Quando si viene selezionati per un colloquio di lavoro, ci si prepara a dare risposte precise, complete e chiare al recruiter che sta profilando la nostra candidatura. Ci sono, però, domande vietate a un colloquio di lavoro, che un selezionatore non può fare. Scomode, inopportune, discriminatorie, e persino illegali per la violazione della privacy: sono le informazioni che le risorse umane non potranno chiedere durante la selezione. Pronta a scoprirle tutte? Prima guarda il video della nostra mentor Fabiana Andreani e poi scopri tutti i dettagli!

(continua sotto il video)

Domande illegali e discriminatorie

Anche il Codice delle Pari Opportunità e lo Statuto dei Lavoratori vietano alcune domande discriminatorie ed inutili, lesive nei confronti del candidato, e, oltretutto, non necessarie ai fini dell’assunzione o di una miglior valutazione del candidato che si sta esaminando. Durante il colloquio di lavoro, quindi, il selezionatore non dovrebbe porre determinate domande riguardanti figli, etnie, stato di salute, fede religiosa o appartenenza politica.

Stato civile e orientamento sessuale

Il quesito più comune in sede di colloquio è proprio quello riferito allo stato civile. Spesso, a sentirsi chiedere: “È sposata?” sono soprattutto le donne. Questa domanda, non solo risulta violare l’intimità della candidata, ma è anche fortemente discriminatoria.

Lo conferma anche l’articolo 27 del Codice delle Pari Opportunità:” È vietata qualsiasi discriminazione per quanto riguarda l’accesso al lavoro, in forma subordinata, autonoma o in qualsiasi altra forma, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione, nonché la promozione, indipendentemente dalle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività, a tutti i livelli della gerarchia professionale…attraverso il riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza, nonché di maternità o paternità, anche adottive”.

Allo stesso modo, il recruiter non è tenuto a conoscere l’orientamento sessuale del candidato.

Provenienza

L’informazione sul luogo di provenienza, riferito alla razza o all’etnia, non è pertinente perché non stabilisce competenze e capacità professionali. La domanda posta dal selezionatore violerebbe il Decreto legislativo 215 del 2003 sulla parità di trattamento delle persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica.

Figli

Anche in questo caso entra in gioco a difesa dei candidati, l’art 27 del Codice delle Pari Opportunità. Una domanda che spesso viene posta alle donne: “Ha figli o intende averne?” La risposta affermativa non interferirebbe in alcun modo sulle competenze professionali, né limita le capacità lavorative. Maternità e paternità sono dei diritti dei lavoratori, non deterrenti.

È oltretutto vietato chiedere età anagrafiche, sesso, dei figli e se ci sia un aiuto (baby sitter, nonni) che potrebbero sollevare i genitori da eventuali impegni.

Salute e malattie

Il datore di lavoro non è tenuto a conoscere le condizioni di salute del candidato perché violerebbe la sua sfera privata. È vietato chiedere anche di eventuali disabilità, tranne nel caso in cui si tratti di categorie protette (le informazioni, in questo caso specifico, sono già contenute all’interno del curriculum vitae), o ci si candidi per mansioni per le quali sono richieste determinate condizioni fisiche.

Allo stesso modo sono inopportune domande su attacchi di panico e stati depressivi. Secondo il Decreto Legislativo n.276 del 2003 le domande inerenti lo stato di salute dei lavoratori sono ritenute illegali e quindi vietate.

Orientamento politico

Il selezionatore non può in alcun modo chiedere a quale forza politica si è vicini, se si è iscritti ad un partito politico o ad un sindacato. Un quesito irrilevante ed inutile ai fini dell’assunzione.

Avere un orientamento politico è un diritto, ed è vietato indagare sulle preferenze di un candidato.

Orientamento religioso

La fede religiosa è una scelta strettamente personale che nulla ha a che vedere con la scelta di un candidato per una determinata posizione professionale.

Ciò è specificato anche nell’articolo 8 dello Statuto dei Lavoratori: Divieto di indagini sulle opinioni “È fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell’assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore.”

Problemi con lavori precedenti

Le controversie che riguardano i lavori precedenti non devono costituire un ostacolo per le nuove opportunità professionali. Può essere rilevante solo se riguarda le modalità di svolgimento della mansione.

Assunzione di droghe e alcol

La domanda, in questo specifico caso, può essere pertinente solo se il candidato dovrà svolgere particolari mansioni come la guida di un determinato veicolo. Per tutte le altre posizioni la domanda non dovrebbe essere posta.

Posizione sociale della famiglia

Domande del tipo: “Che lavoro fanno i suoi genitori?” non devono essere poste da parte del selezionatore in sede di colloquio di lavoro. In questo caso ci si può appellare al Decreto legislativo 198 del 2006, che vieta questa invasione nella sfera personale del candidato.

Problemi con la giustizia

Una domanda non pertinente e, in casi specifici, anche superflua. Nel caso di selezioni per mansioni come lavori statali, scuole, banche, e particolari impieghi, il datore di lavoro chiede un certificato dei carichi pendenti e casellario, propedeutici all’assunzione. Il quesito, quindi, trova già risposta in precedenza.