I dipendenti italiani sono i più insoddisfatti d’Europa sul lavoro, con solo il 43% che considera la propria organizzazione un ottimo luogo di lavoro. A dirlo è la prima edizione dell’indagine European Workforce Study 2025, condotta da Great Place to Work a livello europeo. Si tratta di dati che si uniscono a quelli secondo cui 1 italiano su 2 sarebbe pronto a trasferirsi, sia in Italia che all’estero, in cambio di uno stipendio e un lavoro migliori.

Italiani sottopagati e insoddisfatti del lavoro

Secondo un sondaggio condotto da Indeed, portale specializzato nella ricerca del lavoro, circa la metà degli italiani è insoddisfatta del proprio stipendio. Il 41% si dice pronto a dare le dimissioni se non otterrà un aumento nel breve periodo. «Per un lavoro e uno stipendio migliore si è anche disposti a trasferirsi», spiegano i curatori della ricerca. Il 58% degli intervistati si sposterebbe in Italia, mentre il 44% anche all’estero.

Chi sono i più insoddisfatti del proprio lavoro

In particolare i più propensi a cambiare città e sede di lavoro in Italia sono i lavoratori nella fascia d’età tra i 25-34 anni (66%), mentre tra i 18-24 anni si registra la percentuale più alta di lavoratori disposti a spostarsi all’estero (61%). Più restii, naturalmente, i senior. «La disponibilità a cambiare lavoro, e addirittura a trasferirsi, pur di ottenere una retribuzione migliore, dimostra quanto sia forte l’esigenza di migliorare le proprie condizioni economiche, in un contesto dove il costo della vita continua a crescere e il supporto familiare gioca ancora un ruolo significativo per molti», commenta Gianluca Bonacchi, Senior Talent Strategy Advisor di Indeed.

Trasferirsi per stipendio e famiglia

«In generale è aumentata la disponibilità al movimento, ma non ne farei necessariamente un tema generazionale: se penso a quando erano giovani i miei nonni, alcuni nostri familiari sono partiti con una valigia in mano per cercare fortuna a Milano e altri sono andati negli Stati Uniti quando viaggiare era sicuramente più complesso di oggi – osserva Bonacchi – La disponibilità al movimento segue spesso i cicli economici, portando le persone a spostarsi di più quando non trovano condizioni positive nei loro luoghi di appartenenza». Il vero ostacolo può essere la famiglia: «È sempre più difficile partire per chi ne ha una, mentre può spingere i più giovani a cercare un aumento di stipendio proprio per averne una in futuro».

Le donne più sottopagate

Dall’indagine, che ha coinvolto 1000 persone di età maggiore a 18 anni interessate a nuove possibilità di occupazione (i cosiddetti jobseekers), è emerso che il 45% dei lavoratori italiani pensa di essere pagato meno di quanto dovrebbe, crescendo al 49% nel caso delle donne e al 53% nella fascia d’età tra i 35-44 anni. «Purtroppo, il problema è ancora molto diffuso in tutti i settori: dalle analisi di Eurostat risulta che l’Italia segue il trend europeo, con un divario salariale più ampio nelle attività finanziarie ed assicurative, così come i servizi professionali, scientifici e tecnici», conferma l’esperto di Indeed.

Perché valorizzare le donne

«Attrarre e fidelizzare talenti femminili deve diventare una delle priorità per le aziende, ed il primo passo è proprio quello di ridurre il gender pay gap e aumentare la trasparenza retributiva, sia interna che esterna – spiega ancora Bonacchi – L’equità non si raggiunge però solamente tramite gli stipendi, ma in tutte le situazioni della vita lavorativa, è quindi necessario riflettere a tutto tondo sulle politiche aziendali e formare la leadership per rendere le aziende davvero inclusive. Sviluppare politiche più flessibili potrebbe mettere l’azienda in una posizione privilegiata per attirare talenti, si pensi che solo il 10.4% degli annunci pubblicati su Indeed offre possibilità di lavoro almeno parzialmente remoto».

Molti chiedono aiuto alla famiglia

Intervenire sugli stipendi, dunque, è una priorità per la maggior parte degli italiani, considerando che nel 62% dei casi le entrate bastano solo a pagare le spese essenziali. Per il 31%, invece, è persino necessario chiedere un supporto finanziario alla propria famiglia perché i guadagni non bastano. Un problema particolarmente sentito soprattutto dai più giovani (il 58% tra i 18-24 anni).

I più insoddisfatti sul lavoro: Italia record negativo in Europa

D’altro canto l’Italia risulta anche all’ultimo posto in Europa per il livello di soddisfazione dei collaboratori: solo il 43% dei dipendenti italiani, infatti, pensa di trovarsi in un ottimo luogo di lavoro. A guidare il ranking sono Paesi come Danimarca (75%), Norvegia (73%) e Svezia (68%), ma meglio dell’Italia risultano anche Cipro (53%), Polonia (47%) e Grecia (44%), mentre la media della soddisfazione a livello europeo è del 59%, come conferma il rapporto European Workforce Study 2025, realizzato da Great Place to Work su un campione di 25mila collaboratori, attivi in 19 Paesi UE.

Cosa rende insoddisfatti al lavoro

Se lo stipendio è ciò che porta a cercare un nuovo lavoro, anche trasferendosi con la famiglia, esistono anche altri motivi di insoddisfazione: «Non è solo il potere d’acquisto il problema dei lavoratori in Italia – spiega Beniamino Bedusa, presidente di Great Place to Work Italia – La percezione dei leader (manager/responsabili/people manager) sempre più lontani e la scarsa serenità nell’ambiente di lavoro rendono la fiducia dei dipendenti italiani la più bassa in Europa e li spingono, più che in ogni altro Paese europeo, a cercare altri lavori e altri manager».

Gli altri fattori decisivi

A pesare sono poi anche altri fattori, come la scarsa valorizzazione (per il 42%) e lo stress: «Circa la metà dei lavoratori dichiara di sentirsi stressato per almeno 2-3 giorni alla settimana. Inoltre, il 35% si trova ad affrontare carichi eccessivi, mentre il 26% è insoddisfatto dell’equilibrio tra vita privata e professionale», spiega Bonacchi, secondo cui «è fondamentale creare ambienti di lavoro improntati al rispetto, al riconoscimento del merito e al sostegno reciproco. Investire in programmi di benessere aziendale può aiutare i dipendenti a gestire lo stress e a raggiungere un sano equilibrio tra vita privata e professionale, migliorando così la soddisfazione lavorativa e il benessere generale».