L’analisi del latte materno durante l’allattamento al seno del neonato potrebbe fornire indicazioni preziose per una diagnosi precoce del tumore al seno. A scoprirlo è stato un team di ricercatori spagnoli, che ha individuato la presenza di Dna tumorale proprio nel latte materno di pazienti affetti da cancro alla mammella. Ma anche l’Intelligenza artificiale aiuta nell’individuazione di una possibile patologia. Gli esperti spiegano come e in quali donne.

Nel latte materno si può trovare il DNA del tumore al seno

Analizzare il latte materno con una biopsia potrebbe permettere una diagnosi precoce del tumore al seno. È quanto emerso da uno studio, pubblicato sulla rivista Cancer Discovery, condotto da un gruppo di ricercatori del VHIO Breast Cancer Group e della Breast Unit dell’Ospedale Universitario Vall d’Hebron in Spagna. La ricerca è partita su una donna di 46 anni, sulla quale era stato condotta una biopsia liquida sul latte materno dopo la nascita del primo figlio. L’analisi aveva individuato una mutazione, il cosiddetto Dna tumorale circolante (ctDNA). Alla donna era stato diagnosticato il cancro al seno 18 mesi dopo, ma il test aveva rivelato che la mutazione era già presente nel latte materno della mammella colpita da tumore 11 mesi dopo il parto, cioè 6 mesi prima della diagnosi tramite ecografia. Lo studio tramite biopsia liquida del latte materno è poi stato esteso ad altri soggetti.

Come funziona il test del latte materno per il tumore al seno

«Lo studio è stato inizialmente condotto su un piccolo campione di donne (15) che avevano avuto diagnosi di tumore della mammella in gravidanza oppure durante l’allattamento. Analizzato il latte materno di queste donne, è stata rilevata la presenza di DNA tumorale circolante con le stesse mutazioni poi riscontrate nel loro tumore mammario asportato. Questo studio, quindi, dimostra che il latte materno ottenuto da pazienti con tumore della mammella contiene una quantità di DNA tumorale circolante sufficiente per poter essere individuata e quindi potenzialmente in grado di scoprire un tumore della mammella prima che emerga dagli esami radiologici. Per questo avrebbe un valore predittivo della malattia», spiega la dottoressa Angela Esposito, della Divisione di Sviluppo di Nuovi Farmaci per Terapie Innovative presso lo IEO, Istituto Europeo di Oncologia.

L’importanza del periodo post gravidanza

Le attenzioni dei ricercatori, dunque, si sono rivolte a un periodo molto delicato nella vita di una donna, quando avvengono cambiamenti importanti nel corpo della neo-mamma: «Durante la gravidanza e nel post partum la ghiandola mammaria subisce delle modificazioni morfologiche tali che non consentono un adeguato studio radiologico e quindi rendono più difficile la diagnosi precoce di tumore mammario», conferma Esposito, che sottolinea pregi e limiti dello studio: «Il DNA tumorale circolante rappresenta una sorta di biopsia liquida. Attualmente, nelle donne con tumore della mammella metastatico, può essere utilizzato in circostanze ben precise per studiare l’evoluzione del tumore e per individuare precocemente i possibili meccanismi di resistenza, prima che l’ecografia mostri una progressione. Tuttavia, è uno strumento che ha ancora una bassa sensibilità per la diagnosi precoce di tumore mammario o per la diagnosi di recidiva. Naturalmente, essendo il campione di donne molto piccolo, il dato andrà validato su un campione di donne più numeroso». I ricercatori spagnoli, infatti, al momento stanno conducendo ulteriori studi su 5mila donne, con la speranza che questo tipo di analisi possa diventare un nuovo strumento per una diagnosi precoce della neoplasia nel periodo post-partum.

Per chi è adatto il nuovo test

È ancora troppo presto per poter affermare che il nuovo test si affiancherà a quelli esistenti. «Attualmente lo studio del DNA tumorale circolante nel latte materno non rappresenta uno standard diagnostico – come precisa l’esperta – Bisognerà attendere i risultati di ricerche future che ci potranno eventualmente confermare o meno l’utilizzo di questo nuovo tipo di biopsia liquida». Sicuramente ha il vantaggio di non essere invasiva e di poter essere impiegata nelle donne durante il periodo del post-partum. «Attualmente gli esami diagnostici indicati nello screening mammario rimangono l’ecografia mammaria e la mammografia, quest’ultima a partire dai 40 anni», conferma Esposito.

L’AI nella diagnosi dei tumori al seno

Nel frattempo cresce anche l’impiego dell’AI, l’Intelligenza artificiale, come supporto nelle analisi di tipo tradizionale. La dimostrazione arriva da uno studio clinico, condotto dal Karolinska Institut di Stoccolma e che ha coinvolto oltre 55.581 donne tra i 40 e i 74 anni, sottoposte a regolare screening con mammografia. È emerso che le performance di due radiologi supportati dall’AI era superiori a quelle di due radiologi da soli, ma anche di un radiologo solo con AI e della sola intelligenza artificiale. I risultati sono stati pubblicati su Lancet Digital Health. Questo perché l’AI «permette di analizzare grandi quantità di immagini radiologiche in breve tempo, può individuare la più piccola anomalia e aiutare i radiologi a diagnosticare il cancro mammario in modo più precoce e accurato. Questo porta a una diagnosi più tempestiva, un trattamento più efficace e dunque a una migliore prognosi per le pazienti», chiarisce Filippo Pesapane, Medico Chirurgo, Specialista in Radiologia presso la Divisione di Radiologia Senologica dello IEO.

«Molte soluzioni AI sono già in sperimentazione in Istituti di ricerca come il nostro (IEO), supportando il lavoro dei medici e migliorando la qualità delle cure fornite alle donne con tumore mammario. Lo studio svedese ha mostrato come l’AI nella lettura delle mammografie di screening riduce complessivamente i casi di falsi positivi, permettendo anche di rilevare più tumori (261 rispetto ai 250 rilevati dai radiologi senza l’utilizzo dell’AI)», conferma Pesapane. Attenzione, però, a non pensare che possa sostituire il radiologo: «Invece di sostituirlo, l’AI può svolgere compiti routinari e ripetitivi, liberando così il tempo del medico specialista le cui doti di intuizione, esperienza clinica e interazione empatica con pazienti, non possono essere rimpiazzate da nessun computer. Questo permetterà al medico e al radiologo di concentrarsi su ciò che è davvero fondamentale: la paziente e il suo percorso nella lotta contro il cancro – chiarisce l’esperto – Diversi studi, tra cui quelli condotti dalla nostra équipe e pubblicati su rinomate riviste scientifiche internazionali, dimostrano che la maggior parte delle pazienti accoglie con favore le innovazioni tecnologiche nel processo diagnostico, a condizione che il medico mantenga un ruolo cruciale e non venga rimpiazzato da algoritmi o programmi informatici».