Passa il tempo, ma il divario salariale tra uomini e donna rimane. I dati indicano che in media le lavoratrici sono pagate il 43% in meno rispetto ai colleghi. Ma le differenze non si limitano a questo: a chiedere i congedi parentali sono ancora in maggioranza le madri, che tra l’altro nel 16% dei casi lasciano comunque il posto di lavoro dopo la nascita dei figli. A livello sociale qualcosa inizia a cambiare e, nonostante gli interventi a sostegno del lavoro femminile siano da rafforzare, esistono bonus epr le donne e altre misure che possono essere utili. Qui vi spieghiamo quali sono.
Poco lavoro femminile, specie tra i dirigenti
Spesso si sente ripetere che in Italia esiste ancora un problema di impiego femminile, inferiore rispetto alla media europea. Insomma, le donne italiane lavorano meno. Secondo l’ultimo Gender policy report 2024 di Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche) il tasso di occupazione femminile ha raggiunto il 56,5%. Di poco differenti sono anche i dati appena pubblicati dall’Inps, secondo cui nel 2023 in Italia le donne impiegate era il 52,5% rispetto al 70,4% degli uomini. Resta, però, il cosiddetto “tetto di cristallo”, cioè la difficoltà a raggiungere posizioni di vertice per le donne: solo il 21% dei dirigenti è donna, meno del 30% riesce ad arrivare ai quadri.
Donne (ancora) pagate meno
Le donne lo sanno bene, ma se ancora servisse una conferma ecco che il Gender policy report 2024 scrive che rimane anche il divario retributivo: le lavoratrici guadagnano in media il 43% in meno degli uomini (la media UE si ferma al 36,2%). Non si tratta, però, solo di differenze salariali nette: contribuiscono infatti anche le retribuzioni inferiori in caso di part-time (chiesto solitamente dalle donne) «o di contratti non standard come quelli a tempo determinato, che limitano la possibilità di avanzamento di carriera», come spiegano Giovanni Pizza e Fabrizio Pinci di BonusX, piattaforma nata per aiutare i propri utenti a scoprire bonus e agevolazioni.
Più aiuti, bonus e welfare per le donne
Esiste, quindi, un problema a cui si sta cercando di porre rimedio, sia con cambiamenti sociali (una più equa distribuzione dei carichi extra-lavoro all’interno della coppia), sia con misure specifiche a sostegno delle donne che lavorano: «Siamo di fronte a un disallineamento tra le misure di sostegno economico e le reali necessità della popolazione femminile: le politiche di welfare in Italia non rispondono ancora del tutto alle loro esigenze», sottolinea Pizza. Ecco, però, quali sono gli strumenti già disponibili.
Bonus assunzione donne
Il Decreto Coesione 2025 prevede un’esenzione totale dal versamento dei contributi previdenziali per chi assume donne a tempo indeterminato. L’agevolazione, valida per tutte le lavoratrici indipendentemente dall’età, ha però un limite di importo e durata: è prevista, infatti, l’erogazione fino di 650 euro mensili per un massimo di 24 mesi. La lavoratrice non deve farne richiesta: sarà l’azienda a procedere fiscalmente.
Bonus mamme lavoratrici
In questo caso si tratta di un esonero del 100% sui contributi previdenziali, a carico delle madri lavoratrici, dipendenti del settore pubblico o privato, a condizione che abbiano almeno 3 figli, «che si traduce in un aumento dello stipendio delle madri che può arrivare fino ad un massimo di 3.000 euro – spiega Pinci – L’esonero è applicabile fino al compimento del diciottesimo anno di età del figlio più giovane».
Fondo Impresa Femminile
Questa è, invece, un’iniziativa del ministero delle Imprese e del Made in Italy che mira a favorire la partecipazione delle donne al mondo imprenditoriale. «Questo fondo offre contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati per sostenere sia la creazione di nuove imprese femminili, che il consolidamento di quelle esistenti. Le agevolazioni coprono una percentuale delle spese ammissibili, che varia in base all’anzianità dell’impresa e all’entità del progetto», chiariscono da BonusX.
Fondo Nuove imprese a tasso zero
L’acronimo NITO-ON sta per Nuove Imprese Tasso Zero, è una misura che permette di finanziare, su tutto il territorio nazionale, la creazione e sviluppo di micro e piccole imprese fondate dai giovani tra i 18 ed i 35 anni, oppure da donne di tutte le età. Il finanziamento prevede una copertura che può arrivare fino al 90% delle spese ammissibili a seconda delle caratteristiche dell’impresa e del tipo di progetto. Si tratta di un finanziamento a tasso zero. Le risorse finanziarie sono destinate all’ l’acquisto di beni materiali e immateriali, consulenza e altre spese relative all’avvio e al consolidamento dell’impresa.
Assegno di maternità dello Stato
Non da ultimo, dal momento che per molte donne la nascita del primo figlio o del secondo rappresenta un ostacolo al rientro al lavoro, c’è l’assegno di maternità dello Stato: è un sostegno finanziario per mamme lavoratrici. Ma forse non tutte sanno che «sono comprese anche le madri con impieghi occasionali o irregolari, purché abbiano versato un contributo minimo. Si può richiedere entro 6 mesi dalla nascita del bambino o dall’ingresso del minore in famiglia tramite adozione o affidamento. È quindi una misura pensata per chi non riesce ad accedere alla maternità obbligatoria pagata dal datore di lavoro oppure per chi una maternità di importo molto basso», sottolineano da BonusX.
Perché l’Italia è indietro rispetto all’Europa
In realtà, se le retribuzioni delle donne italiane sono inferiori rispetto alla media europea, la paga oraria non è così bassa (4,3% meno delle retribuzioni maschili). «Questo significa guadagnano molto meno degli uomini, non per una paga oraria inferiore, ma perché lavorano meno ore e hanno meno opportunità di crescita – spiega Pizza – Va tenuto conto, infatti, che solo il 50,6% delle donne lavora (contro il 65% a livello UE). Il part-time involontario (spesso per mancanza di servizi di assistenza) è del 32,3% per le donne e solo del 7,8% per gli uomini».
Cosa frena il lavoro delle donne
«Inoltre incidono la “segregazione settoriale” e le barriere di carriera, che significa che le donne sono più presenti in settori meno remunerativi (istruzione, sanità, commercio) e solo il 6% dei dirigenti è donna», ricorda Pinci. «Come se non bastasse, c’è il carico familiare che porta al fatto che le donne dedicano 22 ore settimanali ai lavori domestici e alla cura dei figli, mentre gli uomini solo 9 ore. Sulle lavoratrici gravano anche interruzioni di carriera e mancanza di trasparenza salariale: in Italia non esistono obblighi stringenti per le aziende di pubblicare i dati sulle retribuzioni, come accade in altri Paesi UE», spiega ancora l’esperto.
Problemi strutturali
«Il vero problema non è quanto vengono pagate le donne per ogni ora lavorata, ma quante ore riescono a lavorare e in che condizioni. Un primo intervento, quindi, deve riguardare la conciliazione tra lavoro e vita familiare, come l’aumento del congedo di paternità obbligatorio e l’espansione dei servizi per l’infanzia – sottolineano gli esperti di BonusX – Sul piano occupazionale, bisogna favorire l’occupazione femminile stabile e qualificata. Gli incentivi per le assunzioni femminili devono diventare strutturali e non misure temporanee».
Stop alla segregazione settoriale
«Il vero nodo da affrontare, però, è la segregazione settoriale, che rende le donne poco presenti nei settori più remunerativi come tecnologia, ingegneria e finanza. Programmi di formazione mirati e incentivi possono aiutare, come la trasparenza salariale che potrebbe permettere di individuare e contrastare le disparità di stipendio tra uomini e donne. Infine, nessuna misura sarà sufficiente senza un cambiamento culturale profondo: in Italia persiste ancora l’idea che la carriera femminile sia un’opzione secondaria rispetto agli impegni familiari», concludono gli esperti.