Medicina di precisione, ovvero, farmaci che mirano al bersaglio, con maggiori possibilità di tenere sotto controllo il tumore al polmone non a piccole cellule, la forma più diffusa. Eccolo, il tema dominante dell’ultimo ESMO, il congresso europeo di oncologia, che è stato accolto con grandi plausi.
Già, perché stiamo parlando di un big killer, che ancora oggi viene diagnosticato in tre casi su quattro quando è in una fase avanzata. Con un’incidenza che sta aumentando sempre di più tra le donne. «La sola ed unica causa di questo dato è l’incremento dell’abitudine al fumo in ambito femminile», interviene Silvia Novello, Responsabile SSD Oncologia Polmonare, AOU San Luigi Gonzaga di Orbassano, Torino e Presidente di Walce onlus, Women, Against Lung Cancer. «Quello che stiamo notando, è che le ragazzine iniziano a fumare molto presto, una su dieci prima dei 15 anni. In Europa l’Italia spicca per uno dei più alti tassi di ragazzine fumatrici ed è francamente un primato che preferiremmo non avere».
La prevenzione: cosa si può fare
La regola è una: smettere di fumare. «Bisogna pensare a campagne di prevenzione mirate alle diverse fasce di popolazione, perché non si può pensare di sensibilizzare con gli stessi messaggi e le stesse strategie un ragazzino di 11 anni e un giovane adulto di 22», sottolinea la professoressa Novello. «WALCE onlus dal 2006 in avanti ha disegnato, spesso con il patrocinio di Istituto Superiore della Sanità, Ministero della Salute e Senato della Repubblica, campagne indirizzate ai più piccoli (Questa non me la fumo), agli adolescenti (Cenere di Stelle), alle donne in gravidanza (Speriamo che sia l’ultima), all’intera popolazione (Esci dal tunnel non bruciarti il futuro)».
Sì anche a controlli ad hoc per tenere sotto controllo la salute dei polmoni. Con il Decreto Legge Sostegni-bis sono stati erogati 2 milioni di euro per il biennio 2021-2022 per sostenere il primo programma nazionale sperimentale di screening polmonare. Grazie al finanziamento, il Ministero della Salute e le Regioni hanno costituito la Rete Italiana Screening Polmonare (www.programmarisp.it), che coinvolge 19 Centri sparsi in tutta Italia. Si tratta del primo programma gratuito di diagnosi precoce del tumore del polmone È rivolto a persone di età compresa fra i 55 e i 75 anni, che consumino un pacchetto di sigarette al giorno da più di 30 anni. Possono partecipare anche i forti fumatori che hanno smesso da meno di 15 anni. Il programma prevede l’esecuzione della TAC a basso dosaggio, efficace nell’individuazione di lesioni di piccole dimensioni.
Le terapie, cosa c’è di nuovo
Grazie allo screening, è possibile individuare tumori molto piccoli, che si possono operare con una tecnica mini-invasiva.
I vantaggi? Un migliore recupero della funzionalità respiratoria e un ritorno a casa precoce. Un bel passo avanti, che permette di parlare di cura nel vero senso della parola. Ma non è l’unica novità.
Anche quando il tumore è in fase avanzata, ora è possibile tenerlo sotto controllo. «Abbiamo studi che ci stanno dimostrando l’efficacia dell’immunoterapia, con pazienti che stanno bene a distanza di cinque anni», dice la professoressa Novello. «E nei casi in cui questa terapia non funziona, possiamo contare sulla medicina di precisione. Oggi siamo in grado di mettere a punto una vera e propria carta di identità del tumore, che ci permette di prescrivere farmaci ad hoc, mirati nella loro azione».
Grazie a test molecolari all’avanguardia che si basano su metodiche sofisticate come la tecnologia NGS, Next Generation Sequency, è possibile infatti identificare le alterazioni genetiche presenti nel carcinoma. Ad oggi la ricerca è riuscita a isolarne una decina, che hanno sigle quali EGFR, ALK, ROS1, KRAS, BRAF, RET. Sono bersagli da colpire con farmaci mirati, con l’obiettivo di “disattivare” la malattia. «Riguardano ciascuno percentuali di pazienti che oscillano tra l’1 e il 7%», chiarisce la professoressa Novello. «Unica eccezione, KRASG12C che riguarda il 20% delle diagnosi di tumore al polmone non a piccole cellule in fase avanzata. Lo conosciamo da tanti anni e per noi oncologi rappresentava un fattore negativo quando veniva identificato, perché non avevamo cure mirate a disposizione. Oggi, per fortuna, con l’arrivo anche per questa mutazione di farmaci a bersaglio molecolare, cambierà in positivo la pratica clinica».