In italiano esiste un’unica parola, terra, a evocare sia il suolo sia il Pianeta. E così è quasi come se la Terra – a cui è dedicata la Giornata internazionale del 22 aprile – fosse “solo” la terra più grande. Anche la lingua, insomma, sembra suggerire che prendersi cura del terreno vuol dire farsi carico delle sorti del mondo. È un principio che chi lavora in agricoltura conosce bene, ma le donne meglio: sono infatti loro, che, sempre più numerose, oltre 200.000 imprese agricole in Italia sono a trazione femminile, pari a un quarto del totale, sempre più giovani, la maggior parte ha meno di 35 anni, sempre più colte (2 su 3 sono laurea), sempre più in alto, la direttrice generale di Confagricoltura è Annamaria Barrile, stanno guidando la trasformazione del settore nel nostro Paese. Una trasformazione che mira innanzitutto a coniugare tradizione e innovazione. Come dimostrano queste storie.
Maria Pezone, l’influencer della campagna
Essere giovane e donna in un ambiente perlopiù maschile, per Maria Pezone, 26 anni e 21.000 follower su Instagram – dove racconta la sua vita tra le piante nel profilo @mariapezone – non è stato così difficile: «In questo ambiente ci sono cresciuta e ho imparato a essere determinata. Certo, alle riunioni sono spesso l’unica donna, ma questo viene vissuto con ammirazione. E aggiungo “purtroppo” perché vorrei che invece fosse normale». Conta la personalità, certo, però per lei non è tutto: «Ci si fa valere con le giuste competenze. In questo lavoro è importante formarsi e non improvvisare». Oggi studia Scienze agrarie all’università e lavora nell’azienda di famiglia in Campania, dove si producono lattuga iceberg, «quella che poi finisce in busta nei supermercati», angurie e pomodori da industria. «Veder crescere giorno dopo giorno ciò che hai seminato è bellissimo» dice. Maria racconta che con lei in azienda sono cambiate molte cose, «perché sono piena di energia!». Si è focalizzata sulla formazione del personale, l’organizzazione e l’innovazione. «Ho viaggiato in diversi Paesi dell’Unione europea per farmi un’idea di come lavorino gli altri. Ammiro molto la determinazione degli spagnoli e la tecnologia degli olandesi: l’unione di questi due elementi rappresenta il mio ideale di agricoltura». Per lei, quello in campagna non è un lavoro “diverso” dagli altri. «È senz’altro faticoso, ma tra salire su un trattore ed entrare in un ufficio non c’è tutta questa differenza, anzi: i nostri trattori sono ormai dei piccoli uffici mobili e super tecnologici».
Agricoltura: Claudia Campanella, la designer dei trattori
A proposito di trattori: nata a Putignano, in provincia di Bari, e approdata al Politecnico di Torino per studiare Universal Design, Claudia Campanella (46 anni e due figli, «lo scriva per favore, ci tengo a dire che conciliare carriera e famiglia è difficile ma possibile!»), ha rivoluzionato il concetto di comfort nelle macchine agricole. Il suo obiettivo è sempre stato quello di «non fare design fine a se stesso, ma utile a far vivere meglio le persone». Per questo si è specializzata in ergonomia, prima in Fiat, poi, in seguito a un trasferimento familiare a Modena, in New Holland Agriculture, azienda leader nella produzione di trattori. «Quando sono arrivata, ho dovuto cominciare praticamente da zero» confessa. Da zero, però, è arrivata a brevettare il SideWinder™ Armrest, un bracciolo su cui sono posizionati oltre 50 comandi. «Un trattore» spiega «è molto più complesso di un’automobile, perché deve far muovere gli attrezzi e ha bisogno di molti comandi, come un aereo: con l’ergonomia siamo riusciti a posizionarli in modo confortevole e, grazie ai simboli, a renderli facili da usare. Gli agricoltori fanno già un lavoro faticoso, essere riuscita a renderlo più comodo è una grande soddisfazione».
Deborah Piovan, la scienziata del Dna
«Le donne in agricoltura ci sono sempre state, ma solo per lavorare: sono ancora poche come imprenditrici e rappresentanti negli organismi di categoria». La pensa così Deborah Piovan, 55 anni, laurea in Scienze Agrarie alla Scuola Sant’Anna di Pisa – con una tesi sul miglioramento genetico dell’olio di girasole – e un’azienda agricola in Veneto guidata con le due sorelle. «Le donne ci sono ma non si vedono. Agli incontri di categoria mandano mariti, figli o fratelli perché loro sono oberate di lavoro, mentre il nostro compito dovrebbe essere anche quello di dare il buon esempio alle bambine, mostrando loro che possiamo essere ovunque, in qualunque ruolo». Ma le sfide sono tante, e non riguardano solo la disparità di genere: il cambiamento climatico e la sovrappopolazione, uniti alla necessità di ridurre l’impatto ambientale, rendono il compito di chi lavora con la terra particolarmente arduo. «La sfida più grande è però la comunicazione» precisa. «La gente deve sapere quali difficoltà affrontano gli agricoltori e quali strumenti sono a loro disposizione, per scegliere insieme le misure da adottare. Lo scopo dell’agricoltura è far sì che le persone possano permettersi cibo sano, sicuro e sostenibile. Oggi possiamo contare su tecniche genetiche che rendono le piante più produttive, tolleranti ai cambiamenti climatici e resistenti alle malattie: perché non approfittarne? Affrontare la paura del progresso è necessario per risolvere i problemi: la tradizione di oggi è stata l’innovazione di ieri. L’agricoltura è un’invenzione dell’uomo».