Molestie, discriminazioni, contesti opprimenti che certo non favoriscono la crescita, ma anzi compromettono la serenità di chi li vive quotidianamente: la situazione sul posto di lavoro per molte donne è sempre più allarmante. Ecco come difenderti.
Discriminazioni a lavoro, una piaga da arginare
Le discriminazioni sono molteplici, diverse e possono palesarsi nelle forme più differenti. Comunemente, vengono distinte in due categorie: discriminazioni dirette e indirette. Se le prime fanno sì che una persona sia trattata meno favorevolmente rispetto a un’altra in una situazione analoga, quelle indirette si manifestano quando un comportamento apparentemente neutro si trasforma in una situazione di svantaggio per alcune categorie di persone. Al di là dei formalismi però, si sa che la legge vieta espressamente qualsiasi forma di discriminazione, sia essa diretta o indiretta. Genere, disabilità, età, orientamento sessuale, origine etnica, religione, fino a convinzioni personali, partecipazioni a scioperi o adesione ad associazioni sindacali: non esistono alibi che giustifichino una discriminazione, sul posto di lavoro e non solo.
Noi però sappiamo bene che il semplice fatto di essere donne ci causa non poche difficoltà, a partire dal luogo in cui lavoriamo. Stipendi diversi, frecciatine, occhi indiscreti o battute: anche a te è capitato di sentirti in difficoltà sul posto di lavoro? È arrivato il momento di fare qualcosa.
Stereotipi, molestie, comportamenti indiscreti o parole fuori posto, apprezzamenti non richiesti o magari qualche massaggio sulle spalle, fino ad arrivare ai casi più estremi, come le molestie o i ricatti sessuali. Oppure quella promozione che spettava proprio a te, da una vita, eppure finisce nel curriculum di un tuo collega, un uomo ovviamente. E a quante, in dolce attesa, è capitato di sentirsi solo l’ultima ruota del carro? Insomma, i dati parlano chiaro: l’equità di genere nel mondo del lavoro italiano è ancora un miraggio. Si tratta di un obiettivo importantissimo, imprescindibile nella società odierna, eppure per raggiungerlo la strada da fare è ancora lunga.
I dati
La situazione è allarmante e lo conferma chiaramente la Fondazione Libellula e i risultati della Survey “L.E.I. Lavoro, Equità, Inclusione”, attraverso cui è stata analizzata l’esperienza di discriminazione, molestie e stereotipi nel mondo del lavoro su un campione di oltre 4.300 lavoratrici dipendenti e libere professioniste.
La metà, quindi addirittura 1 donna su 2 (55%), si dichiara vittima diretta di molestia e discriminazione sul lavoro. Il 22% di loro fa sapere di aver avuto contatti fisici non richiesti e non desiderati, mentre il 53% ha ricevuto complimenti non graditi. Insomma, qualsiasi cosa ti sia successa, se ti senti coinvolta in racconti simili è arrivato il momento di intervenire. Si tratta di gesti pungenti e irrispettosi, capaci di ledere la dignità di ogni donna. Eppure la stragrande maggioranza delle lavoratrici coinvolte nell’indagine, il 58% per l’esattezza, non riesce a reagire adeguatamente davanti a comportamenti del genere. Tra loro, il 38% non vuole apparire come una persona troppo aggressiva o “permalosa”, mentre l’11% non sa proprio come muoversi.
È evidente che in Italia c’è un problema culturale fin troppo radicato e difficile da abbattere. Emerge così, ancora una volta, l’importanza di stabilire percorsi di educazione e sensibilizzazione, persino all’interno degli ambienti lavorativi. Troppo spesso accade che il linguaggio e gli atteggiamenti, sia espliciti sia non verbali, compromettano la posizione professionale di noi donne. E non c’è da meravigliarsi allora se per molte il luogo di lavoro è angosciante e non sicuro, stressante dal punto di visto psicologico, emotivamente difficile da sopportare e fisicamente pericoloso.
La legge ci tutela, eppure…
“La legge è uguale per tutti”, parola di Costituzione. Eppure tra il dire e il fare… E a proposito di discriminazioni, nell’abito lavorativo essa vieta al datore di lavoro di attuare discriminazioni tra i dipendenti, siano queste legate all’origine, a un’eventuale disabilità, alla fede religiosa, all’orientamento sessuale, alle convinzioni personali o all’età. Tuttavia, nonostante la legge si esprima chiaramente sulla questione, il rispetto di tale principio risulta ancora una chimera, o quasi. In caso di molestie o maltrattamenti, il datore di lavoro è tenuto a sanzionare il colpevole o, nei casi più gravi, licenziarlo con effetto immediato. Insomma le leggi ci sono, ma ancora una volta sembra difficile riuscire a metterle in pratica.
Difficoltà di una crescita professionale, stipendi diversi, mancato riconoscimento e scarso apprezzamento, senza dimenticare insulti o messaggi denigratori che spesso si fanno largo dietro le scrivanie di un ufficio: in Italia essere donne in carriera è ancora difficile.
Ma non è tutto: adottare politiche inclusive si rivela vantaggioso per l’azienda anche dal punto di vista economico. Cosa significa? Portare avanti politiche inclusive permette di aumentare le casse della società. Le aziende già attente alle differenze di ciascun dipendente dichiarano di ottenere circa il 30% in più dei profitti. Inoltre, circa la metà dei lavoratori con età compresa tra i 18 e i 24 anni crede fortemente nell’importanza di diversity & inclusion, quale valore che condiziona il giudizio nei confronti dell’azienda stessa. Non ci sono dubbi: inclusività significa aumento della produttività e scoperta di nuovi talenti. Il mondo del lavoro non può più restare indifferente.
No alle discriminazioni a lavoro: ecco come reagire a domande inopportune
Se anche nel 2023, come un secolo fa, per un uomo è più facile aspirare a una crescita professionale e fare carriera, ecco che non può dirsi lo stesso per una donna. C’era da aspettarselo, dirai tu. Forse è vero, ma non deve essere più qualcosa di scontato. Bisogna ribaltare le carte in tavola. Al giorno d’oggi, gli uomini arrivano prima a posizioni di potere e hanno più possibilità di vedersi riconosciuti i propri meriti. E poi c’è il paradosso dei paradossi: in un Paese dove non si fanno più figli, persino la maternità a volte si rivela un ostacolo. Quante donne vorrebbero rendere sereno il proprio ambiente di lavoro? Se in ufficio o in azienda sei vittima di discriminazioni, ecco cosa devi fare.
Non restare in silenzio, non temere di perdere il lavoro e non lasciarti convincere che quell’avance del tuo collega era solo una battuta. Non farti intimorire neppure da possibili domande subdole che ti vengono rivolte in fase di selezione. Se durante il colloquio di lavoro ti viene chiesto se sei sposata, rispondi sinceramente, che sia un sì o un no. Se poi ti venisse chiesto se hai intenzione di avere figli, puoi ribattere con tono educato ma pungente, dando prova di tutto il tuo humor. Per esempio: «Ci penserò, in futuro le saprò dire». Insomma, si tratta di curiosità e mero tornaconto aziendale, non certo di professionalità. Sono domande poco opportune, in quanto legate alla sfera personale.
Siamo proprio sicure che quegli stessi interrogativi vengano rivolti anche ai nostri mariti, compagni o colleghi? Probabilmente a loro non succede e ciò dimostra che per le donne in età fertile è più difficile entrare nel mondo del lavoro. E se non è una discriminazione questa…
Ipotesi licenziamento
Non solo: l’inizio di una gravidanza corrisponde a volte alla fine del contratto di lavoro a tempo determinato. Nei casi più gravi addirittura a un licenziamento improvviso.
Nessuno avrà il coraggio di ammettere i reali motivi del mancato rinnovo, nessuno riporterà la motivazione “incinta”, ma se hai prove o indizi che sia quella l’unica ragione non avere paura di mostrarle a chi di dovere.
Denuncia le avance indesiderate
Dignità e autostima devono essere i tuoi cavalli di battaglia. Fatti forza e reagisci alle avance indesiderate, anche se il colpevole è il tuo datore di lavoro. Accertata la molestia, il responsabile può essere sanzionato, spostato o addirittura licenziato. Ma il datore di lavoro sarà mai capace di “auto-sollevarsi” dall’incarico? Non è un caso allora se sono di più le donne che denunciano avance commesse da colleghi rispetto a quelle che raccontano le molestie subite dal proprio capo. Il motivo? Semplice, la paura di perdere il posto. Chiunque sia il responsabile di un gesto tanto ignobile, ricordati che la molestia – qualsiasi sembianza abbia – è un comportamento che viola la tua dignità e un atteggiamento indesiderato per chi lo riceve.
Non solo le molestie fisiche: non restare in silenzio neppure se sei bersagliata da molestie verbali stereotipate. “Siete delle galline”, ripetono troppo spesso gli uomini. E quante volte ti sei sentita dire che quello “non è un lavoro per donne”? Ecco servita un’altra discriminazione di genere. Parlane con l’ufficio del personale, che è il primo alleato in caso di abusi. Dopo aver raccontato quanto subito, scattano ulteriori approfondimenti, per verificare le tue accuse e intervenire affinché gesti simili non riaccadano. Quindi, mai nascondere i fatti e limitarsi a subire. Anzi, è importante agire tempestivamente ed evitare che quanto vissuto si trasformi in una banale “voce di corridoio”.
Discriminazioni al lavoro, il problema di carriera e salari
Che noi donne tendenzialmente fatichiamo di più per fare carriera e otteniamo in media salari più bassi rispetto ai nostri colleghi uomini è ormai assodato. Ma è arrivato il momento di reagire. Nella pubblica amministrazione la scelta tra due candidati di genere diverso per uno scatto di carriera deve essere motivata per iscritto. La situazione però cambia se ci si sposta nel settore privato. Non esiste una legge che impone di trattare tutti nello stesso modo a parità di livello, ma c’è un obbligo a non discriminare: se noti una disparità di trattamento nei tuoi confronti, è giusto farlo presente.
Un’azienda funziona meglio se l’ambiente è sereno e se c’è chiarezza tra chi lo vive quotidianamente. È importante quindi favorire una buona comunicazione tra il datore di lavoro e i suoi dipendenti, chiarendo reciprocamente le aspettative di carriera.