Il marito anaffettivo che non rivolge attenzioni e affetto alla moglie non rispetta «i doveri nascenti dal matrimonio». A stabilirlo è stato il Tribunale di Velletri, nel Lazio, che ha stabilito che l’uomo non solo dovrà versare un assegno di mantenimento alla ormai ex moglie, ma dovrà anche pagare le spese del processo di divorzio.

Un marito anaffettivo

Protagonista è un uomo di 37 anni di Rieti, in causa per il divorzio dalla ex moglie. A chiedere prima la separazione, poi la fine del matrimonio era stata la donna, poco più grande di lui, che cinque anni fa aveva appunto chiesto di sancire ufficialmente la fine della loro storia. Sposati nel 2014, già dopo due anni le cose avevano iniziato a non funzionare più quando alla donna era stata riconosciuta un’invalidità. A detta sua, il marito era diventato anaffettivo.

Il marito che si isola ed è anaffettivo viene meno ai suoi doveri

Secondo quanto riferito dalla donna, il marito avrebbe iniziato a inanellare una serie di «continui ed ingiustificati rifiuti di intrattenere rapporti affettivi e sessuali, nonché la mancanza di qualsivoglia attenzione nei confronti della moglie», cose che «rendevano intollerabile la prosecuzione della convivenza». Naturalmente la versione di lui è molto differente: l’uomo parla di un matrimonio «connotato da una condizione di conflittualità a causa del comportamento ossessivo ed oppressivo» della moglie, di «un clima familiare teso» e riferisce che reiterati litigi avevano portato ad una lenta disgregazione della vita coniugale tanto da rendere impossibile anche l’intimità di coppia», come riportato da Il Messaggero. I giudici, però, hanno accolto la tesi della moglie.

I giudici condannano il marito “inerte”

Come si legge nella sentenza, dunque, il Tribunale ha ritenuto valide le motivazioni della moglie, parlando di un «atteggiamento inerte» da parte dell’ex marito, per la sua tendenza a «isolarsi rispetto alle esigenze di coppia», per cui è stato ritenuto non «rispettoso dei doveri nascenti dal matrimonio». I giudici hanno riconosciuto che un «comprovato e pacifico atteggiamento di chiusura e di isolazionismo del marito rispetto ai rapporti intimi e, in generale, rispetto alle reiterate richieste di affetto da parte della moglie, determina una ingiustificata violazione dei doveri coniugali relativamente al dovere di assistenza morale che comporta l’addebito della separazione al marito». «Gli obblighi che giuridicamente scaturiscono dal matrimonio sono quelli alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione. I giudici hanno fatto rientrare l’affettività nell’ambito dell’assistenza morale», chiarisce l’avvocata Claudia Rabellino Becce.

Il confine tra obblighi e libertà

Ben diversa è la costrizione ad avere rapporti intimi con il coniuge, magari con un calendario prestabilito, come era accaduto in un caso precedente nel quale il marito che pretendeva un certo numero di “performance” dalla moglie era stato condannato. I giudici, infatti, parlano di «manifestazioni affettuose» sottolineando che «la vita matrimoniale, come più sopra evidenziato dev’essere caratterizzata dall’assistenza morale e dal rispetto reciproco». Insomma, non è una questione numerica, di numero di rapporti o quantità di attenzioni: «Certamente, è una situazione che va valutata nel suo insieme. Il giudice vaglia la situazione sulla base del quadro probatorio prospettato dalle parti», conferma Rabellino Becce.

I precedenti: nozze annullate

«Casi analoghi si sono verificati anche in passato, arrivando all’annullamento delle nozze da parte del Tribunale ecclesiastico “delibato” (cioè riconosciuto e reso efficace nel nostro ordinamento), poi riconosciuto dalla Corte d’appello e confermato dalla cassazione», spiega Rabellino Becce. Per esempio, nel 2014 i Supremi giudici (sentenza 19691/2014) hanno condannato un marito troppo “mammome” e “anaffettivo”. Il Tribunale ecclesiastico in quel caso aveva annullato il matrimonio per l’incapacità dell’uomo di staccarsi dalla figura materna, per assumere gli obblighi essenziali del matrimonio canonico, previsti dalle norme (canone 1095/n.3). La conseguenza era stata un analogo comportamento indifferente e anaffettivo nei confronti della moglie. Anche due anni prima, nel 2012, la Cassazione si era espressa (sentenza n. 8772) accogliendo l’istanza di un uomo che aveva chiesto l’annullamento del vincolo matrimoniale. Era stato lui stesso, però, ad ammettere la sua difficoltà psicologica, dichiarando la totale incapacità di provare sentimenti nei confronti della moglie.

Casi diversi, sentenze opposte

Tornando al caso di Rieti, quello che viene definito come «isolazionismo affettivo» è costato il riconoscimento di un assegno di mantenimento da parte del 37enne alla ex coniuge, oltre alla liquidazione di 7.600 euro di spese legali. «Purtroppo da altro tipo di situazioni familiari arrivano sentenze come quella sul caso di Oristano, dove una donna aveva denunciato il marito per calci e pugni, ma la Corte D’Appello ha escluso i maltrattamenti in famiglia, riferendosi nella sentenza alla “gelosia di lei”. Questo fa capire come nella magistratura coesistano culture e (sub)culture differenti», conclude l’avvocata.