Conosciuta anche come HPF (Histamine Fish Poisoning ), la sindrome sgombroide è un’intossicazione alimentare simil-allergica determinata dall’ingestione di prodotti ittici mal conservati (e che quindi possono essere andati a male), appartenenti in particolare alla famiglia Scombridae, come il tonno e lo sgombro .
Responsabile di tale sindrome è una sostanza presente in abbondanza in questo tipo di pesci. Si tratta della sgombrotossina , una miscela di istamina e altre ammine (come putrescina e cadaverina) derivanti dalla decomposizione di alcuni amminoacidi, presenti nel pesce. In caso di abitudini conservative scorrette, la quantità di sbombrotossina aumenta con il rischio di intossicare le persone più sensibili all’istamina. I sintomi sono molto simili a quelli di una reazione allergica. Per maggiori dettagli, leggi la gallery in alto.
Come si prende la sindrome sgombroide
Se il pesce è mal conservato o è tenuto a temperatura ambiente per troppo tempo, nella carne del pesce stesso entra in azione un enzima (l‘istidina decarbossilasi ) che lo riempie di istamina , cioè una sostanza presente anche nel corpo umano e che è coinvolta nelle risposte allergiche : la sua eccessiva produzione è responsabile di sintomi quali prurito, eruzioni cutanee e difficoltà respiratorie.
Di qui l’importanza di conservare il pesce in frigo, ad una temperatura inferiore ai 4 C° . «Una volta prodotta nel pesce, l’istamina non viene più degradata, neanche dalla cottura o da altre tecniche di conservazione (congelamento, inscatolamento, affumicatura)» – precisa l’allergologa.
Come si manifesta la sindrome sgombroide
I sintomi compaiono da 10 minuti dopo l’ingestione del pesce “intossicato” ad un massimo di 2 ore 30, e consistono in: eritema, cefalea, crampi addominali, nausea, diarrea, palpitazioni. Talora si manifesta febbre e possono comparire tachicardia e ipotensione o ipertensione. Le persone asmatiche possono avere difficoltà respiratorie.
Le manifestazioni sono molto simili a quelle allergiche e possono durare dalle 4 alle 6 ore, arrivando raramente a coprire 1 o 2 giorni».
La gravità della sintomatologia varia in base sia alla reattività individuale all’istamina che alla quantità di istamina stessa che si è liberata nel pesce appena ingerito. È probabile infatti che nello stesso pasto non tutti i commensali ne siano colpiti.
Come riconoscere un attacco
Purtroppo non c’è modo di riconoscere preventivamente il rischio di intossicarsi da sgombrotossina, perché il pesce contaminato da elevate dosi di istamina non perde il suo sapore, anzi è veramente identico a quello conservato a temperatura giusta. Ecco che la sindrome sgombroide può capitare quando meno ce la si aspetti, ma non per questo deve indurre in allarme.
Nel dubbio controlla sempre che ristoranti e pescherie espongano il cartello sulle modalità corrette di conservazione e di gestione del prodotto ittico (HACCP ).
Cosa fare in caso di intossicazione
Se subito dopo aver mangiato il pesce hai i sintomi descritti nelle pagine precedenti, rivolgiti subito al Pronto Soccorso , dove ti somministreranno la terapia antistaminica adatta. La sindrome sgombroide non è una patologia in sé gravissima, e nemmeno la sua sintomatologia, tranne in alcuni casi: tuttavia è bene non trascurare gli eventuali sintomi strani che dovessero manifestarsi dopo aver mangiato il pesce.
Pur non essendo un’allergia al pesce, va trattata come tale. Questo però non ti impedirà di mangiare nuovamente il pesce, purché sia conservato a basse temperature.
Prevenire la sindrome sgombroide
«In realtà, l’unica prevenzione possibile è prestare attenzione al pesce che si consuma, anche perché il pesce intossicato da istamina non altera il suo gusto: se si è in dubbio, meglio evitare» – spiega l’allergologa – «Una volta che la reazione si è scatenata, va curata in maniera appropriata». Non c’è una vera e propria profilassi da seguire prima di fare un pasto a base di pesce, anche perché la sindrome sgombroide non è un’allergia .