Dove abiti? Molto probabilmente in una strada o in una piazza che celebra uno scrittore, un personaggio, storico, un attore o uno scienziato. In Italia le strade intitolate a uomini sono in media il 40%, quelle in cui si ricorda una donna vanno invece dal 3 al 5%, in prevalenza sono madonne, sante o martiri.

Il censimento di Toponomastica femminile

Lo dice il censimento dell’associazione Toponomastica femminile cofondata nel 2012 dalla marchigiana Barbara Belotti, 67 anni, storica dell’arte, ex insegnante di liceo a Roma e nipote della celebre pedagogista Elena Gianini Belotti, autrice del bestseller degli anni ’70 Dalla parte delle bambine.

Barbara Belotti, cofondatrice dell’associazione Toponomastica femminile

Toponomastica femminile: il contributo delle donne non è riconosciuto

«Le targhe sulle vie sono un libro di storia a cielo aperto: se le intitoliamo a personaggi femminili, possono ridare il giusto peso al loro contributo nel mondo» precisa la docente in pensione, che sarà tra gli ospiti del festival Internazionale a Ferrara. «Rimuovere le donne dalle nostre città è come dire che non abbiano mai scritto, inventato, creato, scoperto, quasi fossero state ferme per secoli, immobili all’interno degli ambienti familiari. Invece la presenza c’è stata in tutti i campi ma, volutamente, non è stata riconosciuta».

Come ha cominciato ad appassionarsi alla toponomastica femminile?

«Grazie all’amica e collega Maria Pia Ercolini, oggi presidente dell’associazione, che nel gennaio 2012 stava facendo un itinerario romano con la sua classe ed è rimasta colpita dall’osservazione di una studentessa: “Prof, ma qui sono tutti uomini!”. A quel punto le si è aperto un mondo: nessuno aveva mai fatto un censimento dei nomi delle vie e mi ha coinvolta nel progetto. Non sapevamo nulla di toponomastica, però abbiamo creato un gruppo su Facebook e nel giro di poco tempo c’è stato grande riscontro a partire dal mondo della scuola. Oggi lavoriamo soprattutto con le istituzioni».

Toponomastica femminile: le donne famose a cui bisognerebbe dare visibilità

La scrittrice Grazia Deledda, una delle poche italiane a cui siano state intitolate delle vie.

Secondo un’analisi della piattaforma Mapping Diversity, il nome più ricorrente nelle strade d’Europa, dopo Maria e Sant’Anna, è Marie Curie. Lei a quali altre donne darebbe visibilità?

«Pensi che in Italia il nome della scienziata viene pure omesso e ricorre più spesso solo “via dei Curie” per includere anche il marito Pierre… Negli ultimi anni si sono comunque fatti molti passi in avanti e tra le nuove intitolazioni ci sono, per esempio, la giornalista Ilaria Alpi, la politica Nilde Iotti, la premio Nobel per la Medicina Rita Levi Montalcini. Cominciano a essere ricordate anche alcune sportive, come Alfonsina Strada e Ondina Valla. Credo che sia doveroso anche menzionare le 21 Madri costituenti che parteciparono alla stesura della Carta costituzionale: purtroppo, sono ancora poco note e il loro contributo è sempre oscurato da quello dei colleghi Padri».

Per poter intitolare una strada a qualcuno devono essere passati 10 anni dalla sua morte

Negli ultimi anni alcune strade sono state intitolate alla politica Nilde Iotti.

Le vengono in mente anche altri nomi più attuali?

«Mi piacerebbe vedere una targa dedicata a Monica Vitti: è scomparsa però da troppo poco tempo e per legge devono essere passati 10 anni. In ogni caso le strade intitolate alle donne di spettacolo abbondano perché sono figure meno complicate e “scivolose” di quelle politiche, sempre soggette al clima del momento. Sono ancora poche anche le scienziate, le economiste, le ingegnere. Includere nella nuova toponomastica solo nomi attuali, però, rischia di escludere tutti i modelli virtuosi precedenti e dimenticati. Nelle mie ricerche ho scoperto che alla fabbrica di San Pietro, dal ’500 in poi, hanno lavorato tantissime artiste artigiane, eppure di loro non si sa niente».

Toponomastica femminile: ogni città ha tanti luoghi da poter intitolare alle donne

Sarebbe possibile, dal lato pratico, sostituire le strade intitolate a uomini con nomi femminili?

«Non è cancellando che rendiamo memoria e giustizia alle donne. Oltretutto i disagi per un eventuale cambio di indirizzo ricadrebbero sulle spalle dei residenti. Credo che le città abbiano tanti luoghi da dedicare alle donne: parchi, giardini, rotatorie, ciclovie, biblioteche… Il divario tra strade maschili e femminili è talmente enorme che non basterebbero i prossimi secoli per colmarlo. C’è spazio però per gesti simbolici come a Torino, dove il Comune ha stabilito che a ogni gruppo di intitolazioni maschili debbano corrispondere intitolazioni femminili, superiori almeno di un’unità. Siamo anche dubbiose sulle nomine “emotive” in memoria delle vittime di femminicidio, che non offrono alle ragazze ali con cui volare verso la vita futura e non spiegano il valore dell’agire, ma del subire. Invece di una toponomastica del martirio abbiamo suggerito di ricordare le vittime con la piantumazione di alberi da frutto, forme di vita nuova che simbolicamente richiamino alla mente le donne strappate all’esistenza e alle comunità».

L’associazione di Barbara Belotti lavora con i Comuni e nelle scuole

Quali proposte concrete state portando avanti come associazione?

«Una delle nostre prime azioni è stata la campagna “8 marzo 3 donne, 3 strade” rivolta ai Comuni italiani affinché intitolassero 3 aree pubbliche a figure femminili. Lavoriamo anche nelle scuole con il concorso nazionale “Sulle vie della parità” e facciamo consulenze agli enti che richiedono suggerimenti. C’è anche un problema di linguaggio: avvocatesse, magistrate, politiche sono ancora designate al maschile. Abbiamo notato che c’è una resistenza a declinare al femminile i ruoli apicali, penso a Palma Bucarelli che ha una strada intitolata a Roma di fronte alla Galleria nazionale d’arte moderna: di professione è “storica dell’arte”, ma poi diventa “direttore del museo”. Un’evidente incongruenza».

Lei è nipote di Elena Gianini Belotti: che ricordi ha di lei?

«Avevo 16 anni quando uscì Dalla parte delle bambine. Ho “divorato” tutto quello che era scritto in quelle pagine. Ricordo che venivo trascinata in discussioni coinvolgenti a scuola e dopo quei dibattiti scrivevo a Elena – mio fratello, e io l’abbiamo sempre e soltanto chiamata per nome, mai zia – per raccontarle tutto. Credo che lei si sia molto divertita per queste mie cronache e che le abbia apprezzate, perché alcuni anni fa mi ha riconsegnato le lettere, che aveva conservato per lungo tempo. E oggi le conservo io. Così come i ricordi più intimi e familiari».

Riproduzione riservata