Lo scorso settembre i potenziali donatori di midollo osseo hanno superato in Italia il traguardo dei 500.000 soggetti. Sono un esercito di volontari che potrebbe popolare una città grande quasi quanto Genova. Ed è anche grazie a loro se oggi nel nostro Paese vengono effettuati circa 2.000 trapianti da donatore all’anno, operazioni spesso salvavita per chi soffre di malattie temute come linfomi, mielomi o leucemie. Chi riceve il “dono” non conoscerà mai l’identità del suo benefattore, né questi saprà nulla del beneficiario, una norma pensata per tutelare le parti evitando commerci e ricatti morali, ma anche implicazioni emotive visto che donare una parte di sé o ricevere una nuova vita può essere un carico pesante da portare, qualunque sia l’esito finale.
Quando è in famiglia il donatore compatibile per il trapianto di midollo
Cosa succede, però, quando a essere eletto compatibile è un fratello, un padre, un figlio, che viene improvvisamente investito di quel potere salvifico? Molti lo interpretano semplicemente come un regalo disinteressato a una persona cara, la possibilità di dimostrare il proprio amore, e per Andrea, che 12 anni fa ha fatto “rinascere” sua madre Sara, come ama dire lei, è stato così. Oggi di quell’esperienza ha conservato solo la parte migliore. L’ansia di certi momenti la ricorda bene, però: «Scacciavo i cattivi pensieri e cercavo di non farmi vedere preoccupato. Mesi prima avevano diagnosticato a mia madre una leucemia mieloide acuta, dopo le prime cure si era aggravata all’improvviso e il trapianto di staminali da midollo restava l’unica via di uscita, non c’era tempo da perdere. Quando mi prospettarono questa opportunità dissi subito sì, non volevo sapere altro.
Avevo un solo pensiero, mettere la firma su quel foglio e cominciare la trafila per capire se ero la persona giusta.
Quante probabilità ci sono di trovare un donatore compatibile
Le donazioni di midollo da consanguineo oggi costituiscono ancora più del 50% del totale, e il loro numero è aumentato. «In passato solo chi aveva una compatibilità al 100% con la persona malata poteva essere candidabile, e ciò accade solo tra fratelli e sorelle, con una probabilità per ognuno del 25%. Oggi questa opzione, se disponibile, resta la prima scelta. Ma le nuove tecniche consentono di intervenire anche con il trapianto di tipo aploidentico, cioè da familiari che condividono solo il 50% di determinati genotipi, quindi anche genitori, figli, e gli altri fratelli» spiega Emanuele Angelucci, direttore dell’Unità operativa di ematologia e terapie cellulari del policlinico San Martino di Genova, primo centro in Italia per numero di interventi. «In una scala di preferenze, il familiare aploidentico e il donatore da banca dati parzialmente compatibile – anche se non perfettamente identico – sono allo stesso posto. La scelta dipende spesso dalla variabile tempo». Forme tumorali aggressive gravi richiedono interventi tempestivi ma il periodo che precede l’operazione è molto “delicato” per gli equilibri familiari. E, come i medici sanno bene, le reazioni dei candidati non sono sempre uguali, i rapporti non sempre idilliaci.
Quanto tempo ci vuole per donare il midollo osseo
Anche quando si accetta di buon grado, l’intervallo tra la decisione e l’intervento può durare settimane. I medici devono assicurarsi che il donatore sia in salute, non corra rischi e a sua volta non metta a rischio il paziente che viene sottoposto a una pesante chemioterapia capace di distruggere le cellule midollari e azzerare il sistema immunitario. Sono settimane di ansia e di aspettative. «Sono tantissime le fantasie e i pensieri dei familiari donatori. Quel ridare la vita, è un potere che li investe in modo importante. Non ci si sente più impotenti di fronte alla sofferenza del proprio caro, si ha finalmente l’occasione di fare qualcosa. Ma ci si potrebbe anche sentire caricati della responsabilità, della paura di non “funzionare”». Spiega Elvira Tulimieri, psicoterapeuta e psiconcologa dell’Ail, l’associazione italiana leucemie, che nelle sue 83 sezioni locali mette a disposizione dei pazienti e delle loro famiglie servizi gratuiti di ascolto e supporto. Andrea, per esempio, ricorda la paura di ammalarsi, di compromettere inavvertitamente la riuscita dell’operazione, magari per una leggerezza, un semplice raffreddore».
Cosa fare prima di donare il midollo osseo per il trapianto
«Chi si prepara alla donazione cerca di proteggersi per non mettere a repentaglio la vita del proprio caro, come se dipendesse in toto da lui o da lei. Ma può essere molto stressante se il periodo si prolunga» continua la psiconcologa. In alcuni casi, poi, c’è un aspetto ancora più duro da affrontare, la possibilità che non ci sia un lieto fine: «Quando accade, molti sono pervasi dall’amarezza per aver fatto sacrifici inutilmente. Ma ho visto anche tanti autoaccusarsi, pronunciare frasi come “il mio sangue non è buono”, oppure “dovevo riguardarmi di più”» continua la psicologa. «Io stessa, che 25 anni fa ero candidata a donare il midollo a mio fratello, ho vissuto la rabbia dell’impotenza. Nonostante fossi compatibile, non si è mai riusciti a trovare la finestra giusta per intervenire, perché lui stava sempre male.
Quando morì ero arrabbiatissima, mi ero “illusa” che avrei potuto aiutarlo, e mi sono sentita privata di questa possibilità. Tutto è crollato. C’è voluto un lungo percorso di psicoterapia per elaborare il lutto.
Quanto si vive con un trapianto al midollo osseo
Le percentuali di successo dei trapianti di sangue midollari sono fortunatamente aumentate, come conferma il professor Angelucci, tanto da essere ormai un’opzione terapeutica valida anche per chi ha superato i 70 anni. «I nostri dati interni ci dicono che tra i 70 e i 75 anni, fascia di età su cui fino a qualche anno fa era impensabile una procedura. Le percentuali di successo si aggirano fino al 70-72% quando la malattia è in remissione. Certo molto dipende dallo stato di salute generale del soggetto e dallo stato della malattia. Non sempre si riesce a intervenire nel momento ottimale, quando il paziente è ancora in buone condizioni generali ma, se succede, nei più giovani le probabilità salgono ulteriormente.
Quali sono le complicanze in un trapianto di midollo
Inoltre, complicanze ieri temutissime come la reazione immunitaria delle cellule staminali infuse che aggrediscono l’ospite, si presentano raramente in forma grave, grazie a nuovi farmaci, e grandi passi avanti sono stati fatti nel prevenire le infezioni virali post trapianto». Avere un’idea chiara di queste cose aiuta sicuramente a gestire l’ansia. «La paura per se stessi e per la persona cara è normale» spiega Elvira Tulimieri. «L’importante, come ha fatto Andrea, è cercare di normalizzare ciò che si sta vivendo, pensare che prima o poi tutto tornerà a essere più gestibile. Se però l’angoscia ci immobilizza, allora meglio intervenire con una psicoterapia».
Cos’è il trapianto di midollo
Il trapianto di midollo è un’infusione di cellule staminali del sangue che vengono prelevate dal midollo osseo del donatore, con un piccolo intervento, oppure dal sangue periferico, per far scattare una reazione immunologica nel ricevente contro malattie come linfomi e leucemie. La procedura è sicura, i possibili rischi sono collegati all’eventuale anestesia (che non si fa se si interviene con prelievo del sangue).
Come donare
In questo articolo abbiamo parlato soprattutto di familiari ma può candidarsi alla donazione chiunque abbia tra i 18 e i 35 anni e sia in buona salute, iscrivendosi al Registro italiano donatori di midollo osseo (ibmdr.galliera.it/la-rete/poli-di-reclutamento). «C’è bisogno di giovani perché più è bassa l’età più migliora l’efficacia. Purtroppo, tra il 2011 e il 2022 abbiamo assistito a un calo del 14% dei candidati fra i 18 e i 25 anni» spiega Giuseppe Toro, presidente Ail. L’associazione ha avviato la campagna “Ogni dono è un nodo”, rivolta proprio ai giovanissimi, molti dei quali non conoscono nemmeno questa possibilità. Se ci stai leggendo e sei uno di loro vai su ail.it.