Nel 2025 si consolida un trend già avviato: i lavori più pagati sono anche quelli legati alle figure professionali in ascesa, soprattutto nei settori della finanza, ingegneria e manifattura, vendite, marketing e IT. A dirlo è la Salary Survey 2025 di PageGroup. Gli esperti indicano quali possibilità remunerative ci sono e come orientarsi nella scelta tra stipendio, carriera e gratificazioni.

I lavori più pagati

Come emerge dall’analisi sui salari dell’anno da poco iniziato, i settori che confermano le migliori retribuzioni sono quelli della Finance, Engineering & Manufacturing, Sales & Marketing e IT. Tra gli ambiti che si consolidano, però, ci sono anche il mondo Tech, energy e quello della cybersicurezza. Per fare un esempio concreto, un Chief Financial Officer (cioè un Direttore finanziario) con più di dieci anni di esperienza può superare i 130mila euro lordi annuali; un Controller, che si occupa della gestione di vendite, finanza e comparto industriale, può guadagnare tra i 50 e i 70mila euro all’anno, sempre a fronte di un’esperienza di 5/10 anni. Un po’ più basso lo stipendio di un responsabile amministrativo (tra i 45 e i 60mila euro).

Gli stipendi nel settore ingegneristico

In questo comparto, invece, cresce la richiesta (e il compenso) per gli esperti di AI, big data, robotica avanzata e tecnologie per il risparmio energetico. Anche in questo caso le retribuzioni sono allettanti: tra i 50 e i 60mila euro annui lordi per il Responsabile Ricerca e Sviluppo in fase iniziale di carriera (meno di 5 anni), che possono arrivare a 70mila euro (oltre i 10 anni di esperienza); 55/65mila euro per un Responsabile dell’Ufficio Tecnico (con possibilità di arrivare a 80mila negli anni); da 50-60mila euro fino a 70mila per un Project Manager.

I lavori più pagati nell’e-commerce e marketing

Sempre secondo le rilevazioni di PageGroup, un Direttore Commerciale e Sales Manager o un esperto di Product Marketing, che hanno il compito di ottimizzare e accrescere le quote di mercato, possono percepire 85/95mila euro lordi annuali entro i primi cinque anni, salendo fino a 130mila a fine carriera. Molto ben remunerati sono poi gli esperti di IT (60/100mila euro lordi all’anno con bonus e benefit esclusi, a seconda delle esperienze), oppure Junior Software Developer con stipendi tra i 35 e i 50mila euro all’anno (5/10 anni di lavoro) e fino ai 65mila euro all’anno nel tempo.

Gli stipendi iniziali da laureati e non

Il tipo di remunerazione, infatti, va legato sia alle competenze/settori, sia agli anni di esperienza. Se un tempo si pensava ai lavori più classici come quelli più pagati (avvocati, notai, ingegneri, ecc.), oggi occorre ampliare lo spettro anche ad altre figure e professioni. «Per i laureati i data scientist sono tra le figure più ricercate, con salari iniziali che vanno dai 30.000 ai 40.000 euro annui, e prospettive di crescita che possono raddoppiare queste cifre in pochi anni. Anche ingegneri con specializzazioni in energie rinnovabili o biotecnologie sono molto richiesti», spiega Emanuele Franza, Branches Development Director di Hunters Group, società di ricerca e selezione di personale altamente qualificato.

La paga senza laurea (o con laurea di I livello)

Per chi, però, non ha intenzione di intraprendere un lungo percorso universitario, esiste la possibilità di una laurea di I livello o di una formazione molto specialistica fin dalle scuole superiori: «Per i non laureati o laureati di primo livello, per esempio, i tecnici specializzati nel settore meccanico o dell’automazione possono guadagnare fin da subito tra i 25.000 e i 35.000 euro annui, con ottime possibilità di crescita. Nell’e-commerce e nella logistica, ruoli operativi come addetti alla gestione dei magazzini e spedizioni stanno vivendo un momento di forte domanda», conferma Franza.

Quali opportunità per l’area umanistica

A scorrere le classifiche delle lauree più gettonate o dei lavori più richiesti, però, si nota che quelli a carattere umanistico non figurano tra i primi posti, a vantaggio piuttosto dei titoli di studio che formano figure specializzate nel campo del digitale e della tecnologia. Che fine faranno, allora, questi ultimi? «Anche per chi ha una formazione umanistica o linguistica ci sono opportunità interessanti, ma è importante identificare aree in cui queste competenze sono valorizzate», chiarisce l’esperto.

I lavori non scientifici più gettonati

È sempre l’esperto di Hunters Group a fare alcuni esempi concreti: «Nell’ambito del marketing e della comunicazione, ruoli come Content Creator, Copywriter, Social Media Manager e Digital Marketing Specialist sono in forte crescita. La capacità di creare contenuti coinvolgenti e strategici è particolarmente apprezzata. Se, invece, prendiamo formazione e risorse umane, i formatori aziendali, Recruiters o Specialisti HR sono richiesti» e dunque chi ha intenzione di puntare a questo settore può anche sperare in remunerazioni gratificanti.

Si può guadagnare anche con la cultura

Se la passione per la cultura è forte, non bisogna farsi scoraggiare dal pensiero che non permetta di ottenere uno stipendio sufficiente: «Nel settore culturale e creativo ci sono diverse organizzazioni, legate anche all’editoria, che cercano competenze umanistiche per curare contenuti, organizzare eventi o coordinare progetti editoriali – sottolinea Franza – Un consiglio pratico è investire in competenze trasversali (soft skill) e tecnologie legate al proprio ambito, come il project management, l’analisi dei dati di marketing o l’uso di piattaforme digitali. Anche corsi brevi o certificazioni specifiche possono aiutare a rendere il proprio profilo più competitivo».

Che fine fanno i “vecchi lavori”

Guardare alle retribuzioni è normale, ma è anche importante ricordare che non spariranno (nel 2025 e oltre) i “vecchi lavori”: «Ci sarà sempre bisogno di lavori ad elevato contenuto manuale – mestieri come il muratore, il falegname, l’idraulico, il tassista, l’operaio di produzione – perché si tratta di mansioni che è più complesso trasformare in istruzioni da dare a un software e quindi difficilmente automatizzabili. Sicuramente sono anche professioni che rischiano di vedere il proprio salario “compresso” – spiega Paolo Neirotti, Direttore della Scuola Master del Politecnico di Torino – Avremo anche e sempre più bisogno di ristoranti, ma anche di lavanderie, e mestieri e professioni legate al benessere psico-fisico della persona. Le statistiche indicano che le aree geografiche con redditi più elevati producono più domanda per questo tipo di lavori, anche perché le persone hanno più capacità di spesa e meno tempo libero».

Non guardare solo al primo stipendio

Quando si cerca o si valuta una posizione lavorativa, però, occorre ricordare che guardare solo lo stipendio iniziale può essere fuorviante: «La remunerazione iniziale è un fattore importante, ma non l’unico – conferma Franza – Le opportunità di avanzamento, la possibilità di acquisire nuove competenze e l’accesso a percorsi di formazione sono aspetti cruciali per costruire una carriera soddisfacente e resiliente. Settori in crescita come l’Intelligenza Artificiale o le Energie Rinnovabili offrono spesso percorsi di crescita rapidi e stimolanti, compensando talvolta una retribuzione iniziale meno competitiva».

Per la Gen Z non contano solo i soldi

In questo i giovani della Gen Z sembrano meno orientati a valutare il lavoro esclusivamente da un punto di vista remunerativo: «Le nuove generazioni, in particolare i Millennial e la Gen Z, danno valore non solo alla retribuzione, ma anche ad altri fattori come il work-life balance, l’impatto sociale del lavoro e la possibilità di lavorare in un ambiente stimolante e inclusivo, dove regna un clima positivo tra i colleghi». Anche per questo sono più propensi a lasciare un impiego se non lo ritengono adatto da questi punti di vista, con una mobilità molto maggiore e una minor disponibilità a “scendere a compromessi”.

La risposta delle aziende

«Lo stipendio continua a contare molto e alcuni settori pagano salari più elevati per via di una maggiore capacità di innovazione e una migliore competitività. Ma rispetto ad alcuni decenni fa emergono anche bisogni più complessi – osserva Neirotti – Le grandi imprese stanno rispondendo con politiche di welfare aziendali sempre più articolate e flessibili nei luoghi e negli orari di lavoro, specie nelle grandi città, dove si tende a lavorare ma sempre di meno a vivere, dato l’elevato costo della vita. Il welfare è un aspetto che interessa non solo i giovani, comunque, ma anche i lavoratori più adulti, che generalmente hanno più responsabilità di cura verso i figli e la famiglia origine».

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