Ci sono tesori nascosti in incontri casuali. Come quello con lei: schietta, spiritosa, pratica. I giri di parole non sa cosa siano, ama andare al sodo. Sarà anche perché Cinzia Bassi, 50 anni, di Piacenza, da quasi 8 anni direttrice dello stabilimento Barilla di Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova, è figlia di agricoltori e fin da bambina ha sempre adorato andare a vedere come erano fatte le cose.

Cinzia Bassi si è laureata in Ingegneria meccanica

«Se mamma accantonava un frullatore o un ferro da stiro perché non funzionavano più, avevo la velleità di provare ad aggiustarli» confida, mentre assaggia una Gocciola ancora calda appena uscita da una delle 11 linee di produzione. Sì, perché lo stabilimento di Castiglione delle Stiviere dal 1970 produce i biscotti più golosi per la colazione, quelli che tutti conosciamo, come Galletti, Tarallucci, Macine, Rigoli e Batticuori. Ma anche cracker e sostituti del pane, come i Michetti. Quell’amore per la concretezza che la spingeva da piccola a fare cose “da maschiaccio” a Cinzia è rimasto ed è stato il fil rouge di, quasi, tutte le scelte che ha fatto nella sua vita. A partire dall’università. Si è laureata in Ingegneria meccanica 25 anni fa.

All’epoca una decisione piuttosto coraggiosa e controcorrente per una donna.

«Non mi sono posta il problema, neanche quando in facoltà eravamo in 8, massimo 10 ragazze e alcuni professori ci chiedevano: “Come mai hai scelto questa università?”. Anche perché ho avuto la fortuna di avere un padre vecchio stampo: per trovare un lavoro sicuro secondo lui c’erano solo due strade, Ingegneria o Medicina. Scegliere per me è stato facile e non ho mai pensato: “Non ce la farò mai”».

Lavora in Barilla dal 2000

Una tipa tosta…

«Sono coraggiosa, tenace. D’altronde, anche se all’oroscopo non ci credo, sono un Capricorno. E me ne frego di pregiudizi e stereotipi».

È stata una secchiona?

«No, affatto. Mi impegnavo ed ero orgogliosa di quello che facevo ma, da studentessa fuorisede (ha fatto Ingegneria a Parma, ndr) non rinunciavo certo alle uscite e ai concerti di Ligabue. Più che una secchiona, ero una groupie!».

Sono 24 anni che lavora in Barilla. Come ci è arrivata?

«Con uno stage. Nel 2000 ho mandato il c.v. e mi hanno presa nello stabilimento di Cremona. Anche lì all’inizio eravamo in pochissime, soprattutto nei reparti tecnici. Ma per me non era un problema: valutavano le mie competenze, il merito, non il genere».

(PH GIAMPAOLO RICO) Cinzia Bassi, al centro, e il team con cui ha lavorato da direttrice dello stabilimento di Castiglione delle Stiviere, Mn. Da sinistra: Valentina Moscato, responsabile Qualità e Tecnologia, Angelica Caldarola, responsabile Pianificazione Produzione e Magazzini, Alessandra Pometti, responsabile Risorse Umane, Gaia Gombi, responsabile di Produzione.

E adesso com’è cambiata la situazione?

«È una figata, ride di gusto, almeno in Barilla. Nel mio team, per esempio siamo in 8, di cui 5 donne. Da un lato sicuramente oggi è più facile trovare ingegnere, dall’altro è indubbio: noi diamo di più. Forse perché, per colpa della sindrome dell’impostore, non ci sentiamo mai adeguate e pensiamo di dover dimostrare sempre qualcosa in più, di doverci accreditare agli occhi altrui. Guarire da quella sindrome non è facile, lo so: ancora oggi sento comunque di dover essere più brava».

Secondo Cinzia Bassi c’è ancora molto da fare per la parità di genere

Al di fuori della sua azienda, a che punto siamo sulla parità di genere?

«Non siamo messi molto bene. C’è ancora tanto su cui lavorare. L’importante è parlarne, è dare alle ragazze e alle bambine la libertà di dire che possono fare quel lavoro o quell’università, che possono pensarlo o anche solo sognarlo».

Torniamo alla sua carriera. Dal 2000 non se n’è più andata da Barilla.

«A fine 2010 sono diventata direttrice dello stabilimento di Ascoli e adesso dirigo quello di Castiglione delle Stiviere».

Considera l’azienda la sua seconda famiglia

(PH. GIAMPAOLO RICO) Alcune delle 11 linee di produzione dello stabilimento Barilla di Castiglione delle Stiviere (Mn). È nato nel 1970 e qui ogni anno vengono prodotte circa 130.000 tonnellate di biscotti.

Ci racconta una sua giornata tipo?

«Sono mattiniera. Di solito mi sveglio molto presto, tra le 5,30 e le 6. Quando non mi alleno via Zoom con due colleghe e un personal trainer, vado in stabilimento per le 8. La prima cosa che faccio è cambiarmi: mi metto il camice, le scarpe antinfortunistiche, la cuffia da panettiere e partecipo alla riunione del mattino. Poi faccio un giro tra le linee di produzione e, visto che sono golosissima, quando passo davanti a una Gocciola ancora calda non riesco a resistere. La guardo e poi la mangio. Perché i biscotti, oltre a essere buoni, devono essere anche belli. Però a fare il botto per me è la Gocciola ancora cruda, squisita!».

Quando parla dello stabilimento trasmette energia, amore.

«La fabbrica è un ambiente che adoro perché è pragmatico, inclusivo, sano. Se sei utile, se fai, non mi interessa se sei uomo o donna. E per me è la mia seconda famiglia».

A proposito di famiglia, lei non ha figli.

«Non sono arrivati, purtroppo. E non ha idea di quanto mi faccia soffrire la frase che ogni tanto sento ancora dire, anche dalle donne: “Ah sì, lei ha fatto carriera perché non ha figli”. Non è così, non voglio interpretare un modello maschile, vorrei interpretarne uno femminile, nuovo, in cui anche una donna con figli può fare tranquillamente carriera».

Il nuovo ruolo di Cinzia Bassi è sempre in Barilla

A breve il suo ruolo cambierà. Ci racconta?

«Sì, forse perché ho raggiunto i famosi 50, quest’anno mi sono detta: “Basta, faccio il lavoro più bello del mondo, ma ho bisogno di mettermi in gioco di nuovo”. E così a novembre lascerò il ruolo di direttrice dello stabilimento per diventare Bakery, Pasta, Condiments Core Process COE Director: una figura nuova che ha lo scopo di patrimonializzare e sistematizzare le competenze sviluppate durante i progetti. Una bella sfida, in cui manca la componente di concretezza ma in cui potrò continuare a costruire».

Ripensando alla sua carriera in un ambiente prettamente maschile, cosa si sente di consigliare alle ragazze?

«Di non abbattersi, di non aver paura. Non abbiamo una sola occasione: se fallisci una volta non importa, ne avrai un’altra. Io sono per il “quick&dirty”, ovvero un approccio rapido ma non necessariamente risolutivo, e per il provarci sempre: preferisco perdere ma aver giocato».

Qualche giorno dopo ricevo una mail di Cinzia che si conclude così: «Ieri sera nel tragitto verso casa mi chiedevo se me lo merito, un articolo su Donna Moderna. Ma poi ho capito che il dubbio faceva parte della sindrome dell’impostore. E quindi provo a godermi il momento».