I dati parlano da soli. Secondo un’indagine condotta da Adnkronos in collaborazione con EMG Different, gli italiani sono consapevoli dell’importanza di seguire le cure prescritte dopo un intervento per tumore al seno, ma solo 1 su 2 sa che si tratta di terapie che contribuiscono a ridurre il rischio di recidive e mortalità. È un bel problema. Già, perché questo corto circuito nelle conoscenze fa sì che il 30-50% delle pazienti che hanno avuto un tumore al seno e che devono assumere un farmaco ormonale, interrompe la terapia prima del tempo. Per questo, è appena partita The Life Button – il bottone che ti lega alla vita, la campagna lanciata da Lilly con il patrocinio delle associazioni pazienti Europa Donna Italia, Fondazione IncontraDonna e Salute Donna ODV.

Tumore al seno: a ogni forma la sua cura

«Il tumore al seno è la neoplasia più frequente nelle donne con circa 54 mila nuove diagnosi ogni anno», interviene Grazia Arpino, Professore Associato all’Università Federico II di Napoli. «La sopravvivenza a 5 anni delle donne con tumore della mammella in Italia è pari all’88 per cento, ed è variabile a seconda del tipo di tumore e dello stadio della malattia alla diagnosi. Grazie ai progressi della ricerca, oggi la maggior parte delle donne guarisce in modo definitivo e sicuramente l’aderenza terapeutica ha un ruolo fondamentale per prevenire e per diminuire al minimo il rischio di recidive». Rispetto a un tempo, i cambiamenti nella diagnosi e nella terapia sono stati epocali. Ora non si parla più di un generico tumore al seno, ma di tre forme ben distinte, ciascuna con caratteristiche differenti. La peculiarità che contraddistingue ogni tipo di tumore al seno permette di ritagliare una terapia ad hoc.

La terapia adiuvante per il tumore al seno

E nel caso di forme che risultano particolarmente aggressive, dopo l’intervento chirurgico e le terapie oncologiche come la chemioterapia, entra in gioco la terapia adiuvante. «L’obiettivo è di trattare la malattia minima residua, cioè quel clone cellulare dormiente che esiste nelle pazienti più a rischio per caratteristiche biologiche, come nel caso del tipo HR+/HER2», sottolinea Alessandra Fabi, Direttore UOSD Medicina di Precisione in Senologia, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, Roma. «Seguire le indicazioni del medico è necessario affinché la terapia possa dare il massimo del suo beneficio ed avere il suo effetto terapeutico, ma questo non è sempre facile, a causa dei forti effetti collaterali, della stanchezza, dello scoraggiamento, che troppo spesso inducono a interrompere le cure prima del tempo. Noi come medici dobbiamo impegnarci per evitare che questo accada, e instaurare un rapporto di fiducia tra medico e paziente, che sia fonte di un supporto, sostegno e confronto costante».

La costanza nella terapia salva la vita

Non tutte le terapie adiuvanti si somministrano in ospedale: i farmaci ormonali si assumono a casa propria. Questo va sicuramente a beneficio di un maggiore confort e di una migliore qualità di vita. Ma espone a un rischio maggiore di abbandono. Per questo la campagna The Life Button – il bottone che ti lega alla vita, prevede la distribuzione nei Centri di senologia che aderiranno all’iniziativa di un bottone rosa, un piccolo oggetto presente nella vita quotidiana di tutti, e che ricorda il valore del trattamento e l’importanza dell’aderenza terapeutica. Lo sottolineano anche le esponenti delle Associazioni pazienti con tumore al seno. «È fondamentale la consapevolezza della paziente al proprio percorso terapeutico, perché solo in questo modo può partecipare attivamente e aumentare le chances di guarigione», dice Rosanna D’Antona, Presidente di Europa Donna Italia. Aggiunge Antonella Campana, Patient Advocate Fondazione IncontraDonna «Ci deve essere un’alleanza tra specialista, paziente e caregiver e un dialogo chiaro e sincero» conclude Anna Maria Mancuso, Presidente Salute Donna ODV, «Aderenza significa condividere e accettare ciò che la terapia può offrirci, a volte anche la guarigione».

Come alleviare gli effetti collaterali

Per migliorare l’aderenza alla terapia e abbattere quei numeri ancora troppo elevati di abbandono della terapia, oggi l’obiettivo è la personalizzazione anche nel dialogo tra specialista e paziente. «È una cura che viene prescritta a una fascia di donne dai 40 anni circa ai 70-80» chiarisce la Arpino. «Per questo è necessario adottare un approccio diverso a seconda della paziente, in sinergia con il caregiver, al fine di una migliore gestione degli effetti collaterali. Oggi riusciamo a controllare nausea e vomito grazie a un supporto adeguato e abbiamo anche più strategie a disposizione nel caso di problematiche legate al benessere sessuale, l’effetto collaterale presente in forme diverse in pressoché quasi tutte le donne». La terapia adiuvante con farmaci ormonali induce la menopausa anticipata, con tutto ciò che porta con sé, comprese vampate, insonnia e aumento del peso. E qui entra in gioco anche lo stile di vita. Le regole di base? Consumare tutti i giorni cereali integrali, frutta e verdura, limitare il consumo di carni rosse a favore di pesce e di legumi, evitare alimenti ad elevato contenuto di sale, cibi processati, bevande zuccherate e alcoliche. Sì anche all’attività fisica: sono sufficienti 90 minuti alla settimana, da praticare costantemente.