Quando risponde al telefono, è appena uscita dal Senato. La sua voce è squillante, a breve tornerà in laboratorio, la sua “stanza” preferita, quella in cui ha passato più tempo nella sua vita. «Il laboratorio è un posto fortissimo, in cui puoi mettere in discussione tutto e in cui ciascuno, dal più giovane al più esperto, può dare le sue idee e far crescere quelle del gruppo. Sì, è un vero collettivo. Ed è questa la sua magia» esordisce Elena Cattaneo, 62 anni, direttrice del Laboratorio di biologia delle cellule staminali e farmacologia delle malattie neurodegenerative all’Università degli Studi di Milano, dal 2013 senatrice a vita e adesso nelle librerie con il saggio Scienziate. Storie di vita e di ricerca.
Con la sport Elena Cattaneo ha imparato il gioco di squadra
Che il lavoro di squadra fosse il suo forte lo capisce da giovane. «Merito della pallavolo: per 11 anni, fino a quando non ho finito l’università (si è laureata in Farmacia, ndr), ho giocato nella Jolly di Palazzolo Milanese. Siamo arrivate a un passo dalla serie C: io avevo il ruolo di schiacciatrice di banda e, pur non essendo alta, quando saltavo con le Tiger gialle ai piedi a volte mi sembrava di volare. Era bella la sfida con noi stesse per sincronizzare tecnica, muscoli, cervello, intuizione. Capivo quando la schiacciata sarebbe stata decisiva perché “vedevo” il campo avversario da sopra la rete». Quello sport di squadra ha aiutato Elena Cattaneo a comprendere l’organizzazione dei ruoli, la partecipazione, la capacità di ciascuno di capire quando farsi avanti per contribuire e quando restare indietro e lasciare che siano altri, con le loro competenze, a dare l’apporto decisivo al raggiungimento di un obiettivo comune.
Il nuovo progetto della scienziata vuole combattere le malattie neurodegenerative
Esattamente le stesse dinamiche che ha poi ritrovato in laboratorio e grazie alle quali è riuscita a ottenere grandissimi risultati nella scienza, tra cui il premio ERC Synergy Grant per il suo progetto sulle malattie neurodegenerative come il Parkinson e l’Huntington (per l’Università degli Studi di Milano è il quinto).
Partiamo proprio da quest’ultimo traguardo. Ci racconta di cosa si tratta?
«Il progetto, che si chiama Custom-Made e sarà sviluppato in collaborazione con altre tre scienziate, cioè Annalisa Buffo, Malin Parmar e Jenny Emnéus, si prefigge di creare neuroni “su misura”: verranno trapiantati nei malati per rispondere alle diverse esigenze delle persone affette da Parkinson, come per esempio la disfunzione motoria o il deficit cognitivo».
Per Elena Cattaneo il fallimento è solo una fase della vita
Quando partirà il progetto?
«Dovrebbe iniziare ad aprile dell’anno prossimo e durerà 6 anni, grazie a un budget complessivo di circa 10 milioni di euro. È il progetto di ricerca più lungo che abbia mai vinto. Anche se l’inizio non è stato dei più promettenti…».
In che senso?
«Lo avevamo già presentato nel 2022 ma, nonostante avessimo studiato come pazze, il 12 ottobre del 2023 riceviamo una mail che inizia così: “We regret to inform you…”. Che in pratica significa che il progetto non era stato accettato. Tutto da rifare».
Ma non vi siete date per vinte.
«Il fallimento è solo una tappa della vita. E, anche se soprattutto noi donne facciamo fatica ad accettarlo, dobbiamo imparare a trarne i benefici. Per vincere bisogna imparare a perdere. Quindi abbiamo deciso di partire proprio dalle critiche che ci erano state mosse per potenziare il nostro progetto. E il 16 ottobre di quest’anno ricevo una mail. Questa volta c’era scritto: “Funded”. Ce l’avevamo fatta!».
Secondo Elena Cattaneo l’essenza della ricerca è la libertà
L’emozione che trasmette è tangibile. Che cosa ama della ricerca?
«La sua essenza irrinunciabile: la libertà, ma anche il diritto, reclamato e difeso, di studiare qualunque cosa si ritenga opportuno nell’interesse della collettività. La scienza non ha padroni, ma solo idee da mettere a confronto, esperimenti mai pensati prima, strade nuove da affrontare – anche a rischio di fallire – e poi tante prove da accumulare e codificare affinché diventino pubbliche, visibili, verificabili, ripetibili. Di tutti».
Lei parla di libertà, di diritto, ma ancora oggi la carriera delle donne, soprattutto nel campo della scienza, è zavorrata da molti pregiudizi e stereotipi. Cosa ne pensa?
«Per molto tempo, quando mi veniva chiesto se e quanto il fatto di essere donna, moglie e madre avesse condizionato o svantaggiato la mia vita professionale, la mia risposta è stata un “no” convinto. Poi ho guardato meglio. E negli abbandoni femminili, spesso davanti “all’ultimo miglio” professionale, anziché mancanza di ambizione ho visto altro: il gender gap è profondo, radicato, millenario e comincia nell’infanzia quando vengono instillati nelle bambine gli stereotipi come “Tu non sei capace”, “Tu non sei adatta”, “I maschi sono più forti in aritmetica”».
Il problema per le donne non è solo il soffitto di cristallo
E cosa le ha fatto cambiare idea?
«La mia prospettiva è cambiata appena ho iniziato a studiare la letteratura disponibile in tema di pari opportunità. Una letteratura ricca di esempi di mancanza di consapevolezza riguardo al gender gap e alle varie forme con cui si manifesta, alcune delle quali particolarmente insidiose perché poco evidenti, spesso inconsapevoli, ma, proprio per questo, capaci di insinuarsi tra le pieghe di una cultura che spinge le donne a ritrarsi per “non disturbare”. Ho preso quindi sempre più coscienza di come possa essere riduttivo denunciare soltanto il cosiddetto “soffitto di cristallo”, perché quell’immagine induce a pensare che il problema sia solo ai gradi più alti della carriera. Ma a che punto sono rimaste tutte le altre donne? La maggior parte nemmeno arriva a intravedere il soffitto di cristallo, perché la disparità di genere interrompe la loro corsa molto prima».
Cosa fare per migliorare la situazione?
«Innanzitutto dovremmo riconoscere il problema della discriminazione di genere e la sua pervasività. Il soffitto di cristallo? Be’, per spaccarlo bisogna innanzitutto vederlo. Poi bisognerebbe discuterne da un punto di vista scientifico, con dati e prove che confutino una tesi. Perché non ci rendiamo conto di quanta meraviglia e quanta conoscenza rischiamo di perdere ogni giorno impedendo alle ragazze di esprimersi liberamente, di avere il cielo libero sopra di sé, senza alcuna cornice a limitarlo».
Il libro di Elena Cattaneo dà voce a tante studiose contro i pregiudizi
In Scienziate. Storie di vita e di ricerca (Raffaello Cortina Editore) la senatrice a vita Elena Cattaneo, attraverso le voci delle studiose e le domande che si sono poste, accompagna i lettori nell’esplorazione di ambiti di ricerca molto diversi, dalle lingue antiche all’astrofisica, con l’obiettivo di mettere in luce una rivoluzione in corso. L’inizio di un cammino che libererà le ragazze da zavorre e pregiudizi che in passato ne hanno impedito o rallentato i percorsi di emancipazione.