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Alice Bush e la cura della felicità

«Sono partita da un aborto spontaneo, una start-up fallita, un fidanzato alcolista. Ho costruito la mia serenità, 2 business a 7 cifre, una bella fa- miglia. E ora racconto la mia storia». Pare il trailer di una serie tv strappa-lacrime e nutri-illusioni. Invece è il biglietto da visita di Alice Bush, un’ingegnera anglo-emiliana 35ennne che, dopo aver viaggiato tra vari scossoni esistenziali, ha unito la mentalità logico-matematica temprata dalla laurea al Politecnico di Milano alla mistica respirata nei templi thailandesi ed è diventata formatrice e imprenditrice digitale. Con un obiettivo: aiutare le persone a scoprire la felicità. E l’ha centrato: con il suo podcast Dear Alice, numero uno nella categoria Mental Health in Italia, in un anno ha contato più di 1 milione di download; ha migliaia di iscritti ai suoi corsi; ha fondato due aziende digitali in crescita. E l’annuncio del suo primo libro ha suscitato l’entusiasmo dei follower che a frotte lo hanno ordinato prima dell’uscita, il 14 febbraio. Iniziamo la chiacchierata proprio da La cura della felicità (Vallardi), racconto franco di quando rincorreva la felicità dalla parte sbagliata.

Le bugie che ci raccontiamo

Come ha trovato la direzione giusta?

«Grazie alla frase di un mentore: “Per diventare felice devi essere felice”. La felicità non è l’approdo, ma il punto di partenza, il modo in cui approcci la vita».

Perché non lo adottiamo?

«Noi occidentali ci raccontiamo bugie enormi. La prima è che, per essere felici, tutto deve andare bene e non ci deve mancare nulla. La seconda è che gli altri ci ameranno solo rispetto a ciò che raggiungiamo. Un circolo vizioso che ci fa credere che la felicità si trovi sempre un po’ più in là. Quando perderemo 10 chili, quando troveremo la persona giusta, quando otterremo quella pro- mozione… Ma non è così. Altrimenti non si spiega perché anche persone dalle vite difficili siano felici».

A questo proposito, nel libro cita sua madre e sua nonna.

«La mia italianissima mamma mi ha trasmesso tanta forza, ma ha faticato a essere felice come donna, perché è rimasta intrappolata nel divorzio e nella fatica di crescere una figlia da sola. La mia super british nonna paterna, pur con una famiglia povera e tanti dolori, era coraggiosa e felice. Per buon auspicio ho dato il suo nome a mia figlia (Juliet, 2 anni, l’altro figlio di Alice Bush è Sebastian 4, ndr). Io per natura sarei più lamentosa, ma so che con l’approccio giusto mi sento bene, sono centrata e accetto di essere triste e felice al tempo stesso».

Ma come coesistono questi opposti?

«Non invito al pensiero positivo, ci sono cose davvero negative che fatichi a digerire, sul lavoro, in coppia e nella vita in generale. Ma la felicità prevede la validazione di ogni emozione. Alcune sono piacevoli come la gioia, altre spiacevoli come la tristezza, però tutto dipende dal filtro attraverso cui le fai passare. Persino in un lutto puoi avere centratura e pienezza».

Eventi traumatici e poi la svolta

Tutti possiamo provare questa pienezza?

«Sì, quando prendiamo in mano la nostra vita. Nel 2013 in vacanza avevo conosciuto un ragazzo americano bellissimo: ho lasciato il dottorato di ricerca che stavo facendo, mi sono trasferita con lui a San Diego, ho fondato una start-up. Nonostante la mia endometriosi, sono rimasta incinta, ma ho avuto un aborto spontaneo e quel dolore atroce ha tolto il velo dai miei occhi: il mio compagno lottava contro delle dipendenze e io ero caduta in un sogno patinato. Il nostro rapporto è andato a rotoli, mi sono ritrovata a elemosinare un posto in cui dormire».

E poi?

«Era il 2015 e ho comprato un biglietto di sola andata per la Thailandia. Là, tra quei templi dove ho imparato a meditare e dove non avevo più nulla di quello che pensavo fosse indispensabile, mi sono sentita profondamente calma. La felicità è vivere quello che c’è, è il tuo senso, il tuo percorso».

Alice Bush: la matematica applicata alle emozioni

Bello, ma forse troppo orientaleggiante per noi.

«In me c’è molto Oriente, ma resto un ingegnere gestionale con una mentalità analitica. Nel libro propongo una tabella a matrice, con la felicità sull’asse delle ascisse e il successo su quello delle ordinate, per mostrare come siano correlati. In un corso declino per le persone la metodologia agile usata dalle aziende per rispondere alla complessità dei mercati».

La segue un pubblico vasto. Il suo follower tipo?

«La grande maggioranza sono donne, persone “bloccate”: dalla 20enne che ha scelto la facoltà sbagliata alla 55enne che ha divorziato e vuole reinventarsi. Rispondo alla donna che si sveglia e si dice: “C’è altro, la vita come me l’hanno raccontata fino a qui non è quella che io voglio”».

Centinaia di persone partecipano al suo Rituale dell’alba online per impostare nel silenzio i propositi del nuovo giorno. Quanto serve il rito?

«Noi esseri umani funzioniamo per cicli: facciamo una cosa, la finiamo, ne iniziamo un’altra. Ora, invece, viviamo in un blob dove il lavoro e i vari ambiti della vita privata sono sovrapposti. La ritualità ci dà preziose cadenze. Consiglio anche il “rito della scrivania”: di sera non lavorare fino all’ultimo minuto, metti a posto il tuo tavolo per il giorno dopo. Non lasciamoci trascinare dalla velocità a centrifuga di Internet. E lo dico pur essendo sostenitrice del digitale».