Fare una buona impressione al colloquio di lavoro è importante. Ma ancor di più è fondamentale non commettere alcuni errori, che secondo gli esperti di selezione del personale rappresentano delle vere e proprie “red flags”, ossia bandiere rosse. Per esempio non limitarsi all’intelligenza artificiale per mettere a punto il curriculum. Ecco cosa evitare e quali sono, invece, i consigli preziosi da non dimenticare.

Cosa sono le Red Flags

A indicare cosa fare e, soprattutto, cosa non fare sono gli esperti recruiters interpellati da Business Insider negli Stati Uniti. La premessa è chiara: per chi cerca lavoro l’impressione che si offre in occasione del colloquio può essere decisiva. Per questo sono importanti i consigli dei selezionatori del personale, che chiariscono anche quali sono le cosiddette “red flags”, i confini invalicabili che possono pregiudicare la possibilità di ottenere un impiego per il quale ci si è candidati.

Mai arrivare in ritardo a un colloquio di lavoro

Il primo è evidente e noto da tempo: mai presentarsi a un colloquio in ritardo. «Esiste un galateo nella vita e anche nel mondo del lavoro. Gli imprevisti possono capitare, ma se ci si organizza per tempo solitamente non accadono. Se poi succede di essere in ritardo o di non potersi presentare, c’è sempre modo di avvertire e informare con una telefonata, un messaggio o un’email. Non farlo è una mancanza di rispetto e attenzione nei confronti dell’interlocutore e, nello specifico, della persona con cui si è potenzialmente chiamati a costruire un percorso», conferma Marco Vigini, vicepresidente dell’Associazione italiana Direzione del Personale (AIDP) e Direttore servizio welfare presso Orienta.

Non dimenticare la cover letter

Nell’epoca dei social si può pensare che alcuni “must”, come la cover letter da unire al cv, possano ormai essere superflui. Eppure i recruiters la pensano diversamente: «È uno strumento utile: tanto più è efficace nel fornire indicazioni su di sé, i propri progetti, ambizioni, passioni e motivazioni, tanto più diventa performante nel dare un’immagine coerente del candidato. Non la considererei una replica del cv, ma un’integrazione intelligente, arricchente, strutturata e diversa, ma soprattutto personalizzata anche nei confronti dell’azienda a cui si rivolge», spiega l’esperto.

Non ricorrere all’AI per il curriculum

Mentre ormai l’AI è diventata protagonista delle vite quotidiane, ecco che arriva un “alt” dagli esperti del personale: usarla per il curriculum potrebbe rendere le presentazioni uniformi togliendo la possibilità di capire la reale capacità di comunicare del candidato, che in alcuni casi può essere fondamentale, come per posizioni che richiedono una certa abilità nella scrittura. «Certamente l’AI può essere utile, specie nel creare un formato o stile narrativo in un minor tempo rispetto al passato. Ma poi il candidato deve rielaborare il curriculum, personalizzandolo con motivazioni e caratteristiche proprie», suggerisce Vigini.

Non dire “no” a possibili trasferte

La mobilità è un’altra caratteristica del mondo del lavoro attuale, quindi negare a priori la disponibilità a un eventuale cambio di sede potrebbe non essere una mossa vincente. «A volte si chiede una disponibilità a trasferte più per capire il tipo di reazione in una potenziale situazione. Ad esempio, non è detto che sia indispensabile cambiare sede di lavoro o spostarsi spesso – osserva Vigini – Il candidato, però, può sempre rispondere circoscrivendo le eventualità, in modo trasparente, a seconda delle sue possibilità o inclinazioni».

Non parlar male dei vecchi colleghi al colloquio di lavoro

Attenzione quando si parla dei colleghi (passati), magari rispondendo a una domanda sulle precedenti esperienze lavorative o sui motivi di eventuali dimissioni. «In effetti chiedere eventuali referenze presso precedenti luoghi di lavoro è molto ricorrente. Il consiglio è: piuttosto che parlar male di colleghi del passato, meglio non parlarne affatto e non indicare referenze. Per due ragioni: la prima è che si offre un’immagine negativa di sé, la seconda è che “il mondo è piccolo” e il proprio interlocutore potrebbe conoscere le persone alle quali ci si riferisce. In caso si siano avuti buoni rapporti, invece, è bene fornire una referenza positiva!», esorta l’esperto.

Mai mentire

Potrebbe sembrare scontato, ma non lo è: essere sinceri riguardo le proprie aspettative di crescita e carriera, o su ciò che si è imparato dal passato potrebbe essere molto più premiante rispetto a qualche bugia, detta magari solo per cercare di fare bella figura, salvo essere poi smascherati tramite poche e semplici domande durante il colloquio. «È chiaro che mentire, per esempio, sulla propria conoscenza delle lingue, è un autogol, ma anche indice di poca affidabilità, inopportuno e contro ogni regola deontologica», conferma Vigini.

Non presentarsi impreparati

Infine, un suggerimento importante: ai colloqui di lavoro è bene presentarsi preparati. Significa che è utile informarsi sull’esatta posizione per la quale ci si candida, sulle competenze richieste, ma anche sull’attività dell’azienda che sta cercando personale. «Prepararsi significa assicurarsi l’80% del successo. Vuol dire conoscere chi è il professionista che si ha di fronte, ma anche l’azienda per la quale ci si propone di lavorare, i suoi valori e i progetti di business», conferma Vigini.

Due consigli in più

«In passato erano le aziende a rispondere, al termine dei colloqui, con la classica formula “Le faremo sapere” – spiega Vigini – Oggi, invece, è il candidato a usare queste parole, indice del fatto che non occorre presentarsi in condizioni di titubanza, ma consapevoli dei propri punti di forza. Suggerirei anche di informarsi – e oggi è possibile e semplice tramite i social – sull’interlocutore: se, per esempio, è un appassionato di tennis perché non pensare di usare anche qualche termine “tecnico”, come lo smash a indicare un servizio vincente: usare un linguaggio familiare a chi ascolta potrebbe aiutare a comunicare in modo più efficace e incisivo».