Le patologie della tiroide sono soprattutto a carico delle donne: 1 donna su 8 è a rischio di svilupparne una nell’arco della vita, con alcune differenze a seconda dell’età. Nel caso dell’ipotiroidismo, per esempio, la probabilità aumenta dal 10% fino ai 50 anni, fino al 17% dopo i 60. Negli uomini ci si ferma al 9%. In particolare, sono due le fasi più delicate nella vita di una donna, come spiega l’esperta alla vigilia della Giornata mondiale della tiroide (25 maggio).
Tiroide: perché si ammalano di più le donne
Come dimostrano i dati, dunque, i disturbi della tiroide interessano le donne 5-8 volte più spesso che gli uomini. Tutta “colpa” degli ormoni: le variazioni (in particolare degli estrogeni) giocano, infatti, un ruolo cruciale, «Durante la fase fertile le fluttuazioni ormonali di estrogeni e progesterone impattano positivamente o negativamente sulla funzione tiroidea in base al loro bilanciamento. Un esempio: un eccesso di estrogeni (tipico nella condizione di dominanza estrogenica o in caso di endometriosi) può alterare la funzione tiroidea facendo aumentare il tsh. Questo porta a una sorta di rallentamento della funzione tiroidea», spiega Serena Missori, endocrinologa, diabetologa, autrice di La dieta della tiroide biotipizzata (Edizioni Lswr).
I disturbi in ogni fase della vita delle donne
I dati indicano che, «mentre fino a 50 anni il 10% delle donne può presentare ipotiroidismo in forma lieve o subclinica, a 60 anni è il 17% ad essere ammalato di tale forma, contro il 9% degli uomini. Per l’ipertiroidismo sono invece le donne più giovani, intorno ai 20-40 anni, a presentare più frequentemente problemi», come ricordano Silvia Savastano e Anna Maria Colao in Salute Mentale Donna. Come sottolineano tutte le esperte, però, sono due in particolare le fasi della vita di una donna in cui le variazioni ormonali possono avere un peso maggiore.
Tiroide: cosa cambia con la menopausa
Le fluttuazioni ormonali in menopausa sono particolarmente importanti, perché gli ormoni sessuali iniziano a cambiare per poi calare drasticamente: «Durante la pre-menopausa, si può assistere a un eccesso di estrogeni rispetto al progesterone. Questo squilibrio influenza negativamente la regolare funzione della tiroide: gli estrogeni in eccesso, infatti, rendono meno efficace l’attività degli ormoni tiroidei», chiarisce ancora Missori. «Quando il ciclo scompare del tutto e si entra nella menopausa, invece, i livelli di estrogeni crollano. Anche questo cambiamento può alterare l’equilibrio tiroideo, sia nelle donne con tiroide sana, sia in quelle già in terapia sostitutiva», aggiunge l’endocrinologa.
Tiroide e gravidanza: a cosa fare attenzione
L’altra fase delicata della vita di una donna è quella della gravidanza. «Particolarmente critico è il periodo immediatamente vicino alle gravidanze poiché il 5-8% delle tireopatie si sviluppano entro 6 mesi dalla fine della gravidanza», spiega Colao, mentre Missori ricorda: «La gravidanza è un periodo fisiologicamente molto stressante per la tiroide. Le richieste ormonali aumentano e anche il fabbisogno di iodio cresce, perché è necessario per sostenere la produzione ormonale e il corretto sviluppo del feto. Per questo, prima ancora di rimanere incinta, è fondamentale verificare che la funzione tiroidea sia ottimale, a prescindere dalla presenza di una patologia già diagnosticata».
La tiroide e il feto
«La tiroide, infatti, regola funzioni che influenzano la fertilità, il metabolismo e la salute dell’endometrio», spiega Missori, che ricorda come le conseguenze possono interessare poi anche il feto: «Sin dalle prime settimane, gli ormoni tiroidei materni sono fondamentali per lo sviluppo embrionale. Una disfunzione non riconosciuta o mal gestita può avere conseguenze importanti sullo sviluppo neurologico del bambino e sulla salute della mamma.
Gli altri fattori di rischio per la tiroide nelle donne
In generale, oltre alle variazioni ormonali, a influire sull’insorgenza dei disturbi a carico della tiroide possono essere la familiarità con la patologia, la carenza di iodio e radiazioni assorbite nella regione del collo. Quanto alle donne, l’autorevole rivista americana JAMA consiglia di far rientrare gli esami tiroidei tra i test periodici per alcuni tipi di pazienti (come quelli con pressione e colesterolo alti) e, appunto, nelle donne over 35. «In particolare, sono a rischio di ipotiroidismo le donne con più di 40 anni, oppure quelle che hanno avuto una gravidanza da meno di 6 mesi, con un precedente di patologia tiroidea o familiarità per la patologia tiroidea».
Tiroide e donne: quanto conta l’ambiente esterno
Altri elementi importanti sono «gli interferenti endocrini cioè gli inquinanti ambientali, che possono rallentare o accelerare la funzione tiroidea. Il deficit di micronutrienti come iodio zinco selenio e magnesio si aggiungono agli altri potenziali fattori che influenzano la funzione della toroide, insieme alla vitamina D, il cui deficit rallenta la formazione degli ormoni tiroidei – sottolinea Missori – Infine, la disbiosi intestinale può essere importante, perché la presenza di batteri patogeni nell’intestino può sequestrare gli ormoni tiroidei e innescare anche la patologia autoimmunitaria della tiroide».
I disturbi alla tiroide nelle donne di tipo autoimmune
La prevalenza dei disturbi alla tiroide, infatti, si accompagna anche a una maggior comparsa di malattie autoimmuni nelle donne, ma le stesse patologie tiroidee possono essere di tipo autoimmune. «La spiegazione è molto complessa, in parte ancora non completamente conosciuta e va ricondotta ad alterazioni del sistema immunitario, con una sorta di iperattività delle risposte immunitarie», sottolinea Colao. Se in genere gli anticorpi diretti verso la tiroide colpiscono soltanto questa ghiandola, a volte possono interessare il funzionamento di altri organi, come nel caso di Lupus, artrite reumatoide o diabete insulino-dipendente.
Che ruolo ha lo stress sulla tiroide?
Attenzione, poi, allo stress. Alcuni eventi traumatici possono condizionarne il corretto funzionamento. È noto il caso del terremoto di Napoli dell’80, che portò a un picco di casi di disturbi tiroidei. «Lo stress gioca un ruolo fondamentale perché il cortisolo, che è vitale per il corretto funzionamento della tiroide e dell’ormone t3 (che è quello metabolicamente attivo), quando è eccessivamente elevato blocca l’ingresso del t3 all’interno delle cellule e quindi impedisce loro di funzionare correttamente».
Le terapie per la tiroide e l’alimentazione
In una fase delicata come la menopausa «è fondamentale monitorare i valori degli ormoni tiroidei, adottare una dieta bilanciata, valutare l’integrazione di micronutrienti e, se necessario, ricorrere alla terapia ormonale sostitutiva sotto controllo medico – sottolinea Missori – Il supporto di una dieta biotipizzata può aiutare a compensare gli squilibri ormonali e a favorire energia, lucidità mentale e benessere generale.
Cos’è la dieta biotipizzata
Si tratta di «una dieta basata sulla costituzione fisica e psichica prevalente delle persone. Tiene in considerazione le caratteristiche fisiche e caratteriali, ma anche ormonali peculiari di ciascuno, fornendo delle indicazioni specifiche sulla rotazione dei macronutrienti e sulla loro tipologia», chiarisce l’endocrinologa. «Per fare un esempio concreto, una persona che potremmo definire “cerebrale” (con tendenza ad ansia, tachicardia, agitazione e insicurezza, ma anche alla sindrome del primo della classe) ha un fabbisogno di carboidrati maggiore rispetto ad una persona sanguigna o linfatica (cioè con temperamento spesso irascibile, tendenza alla pressione arteriosa alta), che invece tende ad avere un metabolismo più lento», spiega ancora Missori. Secondo l’esperta, dunque, un regime alimentare mirato aiuta «il riequilibrio ormonale della persona considerandola unica e con le sue caratteristiche».