Con un nuovo semplice esame del sangue potrebbe essere possibile diagnosticare l’Alzheimer con rapidità e in modo precoce. Anche l’accuratezza è incoraggiante, dal momento che ha un tasso del 90%, quindi scarse possibilità di errore. A metterlo a punto sono stati alcuni ricercatori dell’Università svedese di Lund, che hanno pubblicato uno studio su JAMA Neurology.

Il nuovo test per la diagnosi dell’Alzheimer

Come si legge sulla rivista scientifica, il nuovo test per l’Alzheimer si basa su un prelievo del sangue, che permette di raccogliere un campione sul quale andare a misurare il cosiddetto plasma fosforilato tau 217, o p-tau 217. Si tratta di un biomarcatore che viene ritenuto attendibile come indicatore in una possibile diagnosi di lieve deterioramento cognitivo presente nella fase iniziale del morbo di Alzheimer.

La “traccia” dell’Alzheimer

«L’esame consiste proprio nella misurazione nel plasma della proteina p-tau217. È uno dei biomarcatori che i ricercatori stanno valutando per l’uso nella diagnosi di lieve deterioramento cognitivo e morbo di Alzheimer in fase iniziale, perché è un eccellente indicatore della patologia amiloide nel cervello, considerata la causa della degenerazione neuronale», spiega Elio Scarpini, Professore di Neurologia, consulente del Centro Alzheimer e Sclerosi Multipla “Dino Ferrari” dell’Università di Milano – IRCCS Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico.

Cosa sono i biomarcatori

«I biomarcatori sono indicatori oggettivi di un processo fisiologico o patologico dell’organismo, anche in assenza di sintomi clinici evidenti. Possono quindi “predire” la loro successiva comparsa. Per essere tali – chiarisce Scarpini – devono essere affidabili, cioè sensibili e specifici per la malattia. I marcatori biologici possono essere presenti nel sangue, nel liquor e anche nella saliva o nelle lacrime». Il fatto di poterne identificare uno così importante tramite un prelievo del sangue è uno dei punti di forza dell’esame.

Un esame affidabile al 90%

I ricercatori svedesi hanno preso in esame un campione di 1.213 persone con lieve perdita di memoria, dunque con sintomi compatibili con una forma iniziale di Alzheimer. I pazienti sono poi stati sottoposti al test del sangue e i risultati sono stati confrontati con quelli emersi dall’esame del liquido cerebrospinale, cioè la tecnica diagnostica oggi più in uso per la diagnosi tradizionale del morbo. L’affidabilità del test del sangue è risultata accurata al 90%, contro un 73% medio di diagnosi corretta con gli strumenti attuali, come il test del liquido cerebrospinale, e del 61% da parte dei medici di base.

Perché il nuovo esame è importante

Proprio la possibilità di disporre di un nuovo esame può rappresentare un passo importante nella diagnosi della malattia. Di fronte all’accuratezza dei risultati, infatti, il coordinatore dello studio, Sebastian Palmqvist. ha spiegato che «Ciò indica il potenziale miglioramento nella diagnosi con l’adozione di questo esame del sangue negli ambienti sanitari».

Un test semplice e veloce per una diagnosi precoce di Alzheimer

Uno dei maggiori vantaggi del nuovo esame, inoltre, è la sua semplicità, che permette anche di fornire «un metodo efficace per escludere la malattia nelle cure primarie. Un aspetto fondamentale perché la perdita di memoria può derivare anche da altre condizioni curabili come la depressione o la stanchezza cronica». Questo esame, che identifica la p-270 è importante perché più accurato e semplice: «Altri marcatori sono in grado di dimostrare la presenza della proteina amiloide, ma sono misurabili con la PET cerebrale e con la puntura lombare», aggiunge Scarpini.

A quando il suo arrivo

Di fronte ai risultati incoraggianti, si attende il via libera all’uso del test: «Il test è già disponibile, ma deve essere ancora validato in centri diversi su numeri molto ampi di pazienti. Questo test dovrebbe integrare o sostituire gli strumenti diagnostici oggi disponibili, assai precisi, come la PET cerebrale per l’amiloide, che però è molto costosa, e l’esame del liquido spinale, che è un prelievo invasivo perché eseguito attraverso la puntura lombare», spiega Scarpini.

Un passo importante nelle cure

Insieme alla definizione di linee chiare di impiego del test, l’esame rappresenta un elemento in più per arrivare una cura futura e precoce della malattia: «Occorre intervenire il prima possibile in quanto le cellule del cervello, i neuroni, una volta degenerati non hanno la possibilità di ricrescere. Quindi la diagnosi deve essere precoce, anche se in realtà oggi come oggi non abbiamo a disposizione farmaci veramente efficaci, ma vi sono molecole promettenti in fase avanzata di sperimentazione», conclude il neurologo.