Sono in aumento i malati, ma vengono curati meglio. Merito delle innovazioni terapeutiche. Lo dice il Barometro della sclerosi multipla, un’indagine appena uscita su questa importante malattia cronica del sistema nervoso centrale. Oggi ne soffrono in 110 mila, soprattutto donne. E ogni anno sono 3.400 le nuove diagnosi, concentrate soprattutto fra i 20 e i 40 anni. «Ormai siamo in grado di identificarla con netto anticipo rispetto a qualche anno fa» spiega Giancarlo Comi, direttore del dipartimento di neurologia dell’Istituto San Raffaele di Milano. «In questo modo riusciamo a tenerla sotto controllo con i farmaci. E non è poco. Un nostro studio ha dimostrato che nell’arco di dieci anni si è dimezzato il rischio di disabilità».
Le ragioni che portano alcune persone ad ammalarsi sono tuttora sconosciute. Si sa però che alla base c’è una risposta sbagliata di alcune cellule del sistema immunitario: impazziscono e attaccano la guaina mielinica, una struttura protettiva delle fibre nervose che controllano il movimento, la sensibilità, l’equilibrio, la vista e il linguaggio. Alla fine di ogni aggressione sul sistema nervoso restano delle “ferite”, che all’inizio l’organismo riesce a riparare da sé. Finché, attacco dopo attacco, deve arrendersi. E la sclerosi multipla si manifesta con la comparsa dei ben noti sintomi, come il calo della vista e la difficoltà a muoversi.
Le cure personalizzate
Farmaci mirati in base alle caratteristiche della malattia: è questo il grande cambiamento che si è verificato nelle terapie nell’ultimo anno. «Grazie a un vasto studio durato 15 anni siamo riusciti a costruire una scala di gravità della sclerosi considerando quando si è manifestata la prima crisi e i tempi di recupero fra un attacco e l’altro» aggiunge il professor Comi. «Questo ci permette di utilizzare al meglio l’arsenale di farmaci che abbiamo a disposizione». In molti casi la regola è di impostare subito una cura con terapie aggressive per riuscire a domare la sclerosi multipla garantendo il benessere del paziente. «Poi, quando la malattia è sotto controllo, cambiamo molecola e passiamo a uno schema terapeutico più soft, che tenga a bada le crisi».
La gravidanza è una terapia
La ricerca ha fatto passi da gigante e ormai la cura farmacologica non è più un freno al desiderio di avere un figlio. Addirittura alcuni studi hanno dimostrato che sulla sclerosi multipla la gravidanzaagisce quasi come farmaco. Durante i nove mesi si allontana il rischio di ricadute, forse a causa dei cambiamenti ormonali. «La decisione di fare un bambino va condivisa con il neurologo» spiega Angelo Ghezzi, direttore del Centro sclerosi multipla dell’Ospedale Sant’Antonio Abate di Gallarate di Varese. «In base al tipo di cura seguito dalla futura mamma si decide cosa fare. Alcune terapie non comportano rischi per il feto e si possono interrompere a concepimento avvenuto. Altre vanno sospese in anticipo, per dare il tempo all’organismo di smaltire il principio attivo». E finché non si riprende la terapia è possibile persino allattare.
Le richieste di chi soffre
Malati e famigliari chiedono più assistenza. Perché nei Centri per la sclerosi multipla il rapporto tra neurologi e pazienti è di 1 a 300 e quello con gli infermieri di 1 a 195. Significa che 7 malati su dieci con una disabilità grave ricevono aiuto solo dalla famiglia.
L’attività fisica che aiuta
Il nordic walking è una camminata particolarmente adatta a chi soffre di sclerosi multipla. Grazie all’uso degli appositi bastoncini, infatti, fa lavorare l’80 per cento della muscolatura, migliora la coordinazione e l’equilibrio, che questa malattia indebolisce. Lo yoga è un’ottima soluzione quando non si riesce a praticare un regolare esercizio fisico. È infatti la terapia complementare più indicata da affiancare alla fisioterapia. I benefici? In modo dolce e senza sforzi, aiuta a migliorare il tono muscolare e l’energia fisica. A tutto vantaggio della coordinazione motoria e dell’equilibrio.
Le storie
Giulia Aringhieri 29 anni, giocatrice della Nazionale di sitting volley, mamma di Andrea È sposata con il tenore Marco Voleri (nella foto insieme), anche lui malato di sclerosi multipla. «Avevo sospeso il farmaco da qualche mese. Ci siamo sposati e l’ultimo giorno del viaggio di nozze ho scoperto di essere incinta: la felicità ci ha fatto superare la paura che anche nostro figlio rischiasse di avere la stessa nostra malattia. La gravidanza è stata stupenda, la sclerosi non ha mai dato segno di sé e Andrea è nato a termine, il 21 giugno. Un paio di mesi dopo ho avuto una ricaduta. Ma ero preparata e ho ricominciato la cura. Ora la mia vita è intensa: ho il mio bambino, mio marito. E da gennaio ho anche ripreso a praticare sport a livello agonistico. Mi piacciono le sfide».
Raffaella Demattè 35 anni, responsabile logistica della Pallacanestro Varese Fa anche da “angelo custode” ai giocatori, in particolare a Chris Wright, il playmaker americano che, come lei, soffre di sclerosi multipla. «Mi ricordo la data della diagnosi: il cinque maggio. Lavoravo alla Pallacanestro Varese da qualche anno, ero già mamma. Sono tornata a lavorare abbastanza presto e ho fatto “outing”. Così, ho imparato ad accettare le miei giornate di stanchezza, i formicolii. E soprattutto a condividerli con amici e colleghi, per gestire la malattia con il loro sostegno. Sembra strano, ma la sclerosi è diventata l’opportunità per un diverso approccio alla vita. Certo, la paura che progredisca c’è, ma voglio combatterla. Il mio canestro personale? Quando mi scordo di essere malata».
Chris Wright, il campione Si ammala di sclerosi multipla un uomo ogni due donne. La Malattia ha colpito anche Chris Wright, 26 anni giocatore professionista di basket, oggi alla Pallacanestro di Varese. La sua storia è la risposta ai pregiudizi sulla malattia.