Nel costante dibattito sull’equilibrio vita-lavoro, sembra esserci una convinzione di fondo: si può avere un buon equilibrio solo se si ha scarsa passione per il lavoro, come se “lui” e la vita fossero in conflitto per il nostro amore e la nostra attenzione. Ma è proprio così? Siamo ancora figlie di quella cultura del “workaholic” (dipendenza dal lavoro, ndr) che ci vuole sempre indaffarate, ambiziose, in corsa per la carriera? La sensazione è che no, non siamo più quelle, ma non abbiamo avuto il tempo per pensare e proporre un altro modello, più simile alle donne che siamo oggi. Siamo quindi intrappolate in un’idea di lavoro che non ci convince, ma che ci sembra l’unica disponibile – e che continua a essere in conflitto, oggi come 50 anni fa, con l’idea di vita.

Equilibrio vita-lavoro: a che punto siamo?

Che cosa si è aggiunto, negli ultimi anni, al nostro complicato equilibrismo? Sono abbastanza vecchia da ricordarmi come erano gli uffici senza le email e senza internet, e già allora riuscivamo a riempirci per bene le giornate. Adesso, però, è tutto un jingle di notifiche dai vari canali digitali che ci raggiungono con le loro domande, richieste, informazioni (da casa e dall’ufficio, dalla scuola, dal mondo…): le ricerche dicono che veniamo interrotte ogni 3 minuti e, che se non ci interrompono gli altri, ci interrompiamo da sole, distraendoci. Ognuna di queste interruzioni richiede circa 23 minuti per tornare al lavoro che si stava facendo, che verrà presto abbandonato per una riunione (passiamo in media dalle 10 alle 25 ore a settimana in riunione), da cui probabilmente usciremo con le idee confuse.

Che cos’è il tunneling?

Insomma, siamo “super busy”, non c’è dubbio, e particolarmente prese dallo stato del “fare”: le azioni immediate, i compiti, le urgenze sono talmente tanti che, senza sentirci mai veramente inutili, ma neanche completamente al nostro posto, arriviamo a fine giornata come alla fine di un tunnel (in inglese questo modo di lavorare per urgenze e mini compiti in successione si chiama proprio “tunneling”), e quel poco che resta di noi lo portiamo a casa.

Equilibrio vita-lavoro post Covid

Il Covid doveva fare la differenza: ci dicevamo che lo shock ci avrebbe permesso di ripensare alle modalità del nostro lavoro e che la vita avrebbe ripreso il suo posto nel quadro e l’avremmo preservata. Ma no, non è stato così. Siamo tornate a correre e non abbiamo avuto il tempo di pensare e proporre un altro modo di lavorare: perché amiamo il nostro lavoro, ma lo ameremmo di più se fosse meno geloso e possessivo, lo ameremmo meglio se non ci facesse sentire sempre in difetto, e staremmo meglio se avessimo la sensazione di essere con lui in un rapporto alla pari, in cui decidiamo anche noi. Quello sì, sarebbe vero amore, e, chissà, potrebbero nascerne cose meravigliose.

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