L’idea le è brillata negli occhi come una sfida: riportare la statua della Vittoria Alata al Capitolium, dove era stata trovata quasi 200 anni prima, per far risplendere Brescia e l’idrestauroea stessa che i bresciani avevano della loro città. Non un semplice trasloco da una stanzetta angusta del museo Santa Giulia al cuore dell’antica Brescia romana, ma una vera e propria rinascita a partire da questo simbolo femminile potentissimo per sguainare l’orgoglio dei suoi abitanti.
Il restauro del capolavoro voluto da Francesca Bazoli è durato due anni
«Abbiamo fatto diventare Brescia la città d’arte che non sapeva di essere» spiega Francesca Bazoli, presidente di Fondazione Brescia Musei al secondo mandato. «Era il 2020, era tempo per questo capolavoro di tornare a splendere. Il restauro all’Opificio delle pietre dure di Firenze, durato 2 anni, era appena terminato. Ho chiamato i miei tre consiglieri di fiducia: “Voglio il migliore, pensate al più grande architetto per realizzare un vero e proprio tempio per lei, per questa statua in bronzo dell’arte romana, icona femminile di coraggio e bellezza”. Era arrivato il momento di toglierla dalla stanza anonima dove era conservata e riportarla all’antico splendore» ricorda.
A Brescia è arrivato un grande progettista spagnolo
Il nome scelto è Juan Navarro Baldeweg, architetto e scultore spagnolo, tra i maggiori progettisti del mondo. Il risultato è quello sperato: «Vederlo lavorare è stato incredibile, il giorno stesso che ha visto lo spazio che gli abbiamo proposto, Baldeweg è tornato a casa pieno di ispirazione e di idee. Aveva già tutto in testa, ed era perfetto: è riuscito a creare un luogo poetico e teatrale che ha commosso tutti, anche il Presidente Mattarella, venuto per l’inaugurazione subito dopo il Covid. Noi conosciamo fin troppo bene i danni che la pandemia ha lasciato, Brescia aveva bisogno di un simbolo forte a cui tornare a guardare. Vedere il Capo dello Stato parlare di ripartenza, con accanto la figura imponente femminile della Vittoria, è stato un momento emblematico. Non solo per noi, ma per tutta l’Italia».
Il restauro è servito a dare nuova luce e visibilità a Brescia
«Di cosa vivono gli uomini?» chiede Tolstoj. Incontrando Francesca Bazoli verrebbe da dire di arte e della passione che ci mette, se non fosse che è anche presidente di Banca Guber, tra le pochissime, quattro in tutto, a ricoprire questo ruolo in Italia. Due mondi che non solo si parlano ma che, con lei alla guida, sembrano andare molto d’accordo, facendo sembrare tutto facile come quando guardi un bravo giocoliere e ti viene da pensare: che ci vuole? L’ambizione di restituire consapevolezza alla sua città è diventata realtà in un continuo dialogo tra istituzioni e privati, tra partnership e collaborazioni in cui il bello vince sempre «perché gli imprenditori fieri della propria terra sono anche più contenti di mostrare le loro origini ai clienti».
Grazie anche al lavoro fatto da Francesca Bazoli Brescia è Patrimonio dell’Umanità
Grazie a lei Brescia ha cambiato faccia: non più solo provincia laboriosa, ma città bella, così attraente da trasformarsi in una destinazione artistica inserita nei Patrimoni dell’Umanità dell’Unesco. Figlia della migliore borghesia cattolica, avvocata, Francesca Bazoli può vantare avi che hanno riempito pagine di storia. Il bisnonno è stato tra i fondatori del Partito popolare italiano con don Luigi Sturzo. Il nonno Stefano, a cui Francesca da bambina leggeva le pagine di Manzoni, aprì lo studio di avvocato con Lodovico Montini, il fratello del futuro Papa Paolo VI. Il padre, Giovanni Bazoli, oggi 92enne, è il cavaliere bianco della finanza, il banchiere umanista. Francesca ne ha seguito diligentemente le orme, prima diventando avvocato cassazionista, poi entrando nel mondo della finanza e in quello dell’arte.
Per Francesca Bazoli la nonna è stata di straordinaria ispirazione
Ma se di un modello deve parlare, qualcuno a cui ispirarsi, allora pensa a una donna straordinaria e forte, che le ha riempito la vita pur non avendola mai conosciuta. «Mia nonna, la mamma di mio padre, è la mia guida. Morì, lasciando i suoi due figli piccoli, dopo essersi punta il volto con la spina di una rosa. Una morte atroce, quando ancora non c’era la penicillina. Un animo e una guida che non ci ha mai abbandonato. Il nonno rimase straziato per questa perdita e non si sposò mai più. Scrisse di getto un diario, una settimana dopo la morte dell’amatissima moglie: un testamento per i figli in ricordo della loro mamma. Noi bambini sapevamo dell’esistenza di questo diario, custodito come una reliquia in un cassetto in camera da letto, ma a tutti noi era vietato anche solo avvicinarci. Qualche anno fa sono riuscita a convincere mio padre a renderlo pubblico, pur essendo lui e tutta la mia famiglia notoriamente riservatissimi. Ma andava pubblicato, perché è una testimonianza d’amore e di fede straordinaria: è diventato un libro che si intitola Vivrò (edito da Morcelliana, ndr)».
Francesca Bazoli è a capo anche di Banca Guber a Brescia
In una delle sue rare interviste Giovanni Bazoli ha spiegato: «Sono un banchiere per caso che ha cercato di operare per il bene comune». Un insegnamento che la figlia mette in pratica con Banca Guber, realtà di Brescia che ha iniziato operando nel settore dei crediti deteriorati per poi diventare anche un istituto di credito che aiuta e sostiene le imprese locali, anche quando si tratta di imprenditori in difficoltà che hanno bisogno di una mano per tornare ad essere competitivi. «Salvaguardare le aziende significa garantire una rete virtuosa su tutto il territorio e la Banca in questo può essere decisiva. Parte del mio lavoro è proprio tenere saldo il legame con la nostra terra, perché sono, sì, importanti la tecnologia e la globalizzazione, ma non si può mai prescindere dal valore della relazione umana».
Francesca Bazoli ha fatto venire a Brescia un vero archistar
Gli esseri umani al primo posto, come recita lo slogan, ma collegati alle loro radici e al loro passato. Davanti a lei c’è il teatro romano, costruito tra il 79 e l’81 d.C. Gli scavi hanno portato alla luce un luogo straordinario e sul progetto sta lavorando l’archistar inglese David Chipperfield, chiamato dal Comune di Brescia, Fondazione Brescia Musei e Camera di Commercio per la riqualificazione. L’idea è quella di restituirgli nuova vita, per tornare ad essere protagonista della città. Gli occhi di Francesca Bazoli ricominciano a brillare. «Non è un posto meraviglioso?». Si immagina già le luci, il pubblico una sera d’estate. Brescia è lì, splendente e vittoriosa.