Le mani sono quella parte del corpo che più mette a disagio. Perché troverai sempre qualcuno che esiterà a stringerle, che si domanderà se quelle chiazze bianche siano un fungo o un’infezione contagiosa. La vitiligine, che solo in Italia colpisce oggi 300.000 persone, ma di cui molti di noi si sono “accorti” solo quando la modella Winnie Harlow è diventata testimonial per Desigual, è soprattutto questo. Non una malattia che mette a rischio la salute o la vita, ma qualcosa che ti costringe a convivere per tutta l’esistenza con un corpo “a colori”, e gli occhi degli altri puntati addosso. «Specie all’inizio, passi buona parte del tuo tempo a cercare di nasconderla. A volte si riesce, altre no, e allora non resta che prendere atto che è parte di te e chiederti se è veramente terribile come ti sembra. Io ricordo perfettamente quando la mia estetista vide la prima macchia sulle mie labbra, a 14 anni. Passai ore su Internet a leggere con terrore quello che mi aspettava».
Vitiligine: la fase dell’accettazione
Fabiana oggi ha 26 anni, una laurea in giurisprudenza, e un lavoro in uno studio legale a Palermo, la sua città. La frase di presentazione del suo profilo instagram, @fabi_3shh, da cui sorride solare, già racconta tutta la storia. «Ho la vitiligine e sono leopardata», le foto delle sue mani e dei suoi piedi ricoperti di macchioline non si contano, specie ora che è estate. Ma non è stato sempre così semplice mostrarsi. «I primi due anni sono stati da incubo, ero adolescente, immagina cosa posso aver provato. Con i miei genitori abbiamo girato l’Italia in cerca di specialisti e nuove terapie, perché su di me nulla funzionava. Due volte a settimana ero dal dermatologo a fare fototerapia e, ossessionata dalla paura che le chiazze si espandessero, ho provato di tutto. Unguenti e pillole costosissime in vendita solo all’estero».
È una fase che moltissimi pazienti attraversano, soprattutto i più giovani, come ci spiega il professor Giuseppe Argenziano, direttore della Clinica dermatologica dell’Università della Campania e presidente della Società italiana di dermatologia e malattie sessualmente trasmesse. Dalla vitiligine non si guarisce e farci i conti è la sfida più ardua. «Parliamo di una patologia autoimmune, che attacca le cellule che producono il pigmento della pelle, i melanociti. Causa di conseguenza la comparsa di macchie bianche, che danno nell’insieme un effetto maculato. Nessuna cura può debellarla, ma oggi se ne possono contenere gli effetti con vari rimedi. Fino a oggi si sono usati immunosoppressori in pomata, come cortisone oppure ciclosporina o tacrolimus, molecole che servono per fermare il processo autoimmunitario che scatena la distruzione dei melanociti. In associazione alle creme si abbina poi la fototerapia con lampade Uvb a banda stretta, che producono a loro volta una sorta di effetto antifiammatorio locale e tendono a stimolare la produzione di melanociti».
Vitiligine: le terapie ancora non risolvono
Il limite di queste terapie è che difficilmente sono risolutive, soprattutto quando si tratta di forme più diffuse e visibili. Le macchie tendono poi a ripresentarsi e ciclicamente bisogna sottoporsi a nuove cure. Una spirale che intacca pesantemente la qualità della vita. «C’è però una nuova classe di farmaci che si sta affermando in tutto l’ambito delle malattie autoimmuni e antinfiammatorie. Sono meglio tollerati e sembrano dare ottimi risultati» prosegue l’esperto. «Per la vitiligine è in arrivo una molecola specifica, già approvata dalle agenzie regolatorie americana ed europea, l’Fda e l’Ema. Si attende il sì dell’Aifa, l’Agenzia del farmaco italiana».
La speranza è tanta ma i tempi dell’Agenzia italiana sono lunghi, come fa notare Ugo Viora, presidente dell’associazione italiana amici per la pelle. «L’attesa potrebbe superare l’anno e bisognerà vedere se la nuova crema sarà erogabile per tutti o se ci saranno dei paletti». Nell’attesa di una cura, i pazienti rischiano però di passare la vita a fare la guerra a un Golia troppo più grande e più forte di loro con effetti devastanti. Secondo uno studio, presentato a giugno alla Giornata mondiale della vitiligine, tra chi soffre della patologia l’incidenza della depressione sale del 32% rispetto a chi è sano. L’ansia addirittura del 72% e a pagare il prezzo più alto sono donne e giovani che attraversano l’adolescenza, periodo nel quale, peraltro, la malattia di solito si manifesta.
Convivere con la patologia…
«La vita di chi soffre di vitiligine è complicata anche dal punto di vista pratico. Significa spalmare in estate la crema solare almeno ogni due o tre ore, perché il pericolo scottature è altissimo. Passare intere sessioni di trucco ad applicare fondotinta e camouflage su viso e collo, anche quando fuori ci sono 40 gradi. E poi, indossare maglie a collo alto e pantaloni finché si può, o l’autoabbronzante con il pennello, sulle gambe, stando attenti a stenderlo in maniera perfetta, al solo scopo di evitare sguardi insistenti e penosi. Ma tutto questo non eviterà di ricordarti che sei malato ogni volta che metterai le mani sulla tastiera di un pc o ogni volta che ti spoglierai in una palestra o in una piscina e qualcuno ti farà domande imbarazzanti» racconta Gloria, a cui la vitiligine ha ormai “sbiancato” quasi tutta la superficie del corpo e che su Instagram gestisce la pagina @VitiligineItalia, dove si invita tutto il popolo “maculato” a postare le proprie foto.
…Senza farsi abbattere
Se con la malattia dobbiamo convivere, allora normalizziamola, perché in fondo avere delle macchie bianche non è nulla di così spaventoso, è il messaggio che sembrano mandare quelle immagini. «Parlarne sui giornali, mostrare al mondo i volti di persone con vitiligine è fondamentale», continua Gloria. «Serve a noi e serve a tutti, per capire che questa malattia non ha nulla di contagioso e per abituarsi a guardarci senza stupore. È naturale che l’occhio umano si soffermi lì dove c’è qualcosa che percepisce come “diverso”, ma noi possiamo spiegare cos’è, farlo conoscere evitando imbarazzi».
Fabiana è tra quelli che hanno superato già questa fase. Racconta che sono stati la famiglia e gli amici, in particolare quelli incontrati all’università, ad aiutarla a vedersi bella così come è, senza troppe preoccupazioni. «Il primo passo è stato smetterla con le cure, che su di me non avevano effetto poi, quando sono andata a studiare a Bologna, l’entusiasmo per la mia nuova vita mi ha aiutato a lasciarmi alle spalle le insicurezze. Ho iniziato a mostrarmi, prima nella vita e poi sui social, e questo ha permesso a tutti di guardarmi in un altro modo. Oggi, quando incontro qualcuno, per la prima volta sento che non pensa più “poverina” e ho capito che il come ti percepiscono gli altri dipende anche da come tu vivi la tua diversità. Sto bene nella mia pelle e adoro le mie mani leopardate, senza di loro non sarei io».
Le speranze di una cura mirata
Si chiama Ruxolitinib ed è la nuova molecola che promette una svolta nella cura della vitiligine. È una crema da usare localmente, ma con un’azione mirata e in grado di favorire la ripigmentazione delle chiazze bianche. «Rappresenta una grande novità rispetto ai rimedi usati fino a oggi perché, diversamente dai cortisonici, questa molecola non attacca l’intero sistema immunitario, ma ne sopprime solo una piccola “porzione”. Inibisce i Jak, le proteine che aggrediscono i melanociti provocando la formazione delle chiazze bianche» spiega il professor Giuseppe Argenziano, presidente della Società italiana di dermatologia e malattie sessualmente trasmesse. «Può essere assunto per un periodo più lungo rispetto ai cortisonici». Il trattamento con questo nuovo principio attivo è risultato efficace e ben tollerato. I dati degli studi clinici mostrano che la cura a un anno dal trattamento risulta ancora efficace, ma dati più recenti suggeriscono che il beneficio del farmaco potrebbe durare più a lungo. I cosiddetti farmaci anti-Jak, dal nome della molecola, coinvolta nel processo che scatena la risposta autoimmune, sono già utilizzati in oncologia e in diverse patologie dermatologiche. E la ricerca va sempre di più in questa direzione: terapie molto mirate e a lunga durata.
Una patologia poco riconosciuta
La vitiliggine è una malattia cronica, ma non è prevista per i pazienti l’esenzione dal ticket e le cure erogate nel pubblico sono limitate. «Alcune creme sono rimborsate dal Servizio sanitario nazionale, lo stesso per la fototerapia, ma solo per un determinato numero di cicli e di sedute» spiega Ugo Viora, presidente dell’Associazione nazionale Amici per la pelle. Si stima che in Italia si spendano per questa malattia 500 milioni all’anno, di cui solo il 18% a carico della Sanità pubblica. Solo il 16% del totale riguarda i trattamenti specifici: il 12% va in cosmetici e protezioni solari, il 31% in cura della salute psichica, il resto in costi indiretti.