Elena Ferrero ha 31 anni e un percorso formativo variegato, con una base nelle scienze degli alimenti. Sara Secondo ha 33 anni ed è un’avvocata impegnata sul fronte sociale. L’idea di fare insieme un salto nel vuoto e di fondare una start-up è venuta durante un corso sull’imprenditoria e l’innovazione. È nato così Atelier Riforma, progetto che prevede la raccolta di vestiti usati da affidare a diverse realtà sartoriali, anche sociali, che promuovono l’inclusione lavorativa di persone svantaggiate, affinché li rendano di nuovo indossabili.

Moda circolare e AI

Ma, siccome quando si sogna lo si fa in grande o non lo si fa per niente, Elena e Sara, torinesi, non si sono fermate: hanno ideato Re4Circular, una tecnologia che si basa sull’Intelligenza Artificiale e permette di applicare questo modello di business circolare a qualunque realtà, in qualunque luogo e, soprattutto, su scala molto più ampia. Lo scopo? Trasformare ogni scarto in una risorsa.

Come funziona Re4Circular?

«Il progetto iniziale di Atelier Riforma era virtuoso, ma difficile da applicare su ampia scala. Noi però volevamo che questo piccolo modello circolare crescesse. Perciò nel 2021 abbiamo progettato Re4Circular, una piattaforma digitale, con brevetto depositato, che mette in contatto le realtà che raccolgono e selezionano gli indumenti usati con le realtà della moda circolare che ne hanno bisogno per le loro attività di rivendita, riciclo o upcycling».

Moda ciroclare: ancora di nicchia

Perché è importante facilitare questo passaggio? «Una risposta su tutte: solo in Italia ogni anno buttiamo più di 150.000 tonnellate di vestiti usati. Purtroppo una volta raccolti, in perfetto stato o in pessime condizioni, fatti di materiali diversi e mescolati tra loro, vanno in discarica. Eppure recuperarli si potrebbe: i negozi dell’usato rivendono i capi in buono stato, un numero sempre più alto di artigiani e designer li ricondiziona con la creatività sartoriale, aumentano le aziende che riciclano le fibre tessili di quelli fatti per il 100% di un unico materiale… Per indirizzare i rifiuti tessili verso queste destinazioni, però, è necessario conoscere e trasmettere le specifiche caratteristiche di ogni capo raccolto: tessuto, composizione, condizioni, taglia, colore… Un’impresa titanica che, se fatta a mano, finisce per interrompere la catena: cioè si butta via tutto. La nostra tecnologia basata sull’Intelligenza Artificiale risolve il problema: aiuta gli enti che raccolgono indumenti usati e i brand di moda che devono gestire le proprie giacenze di magazzino a indirizzare ogni capo verso la miglior forma di recupero. A partire dalla fotografia e dall’etichetta di ogni pezzo, Re4Circular estrae e registra le informazioni essenziali che confluiscono su una piattaforma digitale collegata con negozi dell’usato, artigiani dell’upcycling, aziende di riciclo che possono acquistare ciò di cui hanno bisogno. Senza questa piattaforma, gli indumenti usati vanno comprati all’ingrosso, a scatola chiusa, senza vedere né selezionare ciò che si sta comprando. Conseguenza: scarti post-acquisto e perdita di denaro».

La tecnologia ideata da Elena Ferrero e Sara Secondo permette una classificazione accurata dei capi di abbigliamento per farli entrare in un processo di economia circolare.

Questo progetto può davvero creare la moda circolare?

«La filiera non sta più al passo con i tempi, è inefficiente sotto tutti i punti di vista, le informazioni si perdono per strada. In più, in un ambiente del genere si inseriscono facilmente la criminalità organizzata e l’esportazione incontrollata, che fanno danni su danni. Re4Circular vuole superare queste difficoltà, creando un’efficiente e trasparente filiera circolare, che riduce gli sprechi e l’impatto ambientale. I nostri ideali sono la sostenibilità e la responsabilità sociale: un modo di lavorare che riduca il consumo di risorse naturali e la dispersione di rifiuti, in particolare nei Paesi del Sud del mondo dove esportiamo i nostri scarti tessili, e allo stesso tempo garantisca condizioni di lavoro dignitose e competenze preziose, legate alla riparazione, trasformazione creativa e riciclo dei capi. Si creerebbero nuovi posti di lavoro circolari».

Tutti noi possiamo aiutare a ridurre i rifiuti tessili: come?

«Smettendo di acquistare compulsivamente fast fashion (certo, non è facile!), facendo scelte meditate, dando priorità alla qualità sulla quantità, prendendoci cura dei nostri vestiti e usandoli il più a lungo possibile. Oggi c’è maggiore consapevolezza, ma la moda circolare resta una nicchia. Eppure, ogni volta che scegliamo vestiti di seconda mano, “rivisitati” con l’arte sartoriale o fatti con materiali riciclati, stiamo risparmiando risorse naturali ed evitando che l’ennesimo rifiuto tessile arrivi in discarica. La gente ha un enorme potere: i brand di moda sono aziende e le aziende seguono il mercato e il mercato lo fanno i consumatori. Ogni volta in cui scegliamo se acquistare o no un prodotto, stiamo influenzando il settore, stiamo dicendo “Vorrei che questo prodotto fosse così”».

Come sarà il futuro della moda?

«Per forza circolare: non per scelta, ma per necessità. O ci ritroveremo con materie prime che scarseggiano e discariche zeppe di rifiuti».

Sogni nel cassetto?

«Il nostro sogno è un sistema moda interamente circolare e responsabile, nel quale i vestiti non siano beni usa-e-getta ma oggetti “cari”, preziosi per noi stessi. E un oggetto che ci è caro dovrebbe continuare a vivere, non diventare spazzatura».