Quante energie, quante idee e quante persone ci sono dietro la Milano Fashion Week? Al di là delle rutilanti passerelle dove sono protagonisti modelle e stilisti, la community del fashion comprende un numero infinito di persone e di figure professionali: imprenditori, designer, uffici stampa, ambassador, manager della comunicazione. E come farli parlare con il mondo “fuori”?
Cristiana Schieppati e il Chi è Chi del Giornalismo e della Moda
Se lo è ho chiesto, 25 anni fa, Cristiana Schieppati, giornalista di moda e acuta osservatrice del mondo della comunicazione, quando per Crisalide Press, la casa editrice di famiglia, decise di lanciare il Chi è Chi del Giornalismo e della Moda, annuario che raccoglie i contatti di chi intorno a questo business gravita: giornalisti, uffici stampa, pr. Nel 2001 Schieppati crea e organizza i Chi è Chi Awards, premi patrocinati dal Comune di Milano e dalla Camera Nazionale della Moda, che apre la Milano Fashion Week di settembre (tema dell’ultima edizione: Human Touch, il tocco umano, ovvero il valore delle relazioni). Nel tempo l’annuario è cresciuto: newsletter, sito, social. Un successo che abbiamo chiesto a lei di spiegarci.
Cristiana Schieppati, come è nata l’idea?
«Il format editoriale Chi è Chi è di mia madre, che lo aveva sviluppato per il mondo dell’auto. Io ho creato la versione moda, rendendola un brand».
Chi è il vostro lettore tipo?
«Il sito crisalidepress.it è stato uno dei pionieri del settore e parla agli addetti ai lavori e a chi si occupa di comunicazione a 360°. Siamo “influencer della comunicazione”, diamo le notizie a chi poi le deve raccontare: stampa, opinion leader, manager, influencer. La newsletter arriva a circa 15.000 persone».
Chi è Chi Awards premia chi cerca l’innovazione nella moda, nell’industria, nel sociale e nella comunicazione.
Con quali criteri scegliete i candidati?
«Siamo all’edizione numero 23, ma l’idea è sempre in trasformazione e in crescita. Il premio – che oggi si chiama “Barbara Vitti”, mia grande mentore – è nato come riconoscimento per i migliori uffici stampa della moda, poi con il tempo le categorie sono diventate 15. Ogni anno scelgo un tema e formo la giuria composta da direttori e giornalisti influenti del settore. Ancora non ho deciso per questo settembre, il contenuto deve essere coerente con il momento storico. Negli anni abbiamo lavorato sul tema dell’empowerment, dedicandolo solo alle donne. O sull’eleganza maschile, e abbiamo premiato il calciatore Alessandro Del Piero e l’attore Pierfrancesco Favino, al quale mi sembra di aver portato fortuna: da allora la sua carriera è stata folgorante! Tre anni fa ho coinvolto il tiktoker Mattia Stanga: non lo conosceva nessuno, mi chiedevano chi fosse, oggi tutti lo vogliono».
Quali cambiamenti ha portato la sua iniziativa?
«Credo di essere stata la prima ad aver lavorato sul concetto di network, community e condivisione, ossia confrontare professionisti della moda con altri settori e, in base ai loro punti in comune, sviluppare dei progetti con un vantaggio reciproco. Lavorando editorialmente per i vari Chi è Chi (che oltre alla moda si occupano di auto, food, design e sport, ndr), ho capito che le potenzialità erano altissime. Il lavoro si è concretizzato in eventi e iniziative che li vedono lavorare insieme e fare sistema. Un esempio? Quando ho iniziato facendo sponsorizzare i premi da Audi, tutti mi dicevano che auto e moda erano mondi diversi. Oggi, invece, sono in assoluta sintonia».
In cosa il settore moda l’ha seguita?
«Penso di aver dato il mio contributo a una comunicazione libera e vera. Non mi sono mai risparmiata critiche e osservazioni, anche attraverso le voci dei miei collaboratori, e questo ha reso la testata autorevole. Così come il premio, in cui nessuno viene pagato per partecipare. Certo, ho sempre fatto tutto da sola. Ma va bene così».
Qualche momento che le è rimasto nel cuore?
«Le interviste che ho realizzato durante il lockdown, quando davvero eravamo tutti chiusi in casa ed io ho iniziato a contattare tutti quelli che conoscevo. Il baritono Luca Salsi, protagonista della prima della Scala di Milano, che si faceva portavoce del mondo dello spettacolo. L’attrice Francesca Chillemi che raccontava le paure per la sua bambina piccola. Alena Seredova, alla sua terza gravidanza. La campionessa di karate Sara Cardin che si allenava in salotto. Carlo Cracco che portava pasti negli ospedali per medici e infermieri. Raccontare le loro paure, che erano anche le nostre, è stato un modo per esorcizzarle».
Dove sta andando la moda?
«Non lo so, ammetto che sono confusa. È tutto veloce, non fai in tempo a comprendere e seguire un’idea che già devi elaborarne un’altra. Sicuramente la sostenibilità sarà un punto fermo, ma per riconquistare il consumatore ci vuole un nuovo modo di proporre il momento dell’acquisto: deve diventare una vera esperienza».
Che rapporto ha con le sue figlie adolescenti?
«Ludovica e Isabella sono il mio costante contatto con la Generazione Z. Mi fanno scoprire i trend su TikTok e i personaggi più social. Mi confronto costantemente con loro, molto attente a scegliere capi prodotti con materiali sostenibili e senza sfruttare chi lavora. Avere due femmine in casa per chi fa il mio lavoro non è male».
Parliamo di influencer?
«Sono arrivati impetuosi e spavaldi in un ambiente chiuso, dove molti hanno fatto anni di gavetta per raggiungere certe posizioni, e questo ha creato, anche da un punto di vista organizzativo, due schieramenti: giornalisti da una parte, influencer dall’altra. Un grave errore che ha separato due mondi che parlano allo stesso pubblico, solo con modi e strumenti diversi. Oggi i pochi influencer autorevoli sono vere e proprie pagine pubblicitarie su cui le aziende investono. Cosa ci sarà dopo di loro? Si vedrà».
Un consiglio per i futuri giornalisti del fashion?
«Studiare, fare pratica in ogni settore. E, oltre a saper scrivere, occorrono conoscenze sul digitale e i social. Quindi, ben vengano corsi e specializzazioni in questi ambiti per essere giornalisti 2.0».
(Rita Bossi)