella biotecnologia medica concerne la capacità delle protesi di adattarsi al corpo umano, in geriatria enfatizza come certi anziani molto malati abbiano una capacità di recupero inaspettato, rispondendo ottimamente ad alcune cure.
Negli ultimi anni la resilienza è divenuto un concetto chiave in psicologia: è la capacità dell’individuo di superare e di trarre forza dagli eventi stressanti e traumatici.
L’intervento psicologico è quindi un insieme di strategie volte a far apprendere e accrescere la resilienza. Ma per fare ciò è necessario avere un atteggiamento aperto nei confronti di se stessi e degli altri.
Resilienza e psicoterapia
Secondo lo psicoanalista Roberto Pani, docente di Psicologia Clinica all’Università di Bologna, «ci troviamo di fronte a pazienti la cui vita psichica è spesso devastata: lo psicoterapeuta dovrebbe cercare di individuare “i luoghi della psiche” in cui esistono alcune risorse psichiche che potrebbero essere trasformate in atti e comportamenti virtuosi.
Un caso clinico
Una giovane donna dichiara di voler farla finita perché è stata abbandonata da un uomo che amava molto, e dal quale è stata delusa, offesa, umiliata e abbandonata. La sua autostima è ridotta quasi a zero, è un po’ autolesiva, pessimista, sfiduciata. Oltre a rifiutare ogni tipo di aiuto che le viene offerto».
Lo psicoterapeuta si accorge di essere oggetto di un certo interesse e passione da parte di quella paziente. Si accorge cioè che in lei vi sono dei bisogni affettivi particolari che girano intorno al fascino intellettuale, alla capacità di essere compresa e di comprendere in generale il mondo.
Tale attaccamento allo psicoterapeuta si chiama transfert e rappresenta la traduzione inconscia, proiettata su di lui, di bisogni emotivi profondi. Ecco allora che la resilienza diventa importante. Lo psicoterapeuta dovrebbe “usare” questa positività di sentimenti per aumentare la vitalità positiva della paziente e aiutarla a spostarla su figure maschili che appaiono alternative assai positive.
La paziente comincia così a sentirsi sempre più accolta e valorizzata ed è come se dicesse: “se sono apprezzata dallo psicoterapeuta posso forse essere apprezzata anche da qualcun altro”.
L’aiuto dello psicoterapeuta
«La figura dello psicoterapeuta diventa un intercettatore, un catalizzatore di sentimenti positivi che devono essere utilizzati per costruire nuove storie positive – spiega il dottor Pani.
Resilienza significa usare un difetto per mostrarlo alla persona come caratteristica di quella persona stessa, e incoraggiarla a valorizzarla come cosa propria e specifica e portarla alla creatività e autonomia».
Come aumentare la resilienza
In base a molte ricerche la resilienza non è una caratteristica innata dell’individuo, ma si apprende con l’esperienza, è un’opportunità che tutti gli esseri umani possono cogliere lavorando sul pensiero. Nel processo di costruzione della resilienza vi sono alcune caratteristiche individuali e sociali che possono incidere. Eccone alcune:
- l’ottimismo,
- una buona autostima e autoefficacia,
- la capacità di tollerare la frustrazione,
- l’umorismo,
- la capacità di risolvere i problemi,
- la capacità di gestire le emozioni,
- uno spirito di adattamento (coping).
Un approccio alla costruzione della resilienza è quello di sviluppare la capacità di considerare i pensieri negativi per quello che sono, cioè pensieri e non realtà. In questo modo si riuscirà a gestire lo stress e andare oltre i pensieri negativi. Cio che deve cambiare nella persona resiliente è l’assetto cognitivo ed emotivo con lui si leggono gli eventi, anche se questi ultimi non sono modificabili.
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La persona resiliente quindi è quella che è disposta ad uscire dalla confort zone e accettare le sfide, mettersi in gioco e far fronte alle difficoltà con positività. Per costruire la resilienza è importante voler intraprendere un cambiamento verso la piena realizzazione di sè e della propria felicità.