«Ma dopo due giorni il richiamo della foresta cominciò a risuonare più imperioso che mai…» è il passaggio chiave del capolavoro di Jack London, pubblicato nel 1903. Per oltre un secolo queste parole hanno ispirato generazioni di romantici e ambientalisti ma sono state alfine travolte e sterilizzate dalla spinta industrializzatrice della società moderna. Eppure, c’è una donna che proprio intorno a queste parole ha costruito una vita e una carriera eccezionali. Si chiama Valeria Barbi, oggi è una politologa, naturalista, esploratrice, scrittrice, ma ieri è stata una bambina che scappava a piedi scalzi nei boschi, proprio come il cane Buck del libro.

Valeria Barbi è laureata sia in Scienze diplomatiche sia in Scienze naturali

«Questo libro mi ha segnata profondamente (Valeria ne ha sempre con sé una copia e l’ha portata anche al Festival Cinema e Ambiente di Avezzano, dove l’abbiamo incontrata, ndr). Sono nata a Pordenone, ma sono sempre stata “selvaggia”, con un nonno naturalista amatoriale che mi ha trasferito la sua passione a suon di storie e racconti». Dopo la laurea in Scienze diplomatiche internazionali all’Università di Bologna, Valeria ha capito che per incidere sulle politiche climatiche non bastava conoscere gli scenari geopolitici, bisognava capire cosa stava succedendo al Pianeta e qual era il reale impatto ecologico dell’uomo. Così ha preso una seconda laurea in Scienze naturali e nel 2022 ha scritto lei un libro che avrebbe risvegliato in tanti l’interesse sopito per l’ambiente, titolo: Che cos’è la biodiversità oggi (Edizioni Ambiente).

La spedizione di Valeria Barbi con il suo compagno è durata 21 mesi

L’orso grizzly in Alaska (ph. Davide Agati per WANE We Are Nature Expedition)

«Un episodio importante per la mia carriera si è verificato nel 2020» continua la studiosa «quando ho intervistato David Quammen, eravamo in piena pandemia e il libro di Quammen Spillover che parlava del salto di specie dei virus, da animali a uomini, andò a ruba, e gli ho chiesto se stavamo andando verso un mondo dove l’uomo avrebbe voluto riscoprire la natura. “In parte, in realtà c’è molto egoismo” mi ha risposto. Sentivo che, anche per merito del suo libro, il concetto di biodiversità stesse penetrando nella società ma che c’erano modalità inesplorate per raccontarlo». La modalità a cui si riferisce è il viaggio, una spedizione di 21 mesi cui ha dato nome WANE (acronimo di We are nature expedition «ma anche un verbo inglese che vuol dire sparire» – chiarisce lei) compiuta insieme al fotografo e videomaker, nonché suo compagno di vita, Davide Agati.

Neppure in Alaska l’aria rispetta i parametri previsti dall’Organizzazione mondiale della Sanità

«La scienza non si può raccontare solo con i dati, serve il contesto e questo lo danno le storie che insegnano, educano, spaventano. Tra luglio 2022 e aprile 2024 abbiamo percorso 80.000 chilometri, attraversando 16 Paesi e seguendo il tracciato della Panamericana, dall’Alaska alla Terra del Fuoco». Lungo il cammino Valeria e Davide hanno incontrato comunità, docenti universitari, attivisti, organizzazioni varie, tutti impegnati a proteggere l’ambiente. «Una delle cose che mi ha stupito di più è che persino la qualità dell’aria dell’Alaska non rispetta i parametri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e le microplastiche sono presenti anche nell’organismo dei caribù (le renne locali, la cui popolazione è oggi ridotta del 57% rispetto al passato)». Prima storia e prima speranza impallinata: non esistono sul Pianeta angoli scevri da impatti delle attività umane.

In Nicaragua Valeria Barbi ha visto i bracconieri rubare le uova alle tartarughe

I due reporter hanno anche messo spesso in pericolo la propria incolumità per documentare scempi ambientali. «In Nicaragua abbiamo passato una notte con i bracconieri interessati alle uova di tartaruga. Ci trovavamo lì per altre ragioni ma quando abbiamo visto le torce ci siamo avvicinati fingendoci turisti e li abbiamo visti con i secchielli e gli attrezzi per schiacciare le tartarughe nelle buche scavate per deporre le uova, così da forzarle a far presto. Nel Paese uno stipendio medio si aggira sui 300 dollari al mese, 10 uova vengono vendute a 7 dollari e ogni tartaruga ne depone una novantina. È un bel business».

In Cile e Argentina è stato reintrodotto il puma

Il bracconaggio infesta molte aree delle Americhe, anche l’Amazzonia boliviana, in quel caso nel mirino ci sono i giaguari, che è pure ostaggio dei narcotrafficanti che deforestano per realizzare pascoli su cui, invece, sorgono laboratori per la trasformazione della coca e invisibili piste per l’atterraggio degli aerei utilizzati per trasportarla. «Per fortuna abbiamo trovato anche storie di successo» continua. «Per esempio il progetto Rewilding Cile e Argentina, in Patagonia, che ha consentito di costruire dei corridoi ecologici e coinvolgere attivamente le comunità, reintroducendo il giaguaro e il puma». Dovremmo prendere esempio e invece noi, in Trentino, gli orsi li trucidiamo, per legge, e lo stesso facciamo con i lupi. Segno che continuiamo a compiere sempre lo stesso errore, metterci al centro di un ecosistema che prevede anche e non solo la nostra presenza. 

Valeria Barbi pensa già alla prossima spedizione

Una colonia di pinguini reali nella baia Inútil, nella Terra del Fuoco cilena (ph. Davide Agati per WANE We Are Nature Expedition) .

Tornando all’area amazzonica, un’altra grande storia è quella realizzata da WANE in Ecuador, dove «dal 1964 al 1992 la Chevron-Texaco ha estratto petrolio senza preoccuparsi delle ricadute sulle comunità. Si sono estinte due popolazioni indigene e 880 pozzi d’acqua sono risultati contaminati. Oggi tanti siti di estrazione continuano a bruciare spargendo gocce di petrolio su 1,5 milioni di ettari di foresta, una catastrofe». Queste e molte altre storie saranno presto raccontate in libri, documentari e mostre ma, conoscendola, Valeria non ha certo intenzione di sedersi sugli allori della spedizione. «Ne sto progettando un’altra per il 2026 da Pechino a Capo Nord» conferma, «poi mi piacerebbe percorrere la Transafricana». Gli impatti della crisi climatica e la perdita di biodiversità sono questioni che si raccontano macinando chilometri ed esperienze, incontrando le persone. Possibilmente, senza perdere la tenerezza, proprio come il titolo scelto da Paco Ignacio Taibo II per la biografia di un argentino che di lotte se ne intendeva.