Ci sono certe vite che somigliano a un film. Una di queste è quella di Nice Nailantei Leng’ete: 32 anni, attivista e ambasciatrice di Amref, la più grande organizzazione che offre supporto alle popolazioni africane, Nice lotta per fermare le mutilazioni genitali femminili e i matrimoni precoci. Quando la incontro, durante un dibattito organizzato dalla ong a Milano con l’imprenditrice Lara Ponti, non posso fare a meno di rimanere colpita. Tutto è magnetico in lei, dagli occhi profondi all’orgoglio con cui indossa gli abiti del suo popolo, i Masai. Fino alla prima frase che mi dice stringendomi le mani: «La violenza di genere si combatte solo aiutando le bambine a emanciparsi».
Da bambina è sconvolta quando vede le cugine sottoposte all’infibulazione
La scena iniziale del film di Nice è un ricordo emozionato. «Sono cresciuta in Kenya, alle pendici del Monte Kilimanjaro. Ho ricordi fantastici, dall’amore dei miei genitori ai tramonti trascorsi ad ammirare leoni e zebre. Come ogni bambino della comunità, avevo dei compiti: raccogliere l’acqua e la legna, badare al bestiame. Dopo averli svolti, andavo a scuola. La vita in comunità è speciale: se non c’è cibo in casa tua, puoi andare dal vicino sapendo che ti aiuterà, ma, se sbagli, quello stesso vicino potrà punirti, come se fossi figlio suo». C’è un ricordo, più forte di tutti, che segna l’inizio dell’impegno di Nice. «Un giorno mia mamma portò me e mia sorella a vedere il rito di infibulazione di alcune cugine per prepararci a quando sarebbe toccato a noi. La sveglia alle 4 del mattino, un bagno gelato per anestetizzare il corpo e poi la cerimonia che, per tante comunità africane, significa purificazione e ingresso nella vita adulta. Sono rimasta sconvolta dal sangue, ma anche da un altro aspetto: dopo il rito quelle bambine non sono più venute a scuola, si sono sposate e sono diventate mamme. Alcune sono addirittura morte…».
Sua sorella fugge ma poi subisce la mutilazione genitale
Nice compie 7 anni, il destino le porta via i genitori. Viene accolta dal nonno che, un giorno, le dice: «È arrivato il momento. Nice e la sorella maggiore fuggono, si nascondono in una comunità vicina, ma il nonno le trova. «Gli ho urlato che sarei scappata di nuovo e, piuttosto, sarei morta. Ho tentato di convincere mia sorella a fuggire ancora, però lei non aveva più la forza, era rassegnata». Mentre sua sorella viene sottoposta alla mutilazione, Nice se ne va. «Ma in quel momento capii che non potevo nascondermi per sempre. Non avevo salvato mia sorella, ma avrei aiutato le altre. Sono tornata fra le braccia di mio nonno e, in lacrime, gli ho spiegato le mie idee: volevo studiare, scegliere la direzione da dare alla mia vita. Lui mi ha ascoltato e ha accettato». Nice diventa “la strana”, la reietta del villaggio. Eppure non si perde d’animo e comincia a discutere non solo con le ragazzine ma anche con i vecchi della comunità, a cui racconta i rischi delle mutilazioni genitali. Anno dopo anno, si trasforma in un esempio: studia, va all’università, per lei c’è un futuro migliore e tante vogliono imitarla.
Nice Leng’ete: contro l’infibulazione servono dialogo e ascolto
In questo cammino trova un alleato speciale, Amref, con cui lavora da 10 anni. «Abbiamo già salvato dall’infibulazione 21.000 bambine. La parola d’ordine? Pazienza. Quella africana è una cultura profondamente radicata, non basta un giorno per cambiarla. Servono il dialogo e l’ascolto. Lo scontro è controproducente, anche perché tanti valori vanno salvati, dal rispetto per gli anziani all’immensa generosità. Allora devi spiegare che esiste un’alternativa a questo rito di passaggio verso l’età adulta e si chiama istruzione. Intanto pianti dei semi su questioni fondamentali come la sessualità, la riproduzione, il diritto all’emancipazione. Non puoi trascurare, per esempio, il fatto che le donne che eseguono l’infibulazione ricevono un compenso e quindi devi offrire loro una buona alternativa lavorativa. Per fortuna, le leggi ci stanno dando una mano: in Kenya adesso sono previste pene severe per chi compie la mutilazione genitale». È un lavorio senza sosta, quello di Nice, dove le soddisfazioni spesso si intrecciano alle difficoltà. «Ancora oggi oltre 3 milioni di ragazze africane sono a rischio di mutilazione genitale. Quando vado di villaggio in villaggio e vedo bambine che si stanno sposando o che rischiano la vita per un’infezione legata all’infibulazione, penso che sia tutto vano. Ma poi mi vengono incontro altre ragazzine che sventolano orgogliose i quaderni con i compiti o il loro diploma, e allora mi ripeto che siamo sulla strada giusta».
L’infibulazioene è un problema anche in Europa e in Italia
Oltre a dialogare quotidianamente con le comunità locali, Nice ha creato la Nice Place Foundation. «Prima di tutto è una casa di rifugio nel distretto di Kajiado, in Kenya, dove accogliamo una settantina di ragazzine vittime di mutilazioni e violenze. Poi abbiamo la nostra Academy, che coinvolge centinaia di ragazze a cui proponiamo corsi di informatica e di leadership. Sono gli strumenti per emanciparsi e sognare di diventare qualsiasi cosa vogliano: una dottoressa, un’avvocata o la futura presidente del Kenya». L’infibulazione non riguarda solo l’Africa, ma anche l’Europa, Italia compresa, perché tanti immigrati perpetuano questa inquietante tradizione. Le cifre parlano di 80.000 under 14 che subiscono questa violenza nella Ue, ma potrebbe esserci un vasto sommerso di storie non denunciate. «È un problema globale, che va affrontato ovunque. Con Amref organizziamo parecchie iniziative anche nel vostro Paese. Per esempio, incontriamo le giovani afrodiscendenti e proponiamo percorsi di educazione e ascolto nelle scuole. Agiamo molto anche con gli operatori sanitari, che vanno formati per affrontare il problema con tatto e con gli strumenti giusti. Per parlare di educazione sessuale a queste adolescenti e alle loro famiglie bisogna conoscere la loro cultura e usare termini appropriati e mirati». Nice sorride e mi stringe di nuovo le mani. «L’alleanza tra donne è un’altra arma potente: se una si sente forte e indipendente, trascina con sé tutte le altre. Ecco perché continuo: il mio sogno è sradicare questo fenomeno entro il 2030. Un mio desiderio personale? Lo sto per realizzare: nel 2021 ho scritto un libro sulla mia storia (si intitola Sangue e in Italia è uscito per Piemme, ndr) e ora una casa di produzione cinematografica mi ha contattata». L’avevamo detto che la vita di Nice somiglia a un film…