Caos. È questa la parola che, purtroppo, ormai si associa sempre più spesso alla scuola. Ogni anno, quando in tutta Italia suona la campanella e gli studenti tornano sui banchi, assistiamo al solito copione, fatto di cattedre vacanti, insegnanti di ruolo che mancano, migliaia di precari che si arrabattano facendo supplenze e ragazzi e famiglie scontenti e rassegnati.

L’accesso alla professione di insegnante

«Purtroppo l’accesso alla professione di insegnante è lungo, fatto di tanti passaggi e burocrazia» spiega Alessandro Giuliani, direttore de “La Tecnica della scuola” (www.tecnicadellascuola.it). «Pensiamo solo ai concorsi, che durano mesi e vengono banditi con minore frequenza di quello che sarebbe necessario. Non solo: in tanti ruoli, come per gli insegnanti di matematica alle superiori, c’è proprio carenza di personale». Eppure, in questo caos non manca l’entusiasmo dei giovani che vogliono lavorare in questo settore e di chi lo considera una nuova strada, un piano B dopo una carriera in altri contesti. Certo, le domande e i dubbi sono davvero parecchi. Così abbiamo scelto i più frequenti e li abbiamo girati a due importanti esperti. Ecco le loro risposte.

Se stai per iniziare

Qual è la laurea ideale per diventare insegnante?

«Per lavorare nella primaria (le elementari, ndr), il percorso migliore è la laurea quinquennale in Scienze della formazione primaria» spiega Laura Criscione, fondatrice con Paolo Damanti della rivista specializzata “Orizzonte Scuola” (www.orizzontescuola.it). «Si tratta di un percorso consolidato che garantisce un’ottima preparazione e dà la cosiddetta abilitazione che è necessaria per accedere al concorso. Se si vince, poi si diventa di ruolo. Sempre per la primaria, c’è un altro percorso: possono accedere al concorso anche le persone con il vecchio diploma magistrale, conseguito però entro il 2001. Il discorso è più complesso se si vuole lavorare nella secondaria di primo e secondo grado (medie e superiori, ndr). È appena stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale un decreto che cambia di nuovo le carte in tavola: serve un qualsiasi percorso di laurea che includa anche 60 crediti formativi universitari (cfu) specifici per l’insegnamento, che daranno l’abilitazione. Poi, ovviamente, si dovrà fare il concorso. Per i tanti precari, è previsto un percorso più breve: per esempio, se possiedono già 24 cfu, se ne dovranno ottenere altri 30. Nelle prossime settimane, ne sapremo di più».

Servono ancora le vecchie Sis?

«No. Le Sis erano le scuole di specializzazione post laurea che formavano gli insegnanti della secondaria di primo e secondo grado tra gli anni Novanta e il primo decennio del Duemila» ricorda Alessandro Giuliani, direttore de “La Tecnica della scuola”. «Ma poi le diverse riforme le hanno cancellate».

Cosa sono le graduatorie?

«In pratica sono degli elenchi con un punteggio» continua Alessandro Giuliani. «Ne esistono di due tipi: quelle di merito, che derivano solo dai risultati del concorso e sono organizzate a livello regionale; poi quelle delle supplenze, le Gps, che significa proprio Graduatorie provinciali per supplenze. A queste ultime si iscrivono anche i neolaureati che non hanno fatto il concorso ma che vogliono iniziare a lavorare».

Per insegnare bisogna aspettare i concorsi?

«No. Vincere il concorso fa entrare di ruolo e dà quindi una cattedra e un contratto a tempo indeterminato» precisa Laura Criscione di “Orizzonte Scuola”. «In teoria, il percorso ideale prevederebbe laurea, concorso e cattedra, ma sappiamo che la realtà non è così: la burocrazia e i tempi lunghissimi dei concorsi hanno creato un importante numero di precari perché, di fatto, per iniziare a lavorare gli insegnanti collezionano supplenze su supplenze».

Come funzionano i concorsi per insegnante?

«Anche su questo fronte ci sono importanti novità» continua Laura Criscione. «In questi giorni e all’inizio del 2024 saranno banditi due nuovi concorsi legati al PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza voluto per rilanciare l’economia dopo il Covid. A questi appuntamenti potranno partecipare tutti coloro che hanno determinati requisiti, come le persone con la laurea e 24 cfu o i precari con almeno tre anni di servizio. Per velocizzare le tempistiche, la procedura sarà semplificata e prevederà una prova scritta con domande a quiz e un orale (prima si facevano due scritti e un orale, ndr) e i posti a disposizione saranno oltre 40.000».

Quali differenze ci sono tra scuole pubbliche e private?

«Negli istituti privati non esistono graduatorie e quindi si accede attraverso una selezione diretta, con il dirigente che sceglie e recluta il proprio personale» dice Alessandro Giuliani di ”La Tecnica della Scuola”. «Diciamo che qui non ci sono le trafile burocratiche e gli ostacoli che ormai caratterizzano il settore pubblico».

Se l’insegnante è la tua nuova strada

Come verifico se la mia vecchia laurea va bene?

«Nel 2016 il ministero dell’Istruzione ha emanato un decreto che indica per ogni laurea l’integrazione necessaria all’insegnamento e che si può consultare sul sito del ministero» dice Laura Criscione di “Orizzonte Scuola”. «Possono servire degli esami veri e propri o i famosi cfu, i crediti formativi universitari. Questi ultimi si ottengono in un ateneo a propria scelta, anche in quelli telematici».

Ho bisogno dei crediti formativi per continuare a fare l’insegnante?

«Ormai i crediti formativi universitari (cfu) servono a chiunque voglia insegnare a scuola» nota Laura Criscione. «Anche su questo fronte ci sono delle novità contenute nel nuovo decreto, quindi ci aspettiamo ulteriori dettagli nelle prossime settimane. Per esempio, i costi per frequentare e ottenere questi cfu sono a carico degli insegnanti e si sta ipotizzando di fissare delle tariffe calmierate».

Devo iscrivermi alle liste per i precari?

«Parlare di liste per i precari non è proprio esatto, anche se ormai in tanti chiamano così le graduatorie per le supplenze» continua la fondatrice di “Orizzonte Scuola”. «Ormai tra iter lungo e tortuoso e cattedre vuote si è creato un corto circuito e in effetti il primo passo per arrivare su una cattedra è proprio iniziare a fare le supplenze».

Posso fare domanda direttamente alle scuole per le supplenze?

«Sì, la domanda in gergo si chiama Mad, messa a disposizione» puntualizza Laura Criscione. «In pratica, ci si mette a disposizione dell’istituto e online si trovano diversi facsimili a cui ispirarsi per preparare questo documento. Attenzione, però: la richiesta si può mandare se non si è già iscritti a nessuna graduatoria e la scuola stessa attinge a queste domande solo se nelle classiche graduatorie non c’è personale nel ruolo che le serve».

È più facile fare l’insegnante nelle scuole private?

«Onestamente sì» ammette Alessandro Giuliani, direttore de “La Tecnica della scuola”. «L’iter è più snello, con meno scogli, e questo da sempre causa polemiche. C’è da dire, però, che gli insegnanti pubblici hanno stipendi e carriera, appunto, da dipendenti pubblici e quindi possono contare su maggiori garanzie economiche e su una carriera senza interruzioni o scossoni».

L’esercito dei precari

200.000: ecco il numero record dei precari della scuola, secondo le ultime stime dei sindacati di settore. Un esercito più o meno silenzioso che, anno dopo anno, passa da una supplenza all’altra. E non è nemmeno sufficiente, visto che per alcuni ruoli non ci sono professori tanto che le cattedre rimangono vuote. «A tutto questo bisogna aggiungere che, in media, ogni anno circa 30.000 docenti vanno in pensione» dice Alessandro Giuliani, direttore de “La Tecnica della scuola”. «Speriamo che i concorsi in programma a breve e all’inizio del 2024 servano a sbloccare la situazione e che il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara mantenga la promessa che ha fatto tempo fa, ovvero di bandirne uno nuovo all’anno». Si può presentare domanda di supplenza direttamente alle scuole a patto che non si sia già iscritti a nessuna graduatoria.