8 febbraio 2022. Giochi Olimpici Invernali di Pechino. Finale del doppio misto di curling. Ultimo tiro. Lei ha gli occhi puntati sui 40 metri di ghiaccio davanti a sé. Fa un respiro, scivola sulle gambe, con la mano destra lascia andare il sasso da 20 chili. Il suo compagno di squadra spazza la pista per accompagnarlo a colpire i due degli avversari al centro del bersaglio. Bam… E ne resta solo uno: quello italiano. Oro! Stefania Constantini in coppia con Amos Mosaner, battendo la Norvegia, conquista la prima medaglia olimpica azzurra nel curling – per giunta la più preziosa – ed entra nella storia. «Immenso. Indelebile. Indescrivibile»: così racconta su Instagram quell’8 febbraio 2022. Il giorno che ha cambiato la sua vita, ma anche – «soprattutto» dice lei -il destino del curling in Italia. Uno sport che ricorda nella dinamica le bocce e nella strategia gli scacchi. «Prima quasi nessuno lo conosceva, ora tutti tifano per noi. E vengono a provarlo» sorride ai bordi della pista dello Stadio Olimpico del Ghiaccio di Cortina D’Ampezzo.
Stefania Constantini si allena a Cortina d’Ampezzo
La nostra intervista inizia di persona qui – dove lei si allena ogni giorno alle 10 e dove si terranno le gare di curling ai Giochi Olimpici e Paralimpici Invernali di Milano Cortina 2026 – e prosegue in videochiamata dal Canada, dove con la Nazionale femminile ha vinto il torneo Fall Classic e si prepara agli Europei in Scozia dal 18 al 25 novembre.
Ripartiamo dalla medaglia. Dov’è?
«A casa. L’ho sempre tenuta in camera, ora mi hanno convinta a metterla in cassaforte. Ma ogni volta che la prendo in mano sento il suo “peso specifico”: racchiude il sogno, e il lavoro, di tutta la mia vita. Di solito è il coronamento di una carriera, a me è successo il contrario, l’ho vinta a 22 anni. Non per questo mi considero “arrivata”, anzi voglio che sia un inizio. Ho tanti obiettivi».
Il bis a Milano Cortina 2026?
«Innanzitutto una medaglia agli Europei con la squadra femminile, dopo il quarto posto dell’anno scorso. Ci serve per qualificarci ai Mondiali di marzo, anche lì vogliamo salire sul podio. Poi, certo, i Giochi: per me sono due volte “in casa”, dato che abito a Cortina. Se c’è una cosa che dopo le Olimpiadi non è cambiata, è la motivazione: quell’oro mi spinge ogni giorno a dare ancora di più».
Cos’è cambiato, invece?
«L’entusiasmo della gente. La mia allenatrice Violetta Caldart, che partecipò a Torino 2006, mi ha raccontato che anche allora ci fu un boom ma poi l’interesse andò scemando. Adesso è ancora forte, e i tesserati aumentano (da circa 400 a quasi 500, ndr) . Vorrei che il movimento crescesse in tutta Italia. Ora, anche solo per provare, bisogna venire al Nord: Cortina, Cembra, Pinerolo… Le infrastrutture sono complesse e costose da gestire, e questo è un ostacolo, ma spero che i successi della Nazionale diano una spinta. E di fare la mia parte continuando a vincere».
Il curling è una passione che Stefania Constantini ha scoperto da bambina
E raccontando il bello del curling… Cosa l’ha fatta innamorare?
«Praticavo sci e nuoto. Poi, a 8 anni, ho conosciuto una bambina che giocava a curling. Sono andata, ed è scoccata la scintilla. Scivolare sul ghiaccio mi faceva sentire leggera, libera. Ancora oggi è così… Anche se sono freddolosa!».
È vero che già a 14 anni sognava i Giochi?
«Sì. Il coach mi chiese di scrivere il mio obiettivo sportivo su un foglio. Scrissi proprio così: atleta olimpica. Era la prima volta che davo un nome al mio sogno. Quante cose sono successe…».
Per molto tempo ha dovuto conciliare sport e lavoro.
«Dopo il diploma ho iniziato a fare la commessa in negozi di abbigliamento. Era difficile lavorare e insieme allenarmi e gareggiare: la preparazione in estate e i tornei in inverno coincidono con l’alta stagione del turismo a Cortina. Ma ho avuto capi comprensivi che mi facevano andare via quando dovevo. Li ringrazierò sempre: l’oro olimpico è anche merito loro».
Ringrazia sempre anche i suoi genitori.
«Sono stati fondamentali. Mi hanno sostenuto economicamente quando non riuscivo a trovare un impiego compatibile con lo sport. E, ancora più importante, mi hanno incoraggiata le tante volte in cui ero assalita da certi pensieri… Volevo che il curling diventasse il mio lavoro, ma più passava il tempo più sembrava impossibile. Loro mi ripetevano di aspettare, che sarebbe arrivato il bando per accedere a un Gruppo sportivo militare. Hanno avuto ragione. Proprio durante i Giochi di Pechino sono entrata nelle Fiamme Oro della Polizia di Stato. Oggi posso dedicarmi al 100% al curling. Anche se non riesco a chiamarlo lavoro, è la mia passione, ciò che mi rende felice».
È fidanzata con il giocatore di hockey Domenico Dalla Santa. Quanto aiuta avere un compagno atleta come lei?
«Tantissimo. È il primo a spronarmi, sa cosa dirmi quando una partita va male… E viceversa. Ci comprendiamo, penso sia la chiave della nostra relazione. Ci vediamo poco, questo sì, ma per fortuna esistono le videochiamate!».
Alla Stefania Constantini di 8 anni che scopriva il curling cosa direbbe oggi?
«Vivi il presente, e goditelo. Senza fissarti sul futuro o rimuginare sul passato. E fai tesoro di ogni momento, anche di quelli brutti: servono a crescere, forse più dei belli».
Quale brutto momento è servito a lei?
«Il torneo di qualificazione ai Giochi del 2018 con la Nazionale femminile. Eravamo favorite, ma abbiamo commesso alcuni errori nella gara decisiva e l’abbiamo lasciata andare. Ha fatto male…».
Come l’ha superata?
«Trasformando la delusione in motivazione. Mi sono detta: d’ora in poi non devi lasciar andare niente di niente, aggrappati a ogni occasione. Da quella sconfitta, credo, è nato l’oro di Pechino nel doppio misto».
Le piace di più lanciare il sasso o spazzare il ghiaccio?
«Il tiro, senz’altro. Nella squadra femminile è il mio ruolo: lancio e decido la strategia. Nel doppio misto ci alterniamo».
Per Stefania Constantini è cruciale la forza mentale
Quanto conta la preparazione atletica?
«Anche se dall’esterno non sembra, tanto. Io mi alleno tutti i giorni: sul ghiaccio la mattina, in palestra il pomeriggio. Ma è decisiva la forza mentale: le partite durano due ore, ai tornei ne giochiamo due al giorno, tutti i giorni per una settimana… Servono concentrazione, lucidità, costanza».
E l’istinto?
«Di mio, sono una giocatrice riflessiva. Con l’esperienza, però, mi sono resa conto che a volte pensare troppo ti fa sbagliare, devi lasciare spazio al feeling con il sasso e con il ghiaccio. Sto imparando a trovare un equilibrio. Il curling è come gli scacchi: la strategia di gara non si può studiare sui libri, si costruisce tiro dopo tiro».
Vorrebbe essere la portabandiera dell’Italia a Milano Cortina 2026?
«Ci sono atleti che lo meritano più di me. Ho vinto un’Olimpiade, sì, ma l’ho detto: sono solo all’inizio».