Sindrome dell’infertilità psicogena di coppia

In gergo medico si chiama SIPC ed è la sindrome d’infertilità psicogena di coppia, in cui si passa da un desiderio che brucia ad ogni ora alla completa pace dei sensi. E’ ciò che succede quando “lo stress si insinua nella coppia crescendo enormemente in poco tempo, e creando una situazione difficile da superare per realizzare il sogno della maternità e della paternità“. A descrivere la Sipc, per la prima volta in modo compiuto, è Franco Avenia, presidente dell’Associazione italiana per la ricerca in sessuologia (Airs), che illustra le cinque fasi in cui si sviluppa la sindrome:
  1. Grande entusiasmo, desiderio sessuale, alta frequenza di rapporti;
  2. Lo stallo in cui, nonostante ci si applichi con frequenti rapporti sessuali, mirati e attuati nei tempi giusti, la gravidanza non si sviluppa. Ciò probabilmente è dovuto a una definalizzazione del rapporto sessuale, in cui si attua una spiritualizzazione dell’atto sessuale, ovvero un’inversione della finalità originaria istintuale: procreazione verso piacere;
  3. I partner cominciano a vivere una sensazione di incapacità e inizia a crescere l’ansia prima di ogni rapporto. Al desiderio si sostituisce la volontà;
  4. Si notano allora una riduzione dei comportamenti sessuali penetrativi, la perdita dell’aspetto ludico dell’interazione, una crescita dell’ansia da prestazione, e l’attesa del fallimento che genera stress producendo a sua volta un altro fallimento. Scatta la disfunzione erettile funzionale;
  5. Si spengono completamente il desiderio e la volontà dell’atto sessuale. “Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità – ricordano gli specialisti – una coppia che dopo un anno o, al massimo due, di rapporti sessuali non protetti non riesce a concepire è considerata infertile. L’infertilità di coppia si manifesta sempre più frequentemente, interessando circa il 15% della popolazione. Le cause dell’infertilità di coppia sono molteplici e di diversa natura”.

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“In ambito femminile, principalmente, abbiamo alterazione dell’apparato riproduttivo, disfunzioni ormonali, condizioni invalidanti secondarie a interventi chirurgici o terapie farmacologiche, obesità, anoressia, alcolismo, uso di droghe, inquinamento ambientale – elencano gli specialisti dell’Airs – Mentre sul versante maschile osserviamo insufficiente produzione di spermatozoi, anomalie morfologiche degli spermatozoi, malattie sessualmente trasmesse, condizioni invalidanti secondarie a interventi chirurgici o terapie farmacologiche, esposizione a fonti inquinanti. Oltre a ciò abbiamo una percentuale del 15,6% di cause idiopatiche, ovvero senza cause apparenti. Tra queste – evidenziano gli esperti – le più significative, come segno dei nostri tempi, sono nel versante femminile l’innalzamento dell’età media nella quale si cerca la gravidanza, rendendola progressivamente più improbabile; su quello maschile, l’uso di sostanze inquinanti presenti negli alimenti, ma anche in oggetti di uso comune, in tessuti, cosmetici, detergenti, e tra gli sportivi, anche non professionisti, l’utilizzo di sostanze dopanti”.
 
Nello specifico, il Registro nazionale sulla procreazione medicalmente assistita indica
  • infertilità maschile 29,3%;
  • infertilità femminile 37,1%;
  • infertilità maschile e femminile 17,1%;
  • infertilità idiopatica 15,6%;
  • fattore genetico 0,9%
Ma fattori ambientali, lavorativi, socio-culturali, abitudini di vita assumono un rilievo sempre maggiore nella salute della coppia e lo stress, tra questi, appare il principale ostacolo a ottenere una gravidanza, rappresentando un’alta quota delle cause dell’infertilità idiopatica