Sei un bluff: ecco la paura che si nasconde dietro alla sindrome dell’impostore. Ne hai mai sentito parlare? Se hai successo e, invece di rallegrarti per le tue capacità, dentro di te senti che tutto questo è una costruzione destinata a crollare, allora fai parte anche tu del club.
Secondo un’indagine pubblicata dalla BBC sono in tantissimi a esserne colpiti, forse si tratta addirittura di un pensiero che prima o poi passa per la testa di tutti. In fondo non sono tanti i bambini a essere stati cresciuti con la consapevolezza delle proprie capacità.
Al contrario, se tendi a sopravvalutare le tue abilità e competenze, anche in ambiti in cui non sei esperta, potresti soffrire del disturbo opposto. Ecco come identificare la sindrome dell’impostore… e cacciarla dalla mente.
Che cos’è la sindrome dell’impostore?
Attualmente non rientra fra i disturbi classificati nel celebre Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, redatto dall’APA, American Psychiatric Association, tuttavia in inglese è nota come impostor syndrome, o impostor phenomenon. La sindrome dell’impostore, termine coniato nel 1978 a partire dal lavoro delle psicologhe Pauline Clance e Suzanne Imes, descrive la condizione di chi vive nel successo, ma sente di non meritarlo.
Centrale l’importanza del termine impostore: nonostante i risultati, infatti, il soggetto coltiva la convinzione che tutto sia frutto del caso, dunque di una costruzione destinata a smontarsi. A un livello profondo questo denota una sostanziale mancanza di fiducia in sé, disistima e diffidenza verso il proprio potenziale. Avere paura che prima o poi si finisca per essere smascherati, come veri e propri impostori, significa vivere provando un’ansia costante per la sopravvivenza, perché se tutto dipende da un colpo a fortuna allora in qualsiasi momento è possibile diventare vittime di un rovescio improvviso. Credere che sia l’altro a sopravvalutare le nostre potenzialità è uno dei peggiori giochi che possiamo fare nei confronti di noi stessi: distrugge le nostre capacità, svalutando quanto di unico e bello abbiamo.
La sindrome dell’impostore in amore
Possiamo pensare a un meccanismo simile anche in amore, per esempio quando qualcuno si ritiene così fortunato, o fortunata, di avere un certo partner da non capire come mai una persona del genere, così dotata (di bellezza, capacità, risorse, etc) possa stare con lei! Non è un colpo di fortuna: due persone si incontrano perché avviene una comunicazione profonda ma il poter credere di non meritare veramente l’altro dice molto sull’insicurezza e la fragilità, la mancanza di autostima.
La sindrome dell’impostore in ambito accademico
Le donne di successo sono state il soggetto più studiato preso in considerazione dalle ricerche finora svolte, tuttavia da ulteriori indagini emerge che anche il sesso maschile può esserne ugualmente vittima. Molte delle evidenze emerse sono in relazione all’attività accademica: è stata riscontrata un’incidenza piuttosto alta di questo disturbo su dottorandi e studenti appartenenti a a corsi avanzati. Forse, in casi come questi, dovremmo iniziare a chiederci quanto anche il sistema, spesso distorto, influisca sull’autostima di un ricercatore che, dopo aver dedicato anni allo studio e investito in una formazione continua, di frequente si trova a vivere in balia della burocrazia, dipendere dalla simpatia di un professore, o dalla disponibilità a lavorare gratuitamente.
Cos’è l’effetto Dunning-Kruger?
Ulteriori studi sono stati sviluppati nell’ambito della psicologia sociale da Justin Kruger, professore presso la New York University Stern School of Business e David Dunning, professore di psicologia presso l’Università del Michigan. Secondo i dati analizzati la sindrome dell’impostore potrebbe essere speculare rispetto all’effetto Dunning-Kruger, una distorsione cognitiva che agisce sul versante opposto.
In questo caso individui poco esperti tendono, invece, a sopravvalutare le proprie capacità o competenze. Un po’ come chi in un curriculum scrive di sapere a perfezione l’inglese, salvo dimostrare il contrario alla prima occasione pratica. Ma in questo caso con una differenza, perché mancherebbe l’intento di menzogna: secondo gli autori potrebbe essere più una questione legata a un’incapacità di riconoscere i propri errori e limiti.
L’effetto Dunning-Kruger è stato approfondito attraverso test di autovalutazione effettuati su studenti di psicologia della Cornell University nei primi anni di studio, sulla base di capacità di ragionamento logico, grammaticale e umoristico. Una volta reso noto il punteggio ottenuto, al soggetto veniva chiesto di dare una valutazione del proprio livello, tuttavia se le stime si dimostravano corrette per il gruppo dei competenti, chi era incompetente tendeva più di frequente a sopravvalutare le sue abilità.
Sindrome dell’impostore e effetto Dunning-Kruger: due facce di una stessa medaglia
Ammettere gli errori che facciamo è una conquista ed è indice di grande maturità: tutt’altro che scontata, spesso costituisce una qualità che solo pochi hanno e può diventare una risorsa in grado di renderci migliori, anche sul lavoro. Gli incompetenti sembrano dimostrarsi, infatti, particolarmente supponenti e suscettibili. L’incapacità di dialogare e di utilizzare la discussione come mezzo di confronto sono spesso propri di una mente rigida. Chi conosce approfonditamente una certa area invece, solitamente accetta di mettersi in discussione con umiltà, perché sa di poterlo fare: è capace di rimanere a galla e nuotare, a differenza di chi arranca e non si può permettere di deviazioni dal percorso prestabilito.
Quali sono i rimedi alla sindrome dell’impostore?
Imparare a tollerare l’insicurezza implica una grande lavoro su se stessi. La verità è che ci sentiamo tutti insicuri del nostro valore e non c’è pacca sulla spalla che possa dirsi sufficiente a colmare questa immensa mancanza che ci tiene con il fiato sospeso. Un’infanzia felice certamente aiuta a mettere basi solide per la costruzione della propria autostima, ma non dimentichiamo che sono innumerevoli le storie di chi c’è l’ha fatta proprio a partire da un atteggiamento di resilienza di fronte a una difficoltà.
Riconosci i tuoi limiti e parti da qui
Chi si impegna molto di solito possiede un’autocritica molto alta e altrettanto senso del perfezionismo, due attitudini che possono costituire un traino potente verso il miglioramento di sé, ma allo stesso modo agire come un blocco. Proviamo a rovesciare il ragionamento e costruire un pensiero differente: la vera sfida non è sentirsi sempre sicuri di sé e sufficientemente bravi, costantemente emergeranno parti da migliorare, perché nessuno è perfetto. Non puntare la tua attenzione sul dover fare di più o sapere di più, ma semplicemente impara a sentirti a tuo agio anche con le cose che non sai. Semplicemente accetta che l’essere umano continua a imparare, apprendere e fare nuove esperienze tutta la vita.
Intraprendenza, voglia di migliorare e …un pizzico di fortuna!
Osa fare ciò che desideri prendendo per mano le insicurezze. Non possiamo attendere di diventare completamente competenti, non abbiamo abbastanza tempo per aspettare. La vertiginosa quantità di informazioni che possiamo trovare in pochi minuti su internet dà un’idea, e spesso spaventa, del fatto che non basterebbero secoli per poter diventare veramente competenti, è un’impresa impossibile.
Quello che è in nostro potere è cercare di fare del proprio meglio, mettersi in discussione e… farsi una risata. Perché quando ci permettiamo di vedere e apprezzare i nostri errori e le nostre imperfezioni, allora l’instabilità diventa una forza travolgente ed è lì che nasce la creatività, dal vulcano caotico che siamo.
Imparare a guardarci attraverso lo sguardo di chi ci ama può aiutare. E se la fortuna sta passando allora è il momento di afferrarla: anche questo, la capacità di cogliere le occasioni senza tirarsi indietro, costituisce un’abilità di se stessi da riconoscere. Osare ti rende già un guerriero, inizia ad ammirare la tua forza, intraprendenza ed energia.