Questa intervista è un viaggio che profuma di caffè, di cui il 1° ottobre si celebrerà la Giornata mondiale. Si snoda lungo le piantagioni sugli altipiani tra il Tropico del Cancro e quello del Capricorno, tra la Borsa di New York e quella di Londra, dove si trattano, rispettivamente, l’Arabica e la Robusta. E arriva a casa di tre fratelli campani che portano avanti l’avventura imprenditoriale iniziata più di 70 anni fa dal loro “nonno Moka”: Cesare Trucillo, fondatore della torrefazione Caffè Trucillo di Salerno che oggi produce pregiate miscele commercializzate in 40 Paesi. Ci facciamo guidare in questo viaggio da Antonia Trucillo, 31 anni, segnalata nel 2023 tra i giovani under 30 da Forbes, che tra i tanti ruoli ricoperti in azienda ne vive uno come missione: diffondere la cultura del caffè.

Antonia Trucillo vuole far conoscere più a fondo il caffè agli italiani

Ma noi italiani non siamo preparatissimi sul caffè?

«Nei corsi che facciamo chiediamo “Cos’è il caffè?” e le persone rispondono “È un rito” oppure “È un’emozione”. Tutto giusto. Ma nessuno dice che l’espresso è un’estrazione e la materia prima caffè è una pianta. Ne esistono circa 120 specie botaniche e le più diffuse, perché più produttive, sono l’Arabica e la Robusta, i cui prezzi da tempo e per varie ragioni stanno purtroppo schizzando in Borsa. Per noi italiani è un gesto scontato, entriamo in un bar e chiediamo genericamente un caffè, non specifichiamo se lo vogliamo corposo o più dolce con note floreali… Persino nei ristoranti stellati non è comune la carta dei caffè. Credo che i giovani, che si fanno più domande su cosa mangino e bevano, possano stimolare la consapevolezza su questo tema. Ci vorrà del tempo, ma sono fiduciosa».

La famiglia Trucillo ha creato la prima Accademia del caffè del Centro-Sud

Come è nata la vostra Accademia, che ora guida lei?

«Mia mamma faceva la cantante, è stata anche la corista di Gino Paoli e Zucchero. Dopo aver conseguito una laurea pensava alla seconda, allora mio padre, che è entrato in azienda a 20 anni e ora ne è presidente, le disse: “Visto che vuoi studiare, perché non studi il caffè?”. Lei ha così iniziato a documentarsi ed è passata dal palcoscenico alla cattedra, fondando nel 1998 l’Accademia, che è la prima scuola del caffè in Centro-Sud. Proponiamo anche corsi per appassionati (info sul sito www.trucillo.it/accademia-trucillo/ ndr), ma è nata come centro di apprendimento per il professionista del canale Horeca, cioè il barista. Questo mestiere non si studia molto neanche all’alberghiero, oggi spesso è considerato un ripiego, invece è una professione in cui alcuni hanno fatto carriera fino a diventare consulenti. In qualunque lavoro gli sviluppi dipendono da cosa vuoi fare, dove ti vedi».

E lei dove si è vista, dove si vede?

«A fare tutta la vita caffè (ride, ndr). Dopo aver studiato Economia e marketing allo Iulm di Milano, sentivo ancora il desiderio di studiare, ma anche di dare un contributo all’azienda. Inizio il 1° settembre 2015 e papà per un mese mi mette al fianco di un tecnico e della macchina espresso a fare caffè. A ottobre c’è un viaggio in Honduras organizzato da trainer del settore. Parto per restare 2 settimane ma, trascorse quelle, chiamo casa e dico che mi fermo un mese e mezzo. Ho la fortuna di avere un’azienda di famiglia e genitori che hanno appoggiato le mie scelte. E là è avvenuta la magia: la nostra filiera inizia ai Tropici, ma a noi arrivano i chicchi crudi verdi, che lavoriamo, tostiamo e vendiamo. In Honduras ho visto per la prima volta una pianta di caffè. E ho pensato a mio nonno. Oggi sono circa 10 anni che viaggio nei Paesi d’origine per conoscere la nostra filiera e trasmettere l’amore per il caffè».

Nei suoi viaggi, Antonia Trucillo vive nei villaggi dei produttori di caffè

Anche nel ricordo di suo nonno…

«Su uno dei moli di Napoli lui aspettava trepidante i carichi di caffè che arrivavano da Paesi che conosceva solo sulla carta. Io invece quei Paesi li ho visitati e ci vado tuttora, dal Brasile alla Colombia, dal Vietnam all’Etiopia, all’Uganda. A contatto con quelle realtà sono cresciuta come persona».

In che modo?

«Non vado in albergo, ma raggiungo villaggi di montagna, magari a 2.000 metri, abito nelle case delle persone che seminano, raccolgono e lavorano il caffè. Spesso non hanno risorse per cucinare e lavare. Hanno tanti figli, fanno molti sacrifici. Vivere e lavorare con loro è stato il regalo più grande che abbia ricevuto».

Ognuno dei tre fratelli Trucillo lavora in azienda con competenze diverse

E da lì è iniziato anche un percorso di crescita culturale.

«Ho studiato come cresce una pianta di caffè, come avviene la raccolta dei frutti e ho intrapreso un percorso di assaggiatrice professionale fino a ottenere la massima certificazione in questo campo: Q-Grader. È simile a quella per sommelier, però non è puro assaggio, devi conoscere il chicco verde e valutare che qualità abbia il caffè ed eventuali difetti».

In azienda sono poi entrati anche i suoi fratelli.

«Sì e siamo, per le attitudini diverse che abbiamo, come tasselli di un puzzle che si completano l’uno con l’altro. Andrea ha 29 anni, dopo la Bocconi ha fatto un master a Maastricht in Scienza delle decisioni umane e si occupa di amministrazione e finanza – che per me è aramaico – e della parte HR al fianco di nostro padre. Lei è molto brava, precisa, ma non andrebbe mai nelle piantagioni. Cesare invece ha 26 anni, ha studiato International Business alla John Cabot University a Roma: lui si occupa delle vendite sia in Italia sia all’estero e ha seguito la redazione del bilancio di sostenibilità. Io sono “l’ambassador” ma senza la mia famiglia non potrei essere in prima linea e dedicarmi così tanto ai viaggi tra i produttori per conoscere la realtà locale e sostenerli il più possibile».

Continuate a vedervi anche fuori dall’azienda o preferite tenere spazi separati?

«Ognuno ha la propria casa, ma ci ritroviamo spesso a cena durante la settimana, nonostante siamo usciti dall’azienda poco prima. Anche le vacanze le organizziamo insieme. Siamo molto uniti, sopra ogni cosa dobbiamo esserci noi tre».

Antonia Trucillo rivela un segreto per fare il caffè perfetto

Una curiosità da mettere in pratica: quando si prepara il caffè con la moka è giusto fare la montagnetta?

«So di deludere tanti, ma la risposta è no. Così si crea tanta forza contro cui il caffè deve lottare per salire, quindi esce bruciato, senza più le giuste proprietà organolettiche. Ma non sono ancora riuscita a convincere mia nonna, che mi ripete: “Antonia, sbagli. Si fa la montagnella e si mette anche la scorzetta di limone per renderlo più digeribile”».

E voi, preparando la moka, scegliete la scienza o la tradizione?

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