In Italia si contano ben 36 specie di zecche, delle quali alcune possono essere pericolose per la salute perché possono trasmettere malattie come la meningoencefalite, la febbre bottonosa o la malattia di Lyme.
Le zecche si trovano soprattutto in alcune zone montuose e in particolare nel nord est, al confine con l’Austria dove c’è una grande attenzione alle precauzioni. Attenzione, però, perché le zecche possono “attaccare” anche in spiaggia, soprattutto in zone dove ci sono animali come le pecore, per esempio in Sardegna.
Ecco i consigli dell’entomologo su quali precauzioni adottare e cosa fare se si viene morsi da una zecca.
Come sono fatte le zecche?
Le zecche sono «parassiti esterni, delle dimensioni che variano da qualche millimetro a circa 1 centimetro secondo la specie e lo stadio di sviluppo», come ricorda l’Istituto Superiore di Sanità. La caratteristica è che hanno un corpo tondeggiante con la testa che si distingue poco dal resto dell’organismo, ma soprattutto hanno un rostro sulla bocca con il quale mordono l’uomo o l’animale e vi rimangono attaccate, nutrendosi del loro sangue. Per questo se sono infette possono essere veicolo di trasmissione di malattie.
Che malattie possono veicolare le zecche?
Di per sé le zecche non sono pericolose, ma possono diventarlo nel momento in cui, da infette, possono trasmettere batteri o virus portatori di malattie. «In Italia il rischio principale per l’uomo è rappresentato dalla meningoencefalite da zecche, che è causata da un virus che può essere trasmesso tramite il morso del parassita. Un altro pericolo è costituito dalla malattia di Lyme o borreliosi, così come dalla rickettsiosi, che può essere trasmessa dalla zecca da cane. Altre patologie possono essere legate a batteri, come nel caso della tularemia e delle febbri bottonose da ehrlichiosi» spiega Claudio Venturelli, entomologo dell’AUSL della Romagna.
Come ci si accorge della puntura della zecca?
Accorgersi di una puntura di zecca non è sempre semplice, perché è generalmente indolore: infatti nella saliva contiene dei principi anestetici. «In realtà ci si rende conto soprattutto vedendole sul corpo: si tratta di un piccolo puntino scuro che al tatto risulta in rilievo, se il parassita è rimasto attaccato. In questo caso va rimosso con molta attenzione, preferibilmente utilizzando delle pinze e facendo attenzione a togliere anche e soprattutto la testa della zecca» spiega Venturelli. Nella maggior parte dei casi la zecca rimane attaccata all’uomo tra i 2 e i 7 giorni (nei cani può rimanere molto più a lungo), poi cade spontaneamente. Ma il rischio è che nel frattempo abbia trasmesso una malattia: «Il segnale è la comparsa di una macchia nella zona intorno alla puntura, che in genere si arrossa. In questo caso occorre farsi vedere subito da un medico, specie le chiazze sono grandi, chiare al centro e arrossate sui bordi, o se si accusa mal di testa, stanchezza, febbricola, ecc., che possono essere campanelli di allarme di una encefalite o altra malattia trasmessa dal parassita» spiega l’entomologo.
Va bene usare subito il sapone o l’olio?
Una delle prime cose che verrebbe da fare dopo la puntura della zecca è ricorrere al sapone per rimuovere la zecca a casa, quando ci si accorge che è rimasta sotto la pelle: «Non si dovrebbe mai fare, invece: è sconsigliabile usare sapone come neppure l’olio. In questo modo, infatti, si induce la zecca al rigurgito, perché si sente soffocare, ma così facendo se è infetta diventa pericolosa perché immette tutto ciò che al suo interno (come germi, batteri o virus) nel nostro corpo» spiega l’entomologo.
Come si toglie la zecca?
Occorre, invece, rimuovere completamente la zecca: «L’importante è togliere la testa e il rostro. Si possono indossare dei guanti e usare delle pinzette, andando a contatto con la cute e sollevandola verso l’alto. Bisogna tirare delicatamente in modo da non rompere il parassita che altrimenti potrebbe rimanere conficcato. Se ciò accadesse bisogna toglierlo con un ago sterilizzato, ma attenzione: c’è il rischio di infettare ulteriormente la zona, quindi se possibile è meglio rivolgersi a un medico» prosegue l’esperto della AUSL Emilia Romagna.
I vestiti vanno lavati dopo la puntura della zecca?
Quando si parla di zecche ci sono anche molti dubbi su come trattare sia gli indumenti sui quali si sono trovati i parassiti, sia gli insetti stessi: «Per quanto riguarda i vestiti, non occorre necessariamente lavarli, perché una volta tolta la zecca non si corrono rischi di infettarsi: eventuali germi, virus o batteri si trovano solo al suo interno e lì si replicano. Possono entrare a contatto col nostro corpo solo in caso di morso, perché rigurgitando per fluidificarsi, li immettono nel nostro sangue».
A che temperatura eventualmente lavare i vestiti?
«Se, comunque, si vogliono lavare i vestiti dopo la puntura della zecca per proprio scrupolo, va bene già una temperatura di 40°C» spiega Venturelli.
Cosa fare subito dopo la puntura della zecca?
Ma cosa applicare alla puntura di zecca, se si scopre e prima di poter andare da un medico? «Se ci si accorge della puntura e si è rotto il rostro, quindi si teme una possibile infezione, si può applicare in loco una pomata antibiotica, per iniziare a sfiammare la zona. Se, però, i sintomi non sono solo cutanei, ma associati per esempio a mal di testa o febbricola, occorre necessariamente informare il medico: prendere qualsiasi altra cosa da soli potrebbe, infatti, nascondere la manifestazione di malattie più serie, come quella di Lyme. In questo caso si eliminerebbero i “segni esteriori”, ma la malattia proseguirebbe all’interno per poi manifestarsi in modo più importante e serie dopo circa 40/50 giorni – prosegue l’entomologo – Per questo esorterei a chiedere un parere al medico in caso di macchie cutanee più ampie o altri sintomi».
Come si cura la puntura della zecca una volta in ospedale?
Come spiega l’ISS, la maggior parte di queste malattie da punture di zecca può essere diagnosticata solo con una visita. Ma «una pronta terapia antibiotica, nelle fasi iniziali, è generalmente risolutiva in particolar modo per le forme a eziologia batterica. Solo raramente (fino al 5% dei casi) e in soggetti anziani o bambini queste infezioni possono essere pericolose per la vita».
Come distruggere la zecca?
Infine, che fare della zecca una volta estratta? «Si può distruggerla (alcuni lo fanno col fuoco, ma occhio!) e buttarla nella spazzatura. Sebbene possa essere istintivo, la zecca non va mai schiacciata, perché in questo modo i batteri contenuti nello stomaco della zecca potrebbero passare nella cute della persona morsa» dice l’esperto.
La cosa migliore sarebbe conservare la zecca, in vista di possibili problemi o sintomi: «Andrebbe consegnata a un istituto zooproflattico, universitario o alla Asl (soprattutto se compaiono sintomi particolari) perché possa analizzarla, capire a che specie appartiene o anche, possibilmente, effettuare un esame per capire se è infetta e quindi indicare una profilassi a chi è stato morso» aggiunge l’esperto.
Quali sono le zone più a rischio zecche?
«Nel nostro Paese le zecche sono particolarmente presenti nel nord est, quindi in Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, specie nelle zone boschive e a ridosso di Austria e Slovenia, dove ce ne sono molte. Non bisogna sottovalutare, però, neppure le località di mare, come la Sardegna, specie se frequentate da animali come le pecore» spiega Venturelli.
Quante specie di zecche esistono?
«Le zecche sono diffuse in tutto il mondo e se ne conoscono circa 900 specie» spiega l’Istituto Superiore di Sanità, che ricorda come in Italia ne sono note 36 specie raggruppate in 7 generi. La più comune è la Argas reflexus, chiamata anche “zecca del piccione”, mentre quelle più diffuse e monitorate sono la Ixodes ricinus (o zecca dei boschi), la Rhipicephalus sanguineus (conosciuta come la zecca del cane), insieme alla Hyalomma marginatum e alla Dermacentor reticulatus».
Perché indossare pantaloni bianchi?
«Se si va in montagna per boschi sarebbe sempre consigliabile indossare pantaloni chiari su cui poter notare più facilmente l’eventuale presenza di zecche, ma anche calzettoni sui pantaloni stessi, per proteggere polpacci e caviglie. Esistono comunque dei repellenti apposta, ma consiglierei di controllarsi sempre al rientro da una passeggiata. Se si notano rigonfiamenti, puntini o arrossamenti occorre osservare bene ed eventualmente, come detto, rimuovere il parassita con cura e poi disinfettare. Lo stesso vale, però, se si va in spiaggia e ci si siede sulla sabbia in una zona frequentata da pascoli» conclude l’entomologo.