Un tuffo nel futuro, fra Big Tech potentissime, centri commerciali giganteschi, il Pianeta che sta collassando per il cambiamento climatico e una Intelligenza Artificiale capace di prevedere con 10 giorni di anticipo quando avverrà. La scrittrice Naomi Alderman è a suo agio in questo mondo e per raccontarlo, con la sua visione e le sue speranze, ha appena pubblicato Il futuro (Feltrinelli). Un romanzo in cui si muovono due donne speciali: Lai Zhen, giovane esperta di tecniche di survivalismo sopravvissuta al crollo di Hong Kong, e Martha Einkorn, assistente dell’amministratore delegato del più grande social network globale (come dire: una hacker e il braccio destro di Mark Zuckerberg). Donne che si amano e, insieme a un piccolo gruppo di outsider, proveranno a cambiare le cose. Per Alderman non è una novità: nel 2017 aveva già pubblicato Ragazze elettriche, in Italia per Nottetempo, grande successo editoriale – era fra i libri preferiti di Barack Obama – diventato poi anche una serie tv su Prime Video, dove immaginava un ipotetico futuro in cui le giovani prendevano il potere, il titolo originale inglese è appunto The Power, e addio patriarcato.
Naomi Alderman parla di Intelligenza Artificiale e cambiamento climatico
Tra distopia, fantascienza e femminismo questa autrice inglese di 49 anni, cresciuta in una famiglia ebrea ortodossa e poi diventata anche autrice di videogiochi, ci insegna che ribellarsi al sistema si può, e ci mette in guardia sulle possibili conseguenze di un futuro in cui in realtà siamo già immersi. Un libro perfetto per questi giorni in cui si parla tanto di Intelligenza Artificiale, delle catastrofi innescate dal cambiamento climatico, dell’ansia prodotta dalle tecnologie e dell’alienazione delle nostre giornate dominate dagli algoritmi. «Ho cercato di mettere insieme un po’ di intelligenza e di speranza» racconta Naomi Alderman, atterrata a Milano per raccontare il nuovo romanzo. «Non è una distopia (una previsione del futuro altamente negativa, ndr) e non capisco perché la gente continui a chiamarmi scrittrice distopica: io in realtà ho uno sguardo ottimista, scrivo di come le cose si possano cambiare. Ragazze elettriche, per esempio, non era una distopia per le donne, casomai per gli uomini. Direi, invece, che viviamo in una distopia proprio ora. Non mi fraintenda: il mio romanzo non è un’utopia, ma spiega come le cose potrebbero essere organizzate in modo diverso. Parlo di tecnologie, come la tuta di sopravvivenza che ti permette di vivere nella giungla, che già esistono o che stanno per essere sviluppate. Basti pensare a quanto sono sofisticate, già ora, le app del cellulare che ti permettono di riconoscere le piante o il richiamo degli uccelli… La differenza fra la fantascienza e la realtà dipende dal nome che diamo alle cose. Oggi abbiamo un programma tv che si chiama Grande Fratello, il cui titolo viene dal romanzo di George Orwell – 1984 – e che si basa su gente che compete sullo schermo per guadagnare soldi: ha un nome da fantascienza, ma è la realtà in cui già viviamo».
Naomi Alderman scrive di donne forti che cambiano le cose
Crede che chi leggerà il suo romanzo aprirà gli occhi?
«Lo spero. Ho incontrato molte lettrici di Ragazze elettriche che mi hanno detto che il libro ha cambiato il modo in cui pensavano a se stesse e al mondo. Così ho capito che potevo lavorare su altri pensieri esplosivi: quanta parte del mondo è ancora possibile cambiare? Quanto si può ancora salvare? Quanto ancora celebrare? C’è tanta eccitazione in questi anni attorno all’industria tecnologica. Ieri erano le criptovalute, oggi è l’Intelligenza Artificiale: sono “macchine” sforna-soldi per le aziende tecnologiche. Il mio scopo è smontare un po’ questa hype (montatura, appunto). Ci sono 3 pagine, nel libro, in cui spiego come funziona l’Intelligenza Artificiale. Spero che il lettore che non è così ferrato, dopo averle lette, dica: “Ah, è questa cosa qui?”. Non è una magia».
Come in Ragazze elettriche, anche in Il futuro le protagoniste sono donne forti, intraprendenti, che cambiano le cose. E che fanno paura.
«La definizione di donna nella nostra cultura include il fatto di essere vulnerabile e timorosa. Puoi essere coraggiosa, ma mai quanto un uomo. Dal femminismo degli anni ’70 in poi abbiamo cominciato a dire quello che proviamo, come soffriamo, cosa ci fa paura. C’è stata una rivoluzione, che però non ha cambiato la definizione di ciò che è una donna nella nostra cultura. Per gli uomini, la vera rivoluzione è dire che stanno male, che soffrono e che si sentono soli. Non bisogna essere forti a tutti i costi, sia uomini sia donne: entrambi possiamo cadere a pezzi. Alle mie protagoniste succede».
Parliamo di loro: Lai Zhen e Martha Einkorn. Una è una nerd che un po’ ricorda le sue origini, l’altra è una donna di successo come lei ora.
«Tutti i miei personaggi sono una parte di me. Martha è nata dopo una ricerca che ho fatto per capire chi fossero le executive assistant della Silicon Valley: sono tutte donne vicinissime al potere e ai soldi. Non hanno mai rilasciato un’intervista, ero affascinata. Ho parlato con alcune persone della Silicon Valley e ho scoperto che la maggior parte di loro ha in comune il fatto di essere stata parte di una setta, come gli enochiti di cui racconto nel romanzo. Ho trovato delle affinità con la comunità ebrea ortodossa in cui sono cresciuta. C’è molto di me in Martha, c’è l’esigenza di capire come esprimere se stessi quando vivi dentro una cultura così limitante. E poi ho lavorato per delle start up, so come è fatto quel mondo. Per quanto riguarda Zhen, la famiglia del partner con cui ho costruito dei giochi veniva da Hong Kong, conoscevo bene la città, i suoi pericoli. Insomma: è come se avessi scritto una storia ebrea che ha luogo a Hong Kong. Zhen è sempre sul punto di scappare e si domanda come fare a sopravvivere: è il trauma che si porta dietro ogni ebreo».
Naomi Alderman conosce bene i problemi che può creare l’industriatech
Domande che sono ancora oggi drammaticamente attuali.
«Sì, ai tempi dell’elezione di Donald Trump alcuni miei amici americani si sono chiesti: me ne vado, ma dove posso sentirmi al sicuro? Questa è oggi la priorità dell’uomo: cercare di sopravvivere».
Questo romanzo è un’evoluzione rispetto a Ragazze elettriche?
«Credo di sì, con Ragazze elettriche ho iniziato a immaginare che il mondo fosse differente, era come una lunga conversazione con me stessa. Sapevo che introdurre ancora più violenza nel mondo non l’avrebbe reso migliore. Però era divertente, e dava un senso di soddisfazione mostrare i muscoli. Ho lavorato nell’industria tech per molti anni, costruivamo prodotti solo per fare soldi, senza curarci delle persone: credo che Il futuro sia l’accumulo di tutto questo tempo trascorso in quell’ambiente con la consapevolezza di quali problemi crei».