Michela Conti, 34 anni, è la cofondatrice di Ugo, società che offre servizi di “assistenza leggera” per anziani.
Come è nata l’idea di Ugo?
«Mentre ero art director in un’agenzia milanese ho iniziato a lavorare a un progetto con un gruppo di amici ingegneri gestionali. Davo una mano sul marketing. Un paio d’anni dopo io e Francesca, cofondatrice di Ugo, abbiamo intercettato nell’area dei servizi assistenziali un bisogno a cui nessuno rispondeva e là abbiamo dirottato il nostro progetto».
Quale area?
«Tra chi gode di autosufficienza e chi soffre di gravi limitazioni che richiedono un’assistenza continua, esiste una gigantesca area scoperta, costituita da persone anziane con figli lontani, da persone più giovani bisognose di aiuto dopo la chemioterapia, da chi convive con patologie croniche o con una forma di disabilità».
La società cofondata da Michela Conti offre servizi per anziani come accompagnamento e compagnia
Che servizi offrite?
«Quelli che definiamo di “assistenza leggera”: accompagnamento, compagnia, che può prevedere la condivisione di attività ludiche o di stimolo cognitivo, e la spesa, il tutto fornito da circa 400 operatori selezionati e formati da noi».
Qual è il servizio per anziani più richiesto?
«Il cosiddetto “affiancamento protetto”. Non è trasporto, non è taxi, non è badante. L’operatore Ugo ti chiama per conoscerti, ti aiuta a vestirti, ti accompagna in ospedale a piedi, con i mezzi o in auto, fa l’accettazione, ti riporta a casa. Dialoga coi familiari. Il servizio è sicuro, viene tracciato e chiediamo una recensione all’utente».
Quante persone hanno usufruito di Ugo finora?
«Dal 2018 abbiamo erogato circa 100.000 servizi a 20.000 famiglie. Durante la pandemia abbiamo supportato il territorio e i Comuni consegnando gratis migliaia di spese, ricette, tamponi, per aiutare le persone e dare lavoro agli operatori».
Michela Conti vuole fornire i suoi servizi anche come welfare ai lavoratori caregiver
Che costi avete?
«15 euro l’ora, più 0,50 euro di rimborso chilometrico se l’operatore usa la sua auto».
Ora lavorate a Milano, Bologna, Firenze, Genova, Padova e in altre città ancora. Dove vi estenderete?
«Abbiamo validato il modello per coprire in futuro il territorio nazionale: i processi funzionano. La sfida di oggi è consolidare la collaborazione con enti privati e pubblici e rendere il servizio più accessibile. L’ambito assicurativo e il welfare aziendale hanno un potenziale enorme. Anche il sanitario, il farmaceutico e il terzo settore. Il mercato è complesso per fattori strutturali e culturali. Il caregiver familiare fatica a delegare il ruolo di cura perché si sente in colpa. I lavoratori-caregiver, temendo di subire discriminazioni, raramente esternano le difficoltà e le aziende non hanno una corretta percezione del problema. Sul fatto che il bisogno esista quindi non abbiamo dubbi e la prima cosa che gli utenti ci dicono è: “Se vi avessi conosciuto prima!”».
Gioia Lucarini ha cofondato una società che realizza dispositivi medici
Gioia Lucarini 39 anni è Ceo e cofondatrice di Relief, start up che realizza dispositivi medici contro l’incontinenza.
Come ha fondato la sua start up?
«Relief è il frutto di uno straordinario lavoro di team. Io ho una laurea in Ingegneria biomedica e un dottorato in Biorobotica alla Scuola Sant’Anna di Pisa, durante il quale ho passato un anno alla Harvard medical school di Boston. Poi sono diventata ricercatrice, sempre a Pisa, finché ho vinto un concorso per diventare assistant professor in Francia, ma allora ho capito che fare l’imprenditrice mi avrebbe dato qualcosa che ancora mi mancava».
Che cosa?
«La ricerca mi piaceva molto, ma il suo risultato si fermava alla pubblicazione dello studio. Invece volevo arrivare al letto del paziente e vedere in concreto l’impatto di quello che facevo. Però vorrei precisare una cosa: io non sono il genio del team. L’idea di un dispositivo contro l’incontinenza appartiene a Tommaso Mazzocchi, il co-founder di Relief, che ha ottenuto un primo brevetto quando ancora era uno studente. Io sono quella che mette concretamente le idee in pratica, si assicura che tutto venga concluso e va a cercare i finanziatori».
La società di Lucarini ha realizzato un dispositivo contro l’incontinenza
Però lei ha colto subito la validità dell’idea.
«Certo, i numeri colpiscono: almeno 1 donna su 3 e 1 uomo su 8 nel corso della loro vita si ritroveranno a soffrire di incontinenza. E con una popolazione sempre più anziana, pensiamo a quanti anni di imbarazzo e limitazione della propria libertà li aspettano».
Finora come si è cercato di risolvere il problema?
«Lo si è fatto con i pannoloni, che però non eliminano il cattivo odore e provocano piaghe da decubito negli anziani allettati. Esiste anche la soluzione chirurgica, che però parte dei pazienti non può affrontare perché aggraverebbe una condizione di salute delicata».
I test fatti con il dispositivo contro l’incontinenza danno buoni risultati
Relief invece cosa propone?
«Una sorta di valvolina, posizionata dove si trova lo sfintere, che il paziente apre e chiude da solo effettuando una leggera pressione, in modo da controllare la minzione. La sua inserzione avviene in ambulatorio con una sedazione locale. Niente tagli e niente infezioni, perché essendo un elemento tutto interno non vi è il passaggio di agenti patogeni dall’esterno».
Finora su quante persone l’avete testato?
«Abbiamo effettuato un test su 16 pazienti di cui 14 uomini e 2 donne. A breve ne effettueremo un secondo su 10 donne e 10 uomini in collaborazione con l’ospedale Niguarda. Nel frattempo stiamo ottenendo la marcatura FDA e CE per venderlo negli Usa e poi in Europa, dove contiamo di arrivare nel 2030».
Sarà un prodotto costoso, solo per ricchi?
«No e noi speriamo che, data la vastità del problema, la nostra soluzione venga coperta dal Servizio sanitario nazionale. Il dispositivo, incluso l’intervento ambulatoriale per inserirlo, costa 1.500 euro, e va cambiato una volta l’anno. Un intervento chirurgico per risolvere l’incontinenza ne costa circa 12.000».
Dovete però convincere anche i pazienti.
«Non sarà difficile: l’incontinenza costringe le persone in casa e le fa vergognare di sé. Ai pazienti cui abbiamo impiantato UroRelief, dopo 3 mesi, cioè il tempo massimo concesso per la sperimentazione, abbiamo dovuto mandare una lettera dei nostri legali per essere certi che si presentassero all’espianto. Molti volevano tenerselo».
Michela Conti e Gioia Lucarini sono tra le finaliste del Premio Gamma Donna
Il Premio Gamma Donna dal 2004 valorizza l’iniziativa imprenditoriale femminile innovativa per ridurre il gender gap in campo socio-economico (www.gammadonna.it). La finale di quest’anno si svolgerà il 4 novembre a Torino. Le 6 finaliste, tra cui Michela Conti e Gioia Lucarini, hanno fatto della sostenibilità e dell’innovazione tecnologica i valori portanti della propria visione aziendale.