Da quando l’Intelligenza Artificiale ha fatto capolino e si è rapidamente diffusa come la più sbalorditiva fra le innovazioni tecnologiche degli ultimi anni, il mondo del lavoro si è interrogato sulla minaccia che potrebbe rappresentare per il lavoro degli umani e, viceversa, sulle opportunità che può offrire a chi è in grado di conoscerla e padroneggiarla. Le stime di Confartigianato sono tutt’altro che ottimistiche. Secondo l’organizzazione che riunisce artigiani e piccole imprese, la diffusione dell’intelligenza artificiale metterebbe a rischio 8,4 milioni i lavoratori italiani: “Il 36,2% del totale degli occupati – avverte – subirà l’impatto delle profonde trasformazioni tecnologiche e dei processi di automazione”.
Intelligenza artificiale, i rischi per l’occupazione
Se da una parte l’intelligenza artificiale crea le premesse per una maggiore efficienza e consente di automatizzare alcuni processi storicamente svolti delle persone, i dubbi che questa rivoluzione possa impattare negativamente sui livelli di occupazione sono tanti e fondati. Soprattutto in alcuni settori l’introduzione dell’IA ha già comportato la sostituzione del lavoro dell’uomo. Basti pensare a come la robotica sia stata impiegata in settori produttivi e nella logistica per svolgere compiti manuali e ripetitivi anche piuttosto complessi. Professioni che richiedono competenze non specialistiche, dai cassieri al personale dei caselli autostradali, stanno quasi scomparendo. Settori come la finanza e le assicurazioni stanno già utilizzando l’IA per automatizzare processi di analisi e decisionali, riducendo la necessità di impiegare gli analisti. Molti altri settori stanno già vedendo, e vedranno in futuro, ridimensionare il ruolo umano nello svolgimento di alcune funzioni, non soltanto elementari ma con livelli di complessità crescenti.
L’allarme di Confartigianato
Secondo Confartigianato, nel nostro Paese la diffusione dell’IA metterebbe a rischio 8,4 milioni di lavoratori. L’organizzazione degli artigiani, analizzando “il grado di esposizione all’IA del nostro mercato del lavoro, ha inoltre stimato che “il 36,2% del totale degli occupati subirà l’impatto delle profonde trasformazioni tecnologiche e dei processi di automazione”.
Intelligenza Artificiale, le aree più a rischio in Italia
La maggiore percentuale “di personale in bilico” si registra, secondo l’analisi di Confartigianato, “nel centro-nord, con in testa la Lombardia (35,2% degli occupati assunti nel 2022 più esposti a impatto IA), seguita dal Lazio (32%), Piemonte e Valle d’Aosta (27%), Campania (25,3%), Emilia Romagna (23,8%), Liguria (23,5%). In Europa “stanno peggio di noi Germania e Francia” e spicca il 59,4% del Lussemburgo.
“Intelligenza artificiale è un mezzo, non il fine”
“L’intelligenza artificiale – sottolinea il presidente di Confartigianato Marco Granelli – è un mezzo, non è il fine. Non va temuta, ma governata dall’intelligenza artigiana per farne uno strumento capace di esaltare la creatività e le competenze, inimitabili, dei nostri imprenditori. Non c’è robot o algoritmo che possano copiare il sapere artigiano e simulare l’anima dei prodotti e dei servizi belli e ben fatti che rendono unico nel mondo il made in Italy”. Se si guarda non ai rischi ma all’IA come opportunità per le imprese, l’Italia non è indietro: “Il 6,9% delle nostre piccole aziende utilizza robot, superando il 4,6% della media europea. Il 5,3% delle pmi usa sistemi di intelligenza artificiale e il 13% prevede di effettuare nel prossimo futuro investimenti nell’applicazione dell’IA”.
Opportunità legate all’Intelligenza Artificiale
L’IA, come storicamente è accaduto per tutte le innovazioni tecnologiche, dovrà essere gestita perché rappresenti un’opportunità per imprese e lavoratori. Come uno strumento per migliorare la produttività dei dipendenti, semplificando compiti complessi e riducono gli errori. Inoltre permettendo l’automatizzazione di compiti standardizzati, l’IA dovrebbe poter consentire a chi lavora di concentrarsi su attività più creative e strategiche.