Dopo la pandemia per molti lavoratori l’angusta vita aziendale era diventato qualcosa da cui fuggire, tantissimi avevano preferito dare le dimissioni anche senza chiari piani B perché “si vive una volta sola” e avvertiva forte l’urgenza di riprendersi degli spazi di vita dopo mesi di clausura. Questa tendenza generalizzata, battezzata “Great Resignation”, è stata riscontrata in molti Paesi e creato non pochi problemi alle stesse aziende, spesso in difficoltà nel trovare nuove risorse e a strutturare piani di sviluppo a medio-lungo termine per i propri dipendenti. Pare che ora lo scenario stia radicalmente cambiando.
Addio velleità di fuga, la parola d’ordine che sembra affermarsi in questi ultimi tempi è “Big Stay”: alla fine, stanno pensando in molti, stare in azienda non è poi così male perché dà stabilità e ha i suoi vantaggi.
Nel Regno Unito la Great Resignation è finita
Nel Regno Unito il CIPD, associazione di professionisti della gestione delle risorse umane, ha confermato che, dopo il Covid, si è andata progressivamente affermando nel campo del lavoro una mentalità più prudente, incline a restare in azienda, secondo cui “meglio il diavolo che conosci”. Basato su un sondaggio trimestrale condotto su 2.009 datori di lavoro, il rapporto del CIPD indica un minore tasso di abbandono del personale nel 2024 e un ritorno delle tendenze ai livelli precedenti alla pandemia.
Secondo lo studio, più della metà (55%) dei datori di lavoro sta cercando di mantenere il livello attuale del personale e prevede un calo sia il turnover del personale che i posti vacanti aumentati dopo la pandemia. “Ora, la cosiddetta ‘Great Resignation’ è finita ed è stata sostituita dalla ‘Big Stay’, con più persone che optano per la stabilità del lavoro”, ha affermato James Cockett, economista specializzato nel mercato del lavoro presso il CIPD. “Il calo del turnover del personale e dei posti vacanti – ha aggiunto Cockett – significa anche che l’equilibrio di potere nel mercato del lavoro si sta spostando nella direzione dei datori di lavoro e lontano dai lavoratori”.
Stati Uniti, la tendenza a restare nelle aziende
Negli Stati Uniti un sondaggio pubblicato da Human Resource Online svela che 4 dipendenti su 5 (quasi l’80%) non intendono cambiare lavoro almeno fino al 2025. Gli intervistati hanno anche spiegato di non voler cambiare perché trovano il loro lavoro interessante (40,9%), per la stabilità finanziaria (38,4%) e perché apprezzano il management (30,4%).
Great Resignation vs Big Stay: i dati in Italia
Anche in Italia la tendenza verso il “Big Stay” sembra ben avviata e per contro – come sottolinea il 7° Rapporto Censis-Eudaimon – l’epoca della “Great Resignation” pare inesorabilmente al tramonto. Nel 2023, evidenzia il rapporto – le dimissioni dalle aziende hanno segnato un trend via via discendente: un calo iniziato con il -5,8% nell’ultimo trimestre del 2022 e proseguito con contrazioni del -3,4%, del 2,9% e del -1,8% nei primi tre trimestri del 2023. Dati in controtendenza rispetto al +33,6% tra 2020 e 2021 e +14% tra 2021 e 2022. A rallentare la fuga dal lavoro ci sono, secondo il Rapporto Censis-Eudaimon, strumenti come il welfare aziendale – dalle attività di svago ai programmi di people caring con assistenza al lavoratore e ai suoi familiari – che consentono ai dipendenti di raggiungere un miglior equilibrio tra lavoro e vita privata.