L’Intelligenza Artificiale mi ruberà il posto di lavoro? È una domanda che in tanti ci facciamo a ogni latitudine, se persino le star di Hollywood hanno scioperato contro il rischio di essere sostituite da sistemi di IA. Visto che per avere risposte basta googlare, digitando “Will robots take my job?” si atterra in un sito dove, specificando il proprio mestiere, si ottiene in percentuale la probabilità di essere spintonati fuori dall’ufficio dal nuovo “collega”. A prescindere dall’effettiva efficacia predittiva di questa specie di astrologia algoritmica, studi ed esperti concordano su un punto: l’IA, in particolare quella cosiddetta Generativa, ha già e avrà sempre di più un impatto in ogni ambito della nostra vita, dall’etica alla giustizia, dalla medicina all’istruzione. E gli effetti sul lavoro saranno dirompenti, soprattutto – come vedremo tra poco – per noi donne.
L’Intelligenza Artificiale ha fatto un grosso salto di qualità
Prima di addentrarci sulle ipotesi per il futuro, diamo un rapido sguardo a questi potenziali nuovi “vicini di scrivania”. Il più noto, ChatGPT, ha conquistato fama mondiale fin dal debutto nel novembre 2022, ma sul mercato se ne presentano di continuo altri e assai performanti. «Di Intelligenza Artificiale si parla fin dagli anni ’50 e molto di ciò che oggi usiamo ne contiene almeno delle parti, ma con l’IA generativa si ha un salto di qualità perché replica delle capacità umane diverse da quelle che abbiamo sostituito finora: le attività produttive di tipo cognitivo» spiega Stefano Machera, da 35 anni consulente nel campo dell’Information Technology e autore di Come l’Intelligenza Artificiale cambia il mondo (FrancoAngeli).
«Questi sistemi possono generare testi (come ChatGPT o Google Bard), immagini (come DALL-E o Midjourney), ma anche video, musica e persino strutture molecolari tridimensionali, come nel caso di AlphaFold. Tali abilità portano a un forte incremento di produttività in tutti i settori in cui l’IA potrà fornire risultati di qualità pari o superiore a quelli degli esseri umani in un tempo e con costi molto inferiori». L’IA sa essere stupefacente, sì, però commette (ancora) grossolani errori. «I sistemi di IA Generativa, di fronte alle nostre richieste, non danno certezze assolute, ma trasformano in modo probabilistico le regole che hanno acquisito attraverso l’enorme quantità di dati con cui sono istruiti» spiega Darya Majidi, esperta di digital transformation & AI, ceo di Daxo Group e presidente dell’associazione Donne 4.0. «Si tratta di sistemi non deterministici, con capacità di calcolo e velocità impressionanti».
Con l’IA Generativa prepariamoci a grandi cambiamenti
Bisogna quindi temere questi colleghi così abili e pure ambiziosi? «Recenti studi del World Economic Forum, di Goldman Sachs, McKinsey e altre società di consulenza prevedono che il problema principale nel futuro non sarà una diminuzione complessiva dei posti di lavoro, bensì la necessità di riqualificare e ricollocare i lavoratori dei settori in contrazione, in quanto l’IA comporterà anche la creazione di nuove tipologie di impiego, come successo in passato. Non condivido però questo “ottimismo storico”, perché lo scenario è diverso e non è detto che si ripetano dinamiche che già conosciamo» dice Machera. «È significativo, per esempio, che a lanciare i messaggi più preoccupati sui possibili impatti socio-economici dell’IA non siano, come storicamente è accaduto per altre innovazioni, coloro che non conoscono le nuove tecnologie bensì molti di coloro che le sviluppano o gestiscono le imprese hi-tech. Non sto dicendo che vada rigettata l’IA, ma dobbiamo renderci conto, come cittadini e lavoratori, che ci troviamo di fronte a qualcosa di nuovo che va affrontato in modo attivo».
Per lavorare con l’IA puntiamo su creatività ed empatia
Sul fatto che sia in corso un cambiamento epocale è d’accordo Jacopo Perfetti, imprenditore, ideatore e docente del corso “Prompt Design” che fornisce le basi dell’IA anche a principianti: «Con l’avvento dell’Intelligenza Artificiale Generativa alcuni lavori si evolveranno, altri scompariranno e altri nasceranno. Come il lavoro del Prompt Designer, ovvero un professionista con le competenze e la mentalità giuste per dialogare con tecnologie di Intelligenza Artificiale Generativa, per esempio per generare testi o video attraverso la formulazione di richieste dette “prompt”. Oggi non abbiamo un gap di tecnologia, che è molto accessibile, ma di immaginazione: ci manca la capacità di immaginare cosa si può fare con questa tecnologia. E questa è una competenza prettamente umana.
Non dobbiamo per forza cambiare lavoro, ma il modo in cui lo facciamo sì. Ha più probabilità di perdere il lavoro un imbianchino rispetto a un pittore, perché la creatività di quest’ultimo è più difficile che venga eguagliata da un robot. Anche l’imbianchino può però puntare meno sull’attività meramente meccanica e più su servizi di consulenza». La creatività e una mentalità elastica possono, quindi, fare la differenza. Ma non solo. «Ritengo che i lavori meno facilmente sostituibili siano quelli che prevedono una notevole varietà di compiti, l’interazione umana e tanta empatia» dice Machera. «Per esempio, è più probabile che un sistema di IA tra qualche anno possa svolgere quasi in toto il lavoro di un radiologo che non quello di un infermiere».
L’Intelligenza Artificiale non va temuta ma capita
Un problema, anzi un doppio problema, ce l’abbiamo noi donne. «Oggi i sistemi di IA sono sviluppati soprattutto in America e in Cina, e da uomini. Di conseguenza, queste nuove tecnologie rischiano non solo di diffondere ma di amplificare bias e pregiudizi sulle donne. E noi fatichiamo a contrastare questo processo, perché siamo in poche a occuparci di informatica» avverte Majidi. «In più, molti lavori che vengono automatizzati sono quelli con personale prevalentemente femminile, dalle addette ai call center o alla contabilità fino alle commesse. Per questo le donne devono smettere di deresponsabilizzarsi dicendo: “Di tecnologia non capisco niente”. Le nostre nonne e mamme hanno imparato a usare lavatrici e lavastoviglie, che sono robot, anche noi dobbiamo imparare a servirci della tecnologia».
Più tecnologia tra le donne
Il livello di competenza sulle Stem si divarica tra maschi e femmine a scuola, fin dalle elementari, come gli ultimi dati sull’Italia dell’indagine internazionale Ocse Pisa hanno da poco confermato: i risultati in matematica delle bambine sono di molto inferiori a quelli dei bambini. «Da due anni organizziamo – e lo rifaremo a luglio – un camp estivo gratuito per studentesse di quarta superiore: AIxGirls» continua Majidi. «A ottobre invece, con l’evento AIxWomen, abbiamo dato la possibilità a 200 donne di avere una prima infarinatura sulla IA». Convinta che ci sia da fare un grosso salto culturale è anche Gianna Martinengo, imprenditrice e umanista tecnologa che da anni diffonde la passione per la tecnologia tra le donne. «Pensiamo anche solo alla parola “artificiale”: viene percepita in modo negativo come contraffazione anziché come progresso tecnico-scientifico che può migliorare la qualità della nostra vita e anche del nostro lavoro» spiega Martinengo, che con Women&Tech, l’associazione di cui è presidente, ha promosso (e promuoverà anche quest’anno) molteplici iniziative, da Tecnovisionarie con un premio dedicato anche all’ambito IA a un corso di ChatGPT per le ragazze.
Consideriamo l’IA come un copilota sul lavoro
Mette invece in guardia da un rischio Jacopo Perfetti: «La cosa più pericolosa per un’azienda, oggi, è pensare che l’IA sia una moda, un fenomeno passeggero». I manager devono essere in prima fila a capire e guidare il cambiamento. Un manuale, con un decalogo proprio per i leader e con testimonianze di celebri ceo di diverse generazioni – Smart Leadership Canvas: come guidare la rivoluzione dell’Intelligenza Artificiale con il cuore e il cervello (Guerini Next) – lo ha scritto il giornalista e LinkedIn Top Voice Filippo Poletti, assieme ad Alberto Ferraris, professore ordinario di Economia e gestione delle imprese. «Entro i prossimi 5 anni, il 50% delle decisioni manageriali sarà preso in collaborazione con l’IA» spiega Poletti. «Il leader di oggi deve saper progettare il processo di trasformazione in atto, sviluppare all’interno dell’azienda nuove competenze, promuovere una cultura organizzativa che utilizzi al meglio l’Intelligenza Artificiale e soprattutto individuare quali attività saranno svolte dagli esseri umani e quali dalle macchine, attribuendo alle persone il ruolo di piloti della rivoluzione in atto e all’IA quello di co-pilota».
Chi ha fatto studi umanistici ha nuove chance grazie all’IA
Di certo occorre tanta formazione. «Per diventare ricercatori in ambito IA serve un percorso di studio accademico importante» dice Giancarlo Valente, cofondatore di Aulab, coding factory italiana nell’ambito della formazione e dello sviluppo software. «Come un tempo i computer erano usati solo in centri di ricerca, poi si sono diffusi nelle aziende e ora li abbiamo tutti in casa e li portiamo anche in giro con noi, così l’IA si diffonderà sempre di più. Ma non bisogna pensare che questi strumenti siano legati necessariamente ed esclusivamente a profili professionali in ambito Stem. Anzi, si rivelano preziose anche le competenze linguistiche e di comunicazione. Per questo proponiamo un corso “Conversation e Prompt Design” pensato per chi ha un background umanistico, e tra gli iscritti la maggioranza sono donne. Nell’ultima edizione abbiamo portato la testimonianza di un doppiatore e di uno sceneggiatore che si sono reinventati, imparando a usare l’IA per ottenere risultati di valore nel loro lavoro. Certo vanno acquisite alcune competenze tecniche di base, per esempio sul coding, ma avere una cultura umanistica sviluppa anche il senso critico, attitudine molto utile per interagire con l’Intelligenza Artificiale». In fondo – ci ricorda Omero – Efesto, fabbro degli dei, aveva creato Talo, un robot ante litteram, e aveva delle specie di androidi come assistenti. Il mito, con le sue sfide, è oggi realtà.
Trova il corso per te
Le università propongono sempre più corsi sulla IA in vari ambiti, dall’ingegneristico all’economico, al biomedico. Per chi voglia avere una prima infarinatura o fare invece reskilling professionale, ci sono tante possibilità. Eccone alcune.
AULAB ha in programma corsi per sviluppatori web e la masterclass “Conversation e Prompt Design” per chi ha un background umanistico, la nuova edizione è dal 23 gennaio (aulab.it).
PROMPT DESIGN propone un corso anche per principianti, il prossimo parte a inizio febbraio, (promptdesign.it).
Corsi e webinar gratuiti sull’IA sono offerti da FASTWEB ACADEMY (fastwebdigitalacademy.it), da CISCO (scuoladigitalecisco.it) e sulla piattaforma COURSERA (coursera.org).
Varie associazioni femminili contro il gender tech gap lanciano iniziative di formazione, di solito gratuite. DONNE 4.0 organizza gli incontri AIxWomen e un camp estivo AIxGirls per le ragazze di quarta superiore (donne4.it). SHETECH propone il percorso “L’IA al tuo servizio: ChatGPT nella routine lavorativa con Laura Venturini” (shetechitaly.org). SOROPTIMIST ITALIA porta avanti attraverso i suoi club attività per le giovani e l’IA, come il progetto Nerd (soroptimist.it). WOMEN&TECH ha un ricco calendario, a partire dal 12 gennaio con l’appuntamento su Zoom “Ariadne: IA per la medicina di precisione” (womentech.eu).
In libreria
Smart Leadership Canvas: come guidare la rivoluzione dell’Intelligenza Artificiale con il cuore e il cervello è il nuovo libro di Filippo Poletti e Alberto Ferraris (Guerini Next) e mostra il rapporto tra l’IA e la leadership.
Come l’Intelligenza Artificiale cambia il mondo è il saggio (FrancoAngeli) in cui Stefano Machera delinea gli scenari del futuro creati dall’impatto dell’Intelligenza Artificiale.