Si dice che i giovani non si interessino più a nulla, tantomeno alla politica. Esiste un esempio che dimostra il contrario. Prime Minister, Primo/a ministro/a (perché il termine inglese vale per entrambi i generi, ndr) è una scuola di formazione all’impegno civico e politico gratuita, apartitica e, soprattutto, riservata a ragazze dai 14 ai 19 anni. Per due motivi: «Il primo: in Italia la rappresentanza femminile in politica è scarsa e occorre formare nuove leve. Il secondo: oltre a migliorare la parità di genere, ci proponiamo di aumentare il potere delle giovani generazioni» spiega Angela Laurenza, 36enne ingegnera di Caivano (Na), presidente di Prime Minister.

La scuola Prime Minister ribalta tanti stereotipi

Come è nata la scuola?

«È frutto dell’unione tra me, Eva Vittoria Cammerino, attivista politica, Denise Di Dio, funzionaria statale, e Florinda Saieva, cofondatrice di Farm Cultural Park (un parco culturale e turistico a Favara, in Sicilia). A febbraio 2019 abbiamo lanciato un progetto pilota di formazione per ragazze che si è svolto a Favara, seguito da una seconda edizione a Napoli. Estendendo le nostre scuole dal Sud al Nord, abbiamo voluto ribaltare gli stereotipi, perché spesso modelli di funzionamento o di comportamento nati nel Nord Italia sono poi imitati al Sud. Fare il contrario vuol dire invertire il giudizio comune. Altrettanto inusuale è scommettere sulle teenager. Eppure proprio l’adolescenza è una fase determinante della vita: quella in cui si compiono le prime scelte dal punto di vista personale e professionale. Ci piacerebbe che le ragazze la affrontassero consapevoli del proprio valore e libere dagli stereotipi su cosa sia fattibile per una donna».

Cosa insegnate?

«Alterniamo laboratori sulla democrazia o sull’Europa a workshop sul linguaggio sessista e sulla parità di genere. Facciamo approfondimenti sui diritti, ma anche sull’educazione sessuale e affettiva, e prepariamo incontri con testimonial e mentor. Aggiungiamo poi un’analisi delle difficoltà specifiche dei territori dove sorgono le scuole: in Basilicata lavoriamo sull’emigrazione forzata dei giovani che cercano un impiego, a Cuneo sono più sentiti i temi ambientali, legati alla trasformazione del paesaggio locale. Favoriamo il dialogo, spronando le ragazze a fare domande ed esprimere punti di vista». 

Nella scuola Prime Minister le ragazze diventano cittadine attive

Studentesse di Prime Minister durante un laboratorio. È prevista una lezione al mese, di sabato, per 9 mesi consecutivi, in strutture extrascolastiche. La partecipazione è gratuita. Informazioni e iscrizioni su primeminister.it.

Sono tutti insegnamenti teorici?

«No, incoraggiamo le adolescenti a diventare cittadine attive. Nei mesi del percorso, sono accompagnate nello sviluppo di un progetto che rispecchi i valori che ciascuna intende diffondere. L’anno scorso alcune studentesse si sono confrontate con un gruppo di deputati e sono riuscite a far presentare una proposta di legge sui programmi scolastici. Altre hanno curato una mostra fotografica contro gli stereotipi di genere, promosso azioni di sensibilizzazione sui danni del fast fashion, realizzato un podcast sui disturbi alimentari. Lo sviluppo di competenze da leader delle nostre ragazze stimola a cascata la crescita di altre. Quasi tutte, al termine del percorso con noi, rimangono per contribuire come volontarie, aiutando altre adolescenti a impegnarsi nelle battaglie in cui credono. Questo è anche il motivo per cui io stessa mi adopero per la scuola: dare alle adolescenti il supporto che avrei voluto ricevere io alla loro età». 

Lei quali difficoltà ha avuto?

«Tutte quelle che può incontrare una ragazza del Sud che si è allontanata per studiare Stem a Torino e New York ma poi è rientrata a casa. Vorrei evitare alle adolescenti di qui di scontare la mancanza di strutture e opportunità rispetto al Nord e l’antimeridionalismo: tuttora molti ragazzi del Sud Italia si sentono integrati nell’Unione europea, ma discriminati nel loro Paese».

Tanti giovani hanno appena votato per la prima volta alle elezioni europee.

«Ho apprezzato il fatto che sia stata data ai fuorisede la possibilità di votare. I giovani hanno privilegiato una direzione opposta al partito di maggioranza. Credo che questo indichi che i ragazzi non sentono rispettati oggi i valori per loro prioritari: lavoro, inclusività, autodeterminazione delle donne».

La politica deve tenere conto degli interessi dei giovani

Ha osservato qualche mutamento nelle ragazze da quando avete fondato la scuola a ora?

«Ricordo che nel 2019 cercavamo tra loro delle rappresentanti di istituto, senza mai trovarne. Oggi invece molte nostre allieve non temono di assumere il ruolo di guida: mobilitano le compagne di scuola per formare associazioni studentesche o creano comitati in località con poco attivismo. A Napoli alcune ex allieve sono entrate nella lista di candidati per il Forum giovani del Comune. Peccato però che, se le ragazze stanno cambiando, i partiti non facciano altrettanto. C’è ancora tanta strada da fare perché tutti gli schieramenti sviluppino sezioni giovanili in cui coltivare candidati preparati, che rappresentino il punto di vista dei ragazzi. Nella scuola di Napoli si sta proprio immaginando come potrebbero essere i programmi elettorali per le prossime consultazioni europee se fossero scritti dalle adolescenti. Invece gli interessi dei giovani sono generalmente assenti nei programmi dei vari candidati, che appartengono a una classe dirigente matura e attenta solo all’elettorato più adulto». 

Oggi in Italia abbiamo per la prima volta una presidente del Consiglio. Prime Minister mira ad averne altre o non si pone il problema del genere?

«L’ideale sarebbe raggiungere una tale parità da non vedere più una donna al potere come un caso che fa storia. Purtroppo temo che servirà ben più di un decennio per arrivarci, come pure per formulare leggi che tengano conto delle esigenze dei giovani. Ma il compito di una classe dirigente, oltre che gestire l’esistente, è anche immaginare e preparare un futuro migliore per i nostri figli. Le adolescenti vedono le ragazze più grandi faticare a trovare un lavoro pagato quanto quello del collega maschio o essere costrette a scegliere tra la famiglia e la carriera. Non vogliono ritrovarsi tra 5 anni a vivere la stessa impasse e temono che, se non non riescono da subito a far sentire la loro voce, finiranno schiacciate dai tempi lunghi della politica. Il domani delle donne va costruito già oggi. Noi pensiamo che le giovani possano diventare agenti del cambiamento nelle scuole, nelle comunità, nelle città. Prime Minister è un modo per non lasciarle sole».