Street art sugli autobus per far riflettere sull’HIV

Un vecchio autobus a due piani, decorato con motivi floreali dai colori accesi, è già in viaggio da ieri per le strade di Milano. Un altro attraversa Roma e sulle fiancate ha omini sospesi dentro bolle trasparenti. I passanti puntano gli smartphone e lo spettacolo comincia. E’ la magia della realtà aumentata. I disegni – opera di street artist – prendono vita. Foglie e petali si muovono, sembrano staccarsi dalle finestre del bus, superano ogni avversità e i colori diventano sempre più vividi, è un’esplosione, la vegetazione è ormai luminosa e rigogliosa. Una mano – che rappresenta idealmente i progressi scientifici e l’informazione – entra invece dentro il “quadro su quattro ruote” a spasso nella Capitale e fa scoppiare le bolle liberando gli omini bianchi dall’isolamento. Ora possono finalmente toccare terra e riprendere i loro colori, tutti i colori possibili, vivere in società al pari degli altri.
 
Lo stile richiama Keith Haring, artista morto di Aids nel 1990. L’autore è Knet, al secolo Carlo Oneto, street artist di Salerno. L’opera floreale porta invece la firma di un collettivo milanese, gli Orticanoodles. Due visioni, un solo messaggio: guardare oltre l’Hiv. Arte e tecnologia sono gli strumenti scelti per veicolarlo, nell’ambito della campagna in Ar (Augmented reality) del progetto #Trattamibene, promosso da Gilead Sciences con il contributo di 9 associazioni pazienti (Anlaids, Ala Milano, Arcigay, Asa, Circolo Mario Mieli, Arcobaleno Aids, Nps Italia, Nadir, Plus), e il patrocinio di Icar (Italian Conference on Aids and Antiviral Research) e Simit (Società italiana di malattie infettive e tropicali). Il tour delle opere d’arte viaggianti durerà fino al 1 dicembre, Giornata mondiale dell’Aids.
Si punta tutto sull’informazione. Perché c’è un messaggio che sta a cuore sia agli specialisti sia a chi convive con l’Hiv: è riassumibile in un’equazione che dà come risultato una vita di qualità, U=U (Undetectable = Untrasmittable). “Studi su popolazioni molto numerose – spiega Antonella D’Arminio Monforte, direttore Malattie infettive dell’ospedale San Paolo di Milano – hanno dimostrato che la persona che non ha più il virus circolante nel sangue, quando cioè non è rilevabile, non è più contagiosa, non trasmette l’infezione. Oggi i nuovi cocktail di terapia antiretrovirale sono dotati di una potenza elevatissima e di minor tossicità rispetto a un tempo, se li si assume correttamente si raggiunge questo obiettivo. E’ un messaggio importantissimo per la qualità di vita della persona Hiv-positiva. Lo stigma va superato”. La portata del traguardo “undetectable-untrasmittable”?

“Per coglierla basta pensare alle coppie discordanti che vogliono avere un figlio, alle difficoltà superate nei rapporti umani. E’ un cambiamento sostanziale nella qualità di vita, la persona con Hiv non si sente più un untore, si può liberare di una spada di Damocle. Ho visto la comunità ad Amsterdam ballare di gioia alla notizia di questidati”, prosegue D’Arminio Monforte. “Il claim della campagna “Trattami bene” “è rivolto a tutti – dice la specialista – Dai pazienti che devono trattare bene se stessi all’opinione pubblica. La sfida adesso resta la qualità di vita: dopo i progressi ottenuti con l’innovazione terapeutica e e cure sempre più efficaci, è possibile focalizzarsi su aspetti fino a oggi tralasciati”.

Andare al di là “vuol dire per esempio aprirsi alla gestione di eventuali altre patologie che possono essere più frequenti nella popolazione Hiv-positiva, anche con viremia controllata, perché c’è un invecchiamento più precoce. Si ha infatti comunque a che fare con un’infezione cronica e l’organismo in qualche modo consuma energie. Quindi occorre cercare di prevenire tutta una serie di altre malattie croniche degenerative, dal diabete alle patologie cardiovascolari, renali e così via. Dall’altra parte bisogna pensare anche a una migliore qualità di vita non solo fisica ma anche psichica – avverte D’Arminio Monforte – aspetto che si lega alla possibilità di condurre una vita socialmente integrata, avere un lavoro, una casa, una famiglia, dei rapporti di amicizia stretti e positivi. E il messaggio U=U sicuramente facilita tutto questo”.

Le persone “dovrebbero tutte fare il test, tutti siamo potenzialmente a rischio – sottolinea Massimo Cernuschi, presidente dell’associazione Asa – è fondamentale identificare chi ha l’Hiv, trattarlo adeguatamente, bloccando così la diffusione del virus, e anche lo stigma. Perché, una volta che tutti sanno che in terapia non si trasmette l’infezione e si può fare una vita come quella di tutti gli altri, le cose cambiano veramente”. Per scoprire i significati nascosti nelle “opere-autobus” basterà scaricare gratuitamente l’App messa a punto da Bepart – The Public Imagination Movement, start up che lavora con le nuove tecnologie applicate in campo culturale, alla quale è stata affidata appunto la parte tecnologica del progetto, e inquadrare con lo smartphone. “Abbiamo coinvolto gli street artist”, Knet che si era già occupato di questi temi (ha collaborato a diversi progetti con l’Arcigay di Napoli, ndr) e Orticanoodles, pseudonimo dei due street artist Wally e Alita, “per progettare e disegnare due autobus che rappresentano espressioni artistiche finalizzate a raccontare come si è trasformato il vivere da paziente negli ultimi anni – illustra l’amministratore di Bepart, Giovanni Franchina – Sono un portale verso qualcosa che va oltre le immagini. L’opera è sia fisica che digitale, e da questo insieme nasce una storia”.
 
#TrattamiBene è dunque l’hashtag ufficiale della campagna ed è “un modo per aggiungere ulteriori voci sulla quotidianità di chi è colpito da Hiv”, spiegano i promotori. Utilizzandolo, chi vorrà potrà raccontare la sua esperienza sui propri canali social. “I contributi ritenuti rilevanti saranno presi in considerazione per lo sviluppo futuro del progetto, che mira a identificare e affrontare i nuovi bisogni di chi convive con il virus”.