Ritrovarsi a dover cambiare lavoro a 50 anni e oltre, per volontà propria o perché costrette non è più raro. Anzi, sembra che il numero di persone – specie donne – che si trovano alle prese con nuovi lavori stia aumentando. Come affrontare questa condizione, come trovare un nuovo lavoro da over 50, come “reinventarsi”? Ma soprattutto, quali sono le professioni e i settori su cui puntare?

Cambiare lavoro a 50 anni

Sono molti i dubbi che possono sorgere quando si decide – più o meno volontariamente – di rimettersi in gioco lavorativamente a 50 anni. È normale chiedersi se si riuscirà a cambiare le proprie abitudini, ritmi, ambiti professionali, ma anche semplicemente se si hanno le competenze giuste in un mondo del lavoro sempre più digitalizzato e che spesso privilegia candidati più giovani. D’altro canto molte (e molti) sono spinti anche dalla necessità di trovare un nuovo impiego, di fronte alle incertezze relative alla pensione, sia per l’età minima spesso posticipata, sia per la consistenza dell’assegno di vecchiaia, che rischia di non essere sufficiente. Che fare, dunque?

I settori su cui puntare se devi cambiare lavoro

Il primo passo è capire quali sono i campi su cui puntare. «Premesso che i settori su cui puntare possono essere gli stessi, sia a 20 anni che a 50, c’è un altro tema da sfatare: ad esempio, che tutti i ruoli relativi all’ambito della tecnologia, dell’innovazione e dell’AI possano essere accessibili dai soli talenti più giovani. Oltre all’IT, alcuni settori per cui, in generale, si registra una forte richiesta di profili sono anche l’educazione, la formazione, la medicina, l’ambito della sostenibilità, il marketing, il turismo», risponde Sara Portolano, Randstad Risesmart Operations Manager.

I lavori in cui reinventarsi

Come spiega ancora Randstat dal proprio osservatorio privilegiato sul mondo del lavoro, non occorre però necessariamente pensare solo all’ambito digitale e delle nuove tecnologie: molte delle professioni più ricercate al giorno d’oggi richiedono, infatti, anche competenze manuali. Oltre a figure come artigiani con abilità manuali “reinventate” e adattate al presente, figure come personal chef o cuoco a domicilio, cake designer, pizzaiolo, agricoltore, tuttofare, nail artist sono diventate alcune delle posizioni più comuni e richieste negli ultimi anni.

Quanto contano le “vecchie” competenze

Il fattore età, che spesso si teme sia solo un limite, potrebbe comunque tornare utile in termini di competenze acquisite. Anche senza una specifica competenza, infatti, occorre ricordare che i precedenti impieghi possono avere una funzione propedeutica, come la capacità di problem solving (quindi la capacità di risolvere le criticità), acquisita magari in una mansione precedente o anche, per le donne, nella gestione della famiglia: «Un consiglio è di partire sempre da un primo attento bilancio di quello che è il proprio pregresso professionale (individuando le competenze che si possiedono e che risultano ancora spendibili) e del proprio obiettivo di carriera (dove voglio puntare e quali competenze è importante acquisire). In questo modo è possibile orientarsi verso l’opportunità formativa più giusta per il proprio profilo», suggerisce Portolano.

I corsi da seguire per cambiare lavoro

La formazione e l’aggiornamento di competenze possono fare la differenza. Oggi sono diversi i percorsi possibili per ampliare le proprie competenze. Il percorso più giusto è quello più coerente con il proprio obiettivo professionale. Per esempio, come ricordano gli esperti, è importante conoscere i principali programmi di informatica, magari acquisendo la patente europea del computer, la cosiddetta Ecdl. Il modo migliore per conoscere le varie opportunità può essere rivolgersi alle agenzie di lavoro oppure accedere ai portali dei corsi messi a disposizione da Regioni e province autonome, come GOL.

Il programma GOL

Il progetto (il cui acronimo sta per Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori) è un nuovo strumento a rafforzamento delle politiche attive per il lavoro, nato all’interno del PNRR: l’obiettivo è facilitare l’occupabilità dei candidati con percorsi personalizzati e gratuiti di ingresso o re-ingresso al lavoro, tramite «corsi di accompagnamento al lavoro, di aggiornamento o riqualificazione professionale, e percorsi in rete con gli altri servizi territoriali (sociali, socio-sanitari, di conciliazione, educativi) nel caso di bisogni complessi, quali quelli di persone con disabilità o con fragilità», spiega Randstad.

I requisiti del programma

«l progetto GOL, attuato dalle Regioni e Province autonome sulla base dei Piani regionali (Par) approvati da Anpal, si rivolge a beneficiari di ammortizzatori sociali in costanza (o in assenza) di rapporto di lavoro; beneficiari di sostegno al reddito di natura assistenziale; lavoratori fragili o vulnerabili; disoccupati senza sostegno al reddito, e infine lavoratori con redditi molto bassi», chiarisce ancora l’agenzia. Di fatto, quindi, si tratta di un programma che facilita l’up-skilling (miglioramento delle competenze) e re-skilling (il loro aggiornamento e adeguamento alle nuove esigenze del mercato del lavoro).

Le soft skills da valorizzare: flessibilità e apertura

Molte aziende, infine, prestano particolare attenzione alle cosiddette “soft skills”, quelle competenze acquisite e non strettamente legate a uno specifico lavoro. Ad esempio, i dati mostrano come siano particolarmente ricercate figure come direttori commerciali, coordinatori di team di vendita, project director, quality manager per le quali è importante, per esempio, sapersi organizzare in modo efficace, che è una delle competenze che molte donne imparano a sviluppare anche nella gestione di casa e famiglia. «In un mercato del lavoro in forte trasformazione, è importantissimo dimostrare soprattutto agilità nella gestione del cambiamento, flessibilità e apertura, adattamento, energia e voglia di imparare», conferma Portolano.