Tra gli smottamenti causati da Donald Trump negli Stati Uniti e nel mondo, ci sono anche quelli a danno delle iniziative di Diversity & Inclusion portate avanti dai brand, al loro interno e attraverso prodotti e servizi, per lottare contro le discriminazioni e valorizzare le diversità, dal genere all’età, dall’orientamento sessuale all’etnia.

Diversity Brand Summit, la risposta ai brand Usa che hanno cancellato i programmi di Diversity & Inclusion

La guerra del presidente Usa contro la D&I ha visto “capitolare” subito alcuni big del tech (da Amazon a Meta), della consulenza (da Accenture a Deloitte), della finanza (da Goldman Sachs a Black Rock), ma anche Ford, McDonald’s, Harley-Davidson, che hanno fatto rapida retromarcia nelle loro politiche sul fronte Diversity & Inclusion. In un’epoca polarizzata come la nostra, però, non sono mancate aziende, da Apple a Microsoft, che invece hanno sottolineato la volontà di proseguire nel loro impegno. Ora quindi ci si chiede: cosa succederà da noi? Quali brand hanno fatto della D&I solo un orpello prontamente cancellabile e quali invece una colonna portante della loro strategia? E noi consumatori cosa pensiamo della D&I?

Il Diversity Brand Index dice quanto si impegnano le varie marche per la Diversità

Le risposte sono arrivate durante il Diversity Brand Summit – Iniziative che cambiano il mondo, che si è tenuto a Milano il 20 febbraio. L’evento ha premiato i progetti più meritevoli dei brand impegnati su questi temi e ha presentato il Diversity Brand Index 2025. Ideato e curato dalla Fondazione Diversity e Focus Mgmt, è uno studio volto a misurare la capacità delle marche di sviluppare una cultura orientata alla DEIA.

La sigla DEIA si concentra su 8 diversità

E qui chiariamo l’acronimo, perché in una sigla che può apparire astrusa e fredda si racchiude in realtà la battaglia contro discriminazioni di cui tutti, anche se non ne siamo sempre consapevoli, possiamo essere testimoni e vittime. «DEIA sta per Diversity, Equity, Inclusion, Accessibility: l’evoluzione che ha subito dall’iniziale sigla D&I indica la complessità e il dinamismo del tema» spiega Emanuele Acconciamessa, Chief Operating Officer di Focus Mgmt. «La Diversità è il fatto, l’Inclusione l’azione da mettere in campo, l’Accessibilità – fisica ma non solo – lo strumento per arrivare allo scopo: ovvero, una maggiore Equità nella società. Le 8 diversità su cui si concentra la ricerca sono genere, etnia, LGBT+, età, status socio-economico, disabilità, religione e credo, aspetto fisico».

I consumatori prediligono brand attenti alla Diversity & Inclusion

Il sondaggio tra consumatori e consumatrici mostra che 7 su 10 scelgono con convinzione o preferiscono brand percepiti come inclusivi, anche se il loro numero è sceso del 3,8% rispetto all’anno precedente, mentre 3 su 10 sono arrabbiati o indifferenti (in crescita del 3, 9%). Parte della negatività nasce dalla disillusione verso brand che magari hanno promesso molto e poi fatto poco. «È finito il tempo del “washing”» conferma Acconciamessa, che poi specifica: «Le persone arrabbiate sono di solito quelle che vivono la diversità come minaccia, soprattutto per quanto riguarda la componente etnica, legata ai flussi migratori».

«Non abbiamo rilevato grandi differenze nelle risposte tra uomini e donne, mentre ci sono approcci diversi tra le generazioni. La Gen Z risulta infatti essere molto sensibile alla DEIA e penalizzante verso i brand non inclusivi. Meno severi ma simili alla Gen Z i Millennials, mentre Gen X e Boomer hanno minore familiarità con queste tematiche e si sentono meno coinvolti».

Sono preferiti i brand che si occupano in modo costante di Diversity & Inclusion

Di certo, il messaggio per le aziende è chiaro: «Sono premiate quelle che abbracciano tutti gli 8 temi della DEIA e lo fanno con costanza e coerenza» aggiunge Acconciamessa. È un momento spartiacque: se un’azienda è consapevole e crede nella promozione della diversità, rimane sul mercato, mentre vengono penalizzati i brand che hanno usato la D&I solo per proclami di facciata.

L’Unione europea si fonda su Diversity & Inclusion

Il timore che l’onda tellurica di cancellazione delle politiche per la Diversity e Inclusion innescata dalla Casa Bianca raggiunga noi, in particolare le controllate di multinazionali americane, si fa sentire. Ma Claudia Colla, rappresentante della Commissione Ue nel Nord Italia, in occasione del Summit ha spiegato che «in Europa il contesto è comunque diverso. Abbiamo una rete normativa che promuove e protegge la DEIA, a partire dagli Statuti di tutte le istituzioni della Ue. Lo stesso motto dell’Unione è “Unita nella diversità”».

I brand più inclusivi hanno migliori ricavi

I valori sono di certo cosa buona, ma in una fase storica dove tante sensibilità, travolte dalle crisi, si sono atrofizzate, una voce più convincente può essere quella dei soldi. «L’aumento dei ricavi a favore dei brand ritenuti più inclusivi è del 20,1%» dice Acconciamessa «e i brand sempre presenti nella Top 10 a partire dal post-Covid con le loro iniziative DEIA registrano una crescita del 24%». Non è un caso che tra i paladini delle iniziative per la Diversità e Inclusione sia scesa in campo, questa volta metaforicamente, la NFL, la National Football League americana, che ha deciso di continuare a investire sulla DEIA per gli ottimi risultati ottenuti finora.

La Diversity & Inclusion è fatta di circa 150 elementi

«Soltanto con una visione a lungo termine è possibile generare iniziative davvero efficaci ed evitare di creare l’effetto di saturazione o di rigetto verso la cosiddetta cultura woke e il politically correct» ha detto Francesca Vecchioni, presidente di Fondazione Diversity, tirando le fila del Summit. «Come emerge dai dati della ricerca di quest’anno, infatti, solo i brand capaci di creare un rapporto di fiducia coi propri clienti e costruire una reputazione solida e autorevole su questo fronte sanno fare la differenza sul mercato in termini di innovazione, competitività, guadagnandone anche in termini di ricavi».

Parole che fanno eco a quelle pronunciate di recente a Davos da Chuck Robbins, Ceo di Cisco: «Il pendolo oscilla molto tra un estremo e l’altro, dobbiamo trovare un equilibrio. Si affronta questo tema come se fosse un blocco unico, invece è diviso in circa 150 componenti, ma 7 o 8 sono forse andate fuori controllo. Occorre usare il buon senso e ricordare che per le aziende è vantaggioso avere una forza lavoro composta di persone diverse fra loro».

Durante il Diversity Brand Summit premiate 10 aziende

Ecco i 10 brand premiati in occasione del Diversity Brand Summit: i top 3 sono Nuvenia, vincitore Overall per la campagna Non sono mai solo mestruazioni, Sephora Italia, vincitore Digital per la campagna We belong here e Ikea Italia, vincitore Accessibilità – Design 4 per Quiet Hours. Gli altri 7 vincitori sono: Ace, Alexa, Fastweb, Ferrovie dello Stato Italiane, Idealista, Procter & Gamble, TIM.