Si chiamano “slash worker”, con una definizione che ancora una volta deriva dall’inglese (da “to slash”, tagliare, squarciare) e sono coloro che per vivere fanno più lavori. Gli slasher, insomma, sono quelli che si “dividono” tra più impieghi, un po’ per scelta, un po’ perché obbligati per poter far fronte alle spese quotidiane. Si tratta soprattutto di giovani della Gen Z ma, come spiega l’esperta, questo modo di lavorare è una “rivoluzione” destinata a crescere.
Chi sono gli slash worker e perché stanno crescendo
Secondo i recruiter si può dire addio al caro vecchio lavoro unico: il futuro parla al plurale, proprio come la definizione di slasher, ossia coloro che hanno più lavori contemporaneamente, magari anche molto diversi tra loro. Si tratta soprattutto di freelance, che si trovano a doversi impegnare su più fronti: a volte hanno una professione principale, come per esempio i content creator per alcune aziende private con le quali hanno contratti a progetto, ma nel “tempo libero” si occupano anche di un’attività gestita in proprio, magari un B&B. È proprio questa la caratteristica: a volte il secondo (o terzo) lavoro nasce da una passione, oltreché da un’esigenza.
Lavorare su più fronti: scelta o necessità?
«Un solo lavoro è diventato insufficiente per molti perché molto di frequente si tratta di micro-lavori, per di più precari, che non bastano a coprire le spese quotidiane. È comunque anche vero che ormai è diventata una modalità lavorativa: oggi la remunerazione è sempre meno legata alle 8 ore lavorative tradizionali, ma sempre più a progetti e consegne, che si possono gestire in autonomia, seguendo un orario che si addice alle esigenze del singolo. Questo permette evidentemente anche di trovare hobby che possono diventare nuove fonti di guadagno», spiega Agnese Scappini, psicologa del lavoro.
Addio al lavoro unico: il futuro è multiprofessione
Secondo un’indagine del 2018 condotta dall’Associazione italiana dei freelance, su 900 persone intervistate, solo il 20% si limitava a un’unica professione, mentre il 30% ammetteva di essere impegnato in più attività, arrivando anche a quattro contemporaneamente. La stessa associazione riteneva che l’esigenza di adattarsi «in un mercato in crisi spinge ad accettare tutte le proposte che si presentano». Stipendi più leggeri, contratti a termine e costo della vita, quindi, spingerebbero a cambiare approccio, insieme all’avvento del digitale e, più di recente, dell’intelligenza artificiale. Ma forse anche il fattore età ha il suo peso in questa “rivoluzione”.
Slash worker e Gen Z: una nuova idea di lavoro
Gli slash worker, in effetti, sono soprattutto giovani: «Certamente loro cavalcano quella che si potrebbe chiamare la “rivoluzione remunerativa”, che si basa proprio sul fatto che non si lavorano più le classiche 8 ore al giorno di un tempo. Oggi si ragiona in termini di performance, anche per il calcolo del compenso – osserva Scappini – Ma d’altro canto fin dalla scuola, ormai, assistiamo a un cambiamento: si assegnano sempre meno compiti giornalieri, per lasciare più spazio invece a progetti da consegnare entro una certa data di scadenza, in modo da gestirsi autonomamente. Si tratta di un approccio più tipico del mondo anglosassone e del nord Europa, dove questo modello è più diffuso da tempo».
Vantaggi e rischi del lavoro multiplo
Se la possibilità di programmarsi il lavoro e gestirsi le scadenze può essere positivo in termini di maggiore elasticità, esiste però un rovescio della medaglia: non avere più un confine ben definito tra vita professionale e privata – con conseguente carico di stress – è un rischio concreto: «È evidente che occorre una grande consapevolezza della propria gestione del tempo. Se in passato la vita privata era semplicemente quella al di fuori delle ore di ufficio, oggi bisogna rivedere questo schema. In parte, però, abbiamo già iniziato a farlo con lo smart working, che ci ha costretto a trovare nuovi equilibri», sottolinea la psicologa del lavoro.
Una rivoluzione che non si fermerà
Sempre ACTA nel 2020 aveva cercato di fotografare il fenomeno tramite il progetto EU SWIRL, ossia Slash Workers and Industrial Relations, individuando gli slasher nel 4,2% della popolazione europea. Parte dei “lavoratori multipli”, però, continua a sfuggire a ogni censimento. L’unica certezza è che dal 2011 al 2019 sono aumentati del 12,7%. «Sono convinta che questa modalità di lavoro continuerà a crescere, soppiantando i vecchi modelli. Rimarranno pochissime le tipologie di lavoro basate su turnazioni e orari predefiniti e anche i compiti di supervisione saranno sempre più affidati all’AI. All’essere umano rimarranno altre attività», prevede Scappini, come quelle creative e nelle quali l’apporto umano non potrà essere sostituito da quello di computer e tecnologia.