Ogni anno in Italia circa 5.200 donne ricevono la diagnosi di tumore ovarico. Nell’80% dei casi arriva quando la malattia è già in fase avanzata. Per questo il cancro alle ovaie è stato definito un tumore silente. Non dà sintomi facilmente riconoscibili né dispone di strumenti di screening o di diagnosi precoce. L’età di maggiore incidenza è oltre i 50 anni.
Secondo “I numeri del cancro in Italia 2021”, il tumore ovarico è ancora oggi uno dei “big killers” tra le neoplasie ginecologiche (30%) ed occupa il decimo posto tra tutti i tumori femminili (3%). Tuttavia, la ricerca va avanti e anche l’impegno delle associazioni a supporto delle pazienti.
L’impegno di ACTO
Nel 2010 per mano di un gruppo di pazienti e ginecologi oncologi è nata ACTO (Alleanza contro il Tumore Ovarico). Si tratta della prima e unica rete nazionale di associazioni Onlus al servizio delle donne colpite da tumore ovarico. Opera in sette regioni d’Italia allo scopo di migliorare la qualità di vita delle pazienti. Oltre a un’attività costante di informazione e di orientamento sulla patologia e i percorsi di cura, ACTO promuove la ricerca scientifica. Ma soprattutto dà voce ai diritti e ai bisogni insoddisfatti delle donne che durante la loro vita hanno incontrato il tumore ovarico, e delle loro famiglie, portandoli all’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni nazionali e regionali.
«Quello ovarico è un tumore silente per quanto riguarda i sintomi, ma estremamente aggressivo. Le armi su cui possiamo fare affidamento sono la corretta informazione e la collaborazione in una vera e propria alleanza tra pazienti, ricercatori, medici, strutture sul territorio e Istituzioni per creare una maggiore attenzione e consapevolezza sulla malattia – commenta Nicoletta Cerana, Presidente di ACTO Onlus. Come associazione siamo da sempre impegnate nel creare una comunità attenta e attiva in questo ambito, fondamentale per favorire diagnosi e cure più tempestive e per promuovere e stimolare la ricerca affinché siano disponibili al più presto trattamenti efficaci e accessibili».
Si è parlato della causa e dell’elevata mortalità di questo tumore nel corso di una diretta con Nicoletta Cerana, Presidente di ACTO Onlus; Emanuela Lucci Cordisco, Ricercatrice Università Cattolica del Sacro Cuore, Genetista Medico, Servizio di Genetica Medica, Fondazione Policlinico Universitario A Gemelli IRCCS; Domenica Lorusso, professoressa associata di ostetricia e ginecologia Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e responsabile ricerca clinica Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS. Rivedila nel video qui sotto.
8 maggio, Giornata Mondiale sul Tumore Ovarico
Tra le iniziative di sensibilizzazione si colloca la Giornata Mondiale sul Tumore Ovarico. Cade l’8 maggio di ogni anno e nel 2022 giunge alla decima edizione.
Per l’occasione ACTO ha in serbo una serie di iniziative che vanno sotto il nome evocativo di Fattore Q, qualità di vita raccontata da pazienti e medici. Le nuove cure hanno regalato più anni di vita e questi anni vanno vissuti al meglio.
I fattori di rischio del tumore ovarico
Sebbene non si conoscano le cause del tumore ovarico, sono stati individuati alcuni fattori:
- Età: la maggior parte dei casi viene diagnosticata dopo l’ingresso in menopausa, tra i 50 e i 69 anni. Tuttavia alcuni tipi di tumore dell’ovaio possono presentarsi in donne più giovani.
- Storia familiare: il 15-25% dei tumori all’ovaio ha come principale fattore di rischio la familiarità. Donne con madre e/o sorella e/o figlia colpite da tumore dell’ovaio, della mammella o dell’utero hanno maggiori probabilità di ammalarsi della neoplasia.
- Fattori genetici ereditari: le mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2 di origine ereditaria aumentano la possibilità di sviluppare un tumore ovarico. La percentuale di rischio di tumore ovarico come da linea guida AIOM 2019 è del 20-60% tra le donne con mutazione di BRCA1 e BRCA2.
Il test genetico
Le donne che hanno nella propria storia familiare un’esperienza di tumore ovarico possono sottoporsi al test genetico per verificare se sono portatrici di una mutazione dei geni BRCA1 o BRCA 2. I passi da seguire sono rivolgersi al proprio medico curante che a sua volta indirizzerà la paziente verso una consulenza genetica in centri specializzati.
Il test genetico offre una valutazione accurata del rischio ereditario, propone l’indagine genetica più appropriata in base alla storia familiare, definisce un programma personalizzato di sorveglianza clinica e strumentale e propone eventuali misure per la riduzione del rischio.
«Affrontare la malattia e il percorso di cura è un lavoro di squadra: il medico e la paziente devono essere sempre fianco a fianco e il ruolo del medico è innanzitutto quello di comprendere che dietro ogni paziente c’è la persona, con i suoi bisogni e le sue paure» – spiega la Prof.ssa Domenica Lorusso, Docente di Ostetricia e Ginecologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e Responsabile Programmazione Ricerca Clinica presso la Fondazione Policlinico Universitario Gemelli di Roma. «Questa alleanza medico-paziente può funzionare solo se si costruisce un rapporto di fiducia, che non può prescindere dall’ascolto reciproco. È quindi fondamentale sia investire tempo ed energie in una comunicazione più efficace e vicina alla paziente, sia migliorare l’implementazione della rete assistenziale con risorse di supporto e psicologi per intervenire e accompagnarla lungo tutto il percorso, dandole un rinforzo positivo».
Fonti: “Linee guida Tumori dell’ovaio AIOM,2019” e “I numeri del cancro in Italia 2021”
Con il contributo non condizionante di MSD